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Saiyuki Zeroin: la recensione

Saiyuki Zeroin

Indice contenuti

UN ATTO D’AMORE

Se questa recensione di Saiyuki Zeroin, andato in onda la scorsa primavera, ci ha messo tanto ad arrivare, non è solo perché ho dovuto dare la priorità a titoli più acclamati.

È che non volevo scriverla, perché temo che questo possa significare l’addio alla saga nipponica che amo più di ogni altra. Infatti, col trascorrere del tempo, appare sempre più improbabile che Minekura, date le sue drammatiche condizioni di salute, possa tornare a disegnare.

Saiyuki Sketch
I problemi di salute di Minekura Kazuya non le permisero
di completare alcune tavole del manga.
Tuttavia, una buona occasione per ammirare
l’incredibile talento della mangaka.

Quanto alla versione animata, è difficile che si vogliano sprecare tempo, denaro, risorse per rinverdire un franchise ormai ultraventicinquennale, la cui fan-base (me compreso) è ferventemente devota ma oggettivamente ristretta.

Lo affermo e lo ammetto, nonostante la mancanza di nuovo materiale da adattare non sia mai stata un vero ostacolo insormontabile in passato; per esempio, allorché, avendo ormai l’anime superato il manga, si creò ex novo tutto l’arco di Homura per completare la primissima stagione, il cosiddetto Gensomaden. E anche quando, per avere il Gunlock, si diede all’arco di Hazel un finale appositamente concepito, il quale venne in seguito contraddetto dalla sensei nella controparte cartacea.

In effetti, Zeroin, di cui parliamo in questa sede, non porta avanti la trama, ma costituisce un (parziale) remake appunto del Gunlock, con l’intento di riuscire più fedele al manga e quindi attenersi alle scelte dell’autrice.

Non so voi, ma io trovo tutta questa operazione di Zeroin a dir poco commovente. Mi sembra che un tale dispendio di energie per un prodotto così poco remunerativo possa essere non altro che un atto d’amore nei confronti della sensei Minekura.

Tuttavia, come vedremo, non mancano i motivi di interesse. Zeroin non si limita a ripristinare il finale voluto dall’autrice (che non è in realtà un vero ripristino, poiché il finale del manga, come ho già detto, arrivò dopo la produzione dell’anime), ma compie delle scelte estetiche nuove e diametralmente opposte a quelle della serie anime precedente, il Blast.

Prima di addentrarmi in entrambe le questioni (il finale e l’estetica), rimando chi ne avesse bisogno agli articoli che ho precedentemente dedicato alla saga di Saiyuki: la guida cronologica per orientarsi sia nel manga che nell’anime (con la giusta collocazione di Zeroin); e il raffronto tra Saiyuki, Starzinger, Dragon Ball e varie altre opere che trovano la loro origine comune nel Viaggio in Occidente, antico romanzo cinese del XVI secolo.

Chi si stesse chiedendo se ha senso cominciare ad avvicinarsi a Saiyuki partendo da Zeroin, può dedurlo da tali rimandi: la risposta è no; perché Zeroin è un ottimo prodotto ma assolutamente incomprensibile per chi non abbia già familiarità con le parti precedenti della saga.

Saiyuki Zeroin

L’INCIPIT

Zeroin inizia col gruppo di Sanzō che, tanto per cambiare, viene aggredito. Ma stavolta i quattro faticano a spuntarla, poiché si rendono conto che non hanno davanti i soliti demoni, bensì degli esseri umani come ipnotizzati.

In un villaggio dove subito dopo fanno tappa, incontrano Hazel, giovane sacerdote nord-americano, e il suo fedele Gato, un colossale guerriero nativo. Durante il successivo, immancabile, attacco di demoni, i due si rivelano potentissimi.

Hazel ha modi presuntuosi ma gentili, e il forzuto Gato affascina Goku non poco, per cui i due gruppi intrattengono rapporti cordiali. Ma, ben presto, cominciano a sorgere i problemi…

Saiyuki Zeroin

GLI SVILUPPI

(Questo paragrafo contiene spoiler sugli episodi centrali della serie.)

Il segreto della forza di Hazel e Gato sta nel fatto che il giovane sacerdote ha il potere di trasferire le anime dei demoni appena sconfitti nei corpi delle persone da loro uccise, in modo da resuscitarle. Lo stesso Gato è un “morto vivente” così ottenuto, e dunque virtualmente invincibile (cioè, almeno finché Hazel avrà una “riserva” di anime per rigenerarlo).

Ma non è facile come sembra. Le persone resuscitate provano un odio irrefrenabile verso i demoni. Tanto che il buon Goku è costretto a ucciderne una da cui è stato aggredito, la qual cosa lo getta nella disperazione.

Hazel, invece, si rivela mostruosamente cinico. Anche lui detesta i demoni con tutte le proprie forze (uno di essi, infatti, ha assassinato monsignor Filbert, il vescovo esorcista che lo aveva allevato) e ambisce al loro sterminio. Nel perseguimento dei suoi propositi di vendetta, non arretra di fronte a niente. Non esita nemmeno di fronte all’idea di sacrificare ostaggi umani, pur di abbattere i demoni che li hanno catturati.

Il sacerdote arriva a porre il gruppo di Sanzō di fronte a un tremendo dilemma etico: non è forse cosa buona e giusta uccidere un demone, anche se si tratta di un bambino innocente, per ottenerne l’anima e con essa salvare un essere umano? (Per la cronaca, la questione viene risolta da Sanzō, nel suo tipico modo, apparentemente sprezzante ma in realtà umanissimo, e quindi autenticamente zen.)

Tutte queste manovre, quasi delle torture psicologiche, fanno capire che Hazel sta giocando con Sanzō come il gatto col topo. Hazel mira ad avere dalla propria parte il monaco (cui si sente accomunato poiché entrambi sono sacerdoti e entrambi i loro maestri sono stati assassinati dai demoni). Sanzō va però separato dai suoi seguaci, che Hazel sa benissimo essere tutt’altro che umani e che di conseguenza avversa.

Ogni membro del gruppo di Sanzō, come sappiamo, si porta dentro luttuose ferite, per cui l’idea di poter resuscitare i morti, seppur blasfema, esercita una certa fascinazione su tutti loro. Travolti da un senso di inadeguatezza e di impotenza, e reagendo ognuno diversamente alla presenza di Hazel, i quattro vengono ai ferri corti. E, siccome non brillano per capacità comunicative, il gruppo si sfalda.

Abbandonati dal loro leader, Goku, Hakkai e Gojyo fingono (anche con sé stessi) di vivere il tutto come una liberazione e di essere felici di potersi finalmente godere la vita. Come ovvio, alla fine, cambieranno idea e si metteranno in cerca del burbero monaco; ma, prima, si trattengono per qualche tempo in un villaggio abitato da demoni, dove sperimentano un’esistenza pacifica e dove Goku conosce l’amore. Chi ha già letto il manga sa che questo segmento è particolarmente commovente.

IL VECCHIO FINALE DEL GUNLOCK

(Questo paragrafo contiene spoiler sugli episodi finali della serie.)

Come avevo già anticipato (e come, per la verità, si era intuito già prima della sua uscita) Zeroin dà all’arco narrativo di Hazel il finale concepito da Minekura per il manga, cosa che non si era potuta fare all’epoca del Gunlock (di cui Zeroin è un parziale remake) perché tale finale non era stato ancora pubblicato.

Nel Gunlock, durante lo scontro finale (cui prende parte anche il gruppo di Kōgaiji; mentre Ukoku, nei panni del dottor Ni, osserva di nascosto), Goku e compagni sopraffanno Gato. Hazel ha terminato la “riserva” di anime e non è più in grado di guarirlo. Sentendo prossima la fine, il nativo gli rivela la tremenda verità: Hazel, senza saperlo, è posseduto da un potente demone.

I defunti genitori di Hazel erano stati dei cacciatori di mostri e un demone li aveva uccisi. Il piccolo Hazel, rimasto orfano, era stato allevato da Filbert. Ma il demone si era messo sulle sue tracce e alla fine lo aveva posseduto, facendo sì che egli stesso uccidesse il vescovo e diventasse in seguito un sanguinario assassino.

Gato era stato inviato dallo “Spirito” a uccidere Hazel, ma poi il guerriero aveva provato compassione per il giovane e aveva implorato lo Spirito di resuscitarlo. Per questo Gato aveva ceduto la propria anima a Hazel. Inoltre lo Spirito aveva sigillato il demone e rimosso i relativi ricordi dalla memoria di Hazel. Per effetto di tale evento, Hazel aveva anche acquisito il potere di compiere la trasmigrazione delle anime e resuscitare i defunti.

Alle parole di Gato morente, lo Spirito si è manifestato sotto forma di un globo luminoso e ha confermato tutto il racconto. Terminato quest’ultimo, Gato si sgretola e lo Spirito svanisce. Hazel è disperato per la perdita del devoto amico, sconvolto dalla rivelazione della propria natura diabolica e devastato dai sensi di colpa per le proprie azioni (non ultima l’uccisione del venerato maestro). Il demone ne approfitta e prende il sopravvento. Nel recuperare energie, ne prosciuga tutte le persone in precedenza resuscitate, causandone l’incenerimento. Con l’ultimo barlume di coscienza, Hazel implora Sanzō di sparargli. Sanzō esaudisce il suo desiderio e lo seppellisce accanto a Gato.

Saiyuki Zeroin

IL NUOVO FINALE DI ZEROIN

(Questo paragrafo contiene spoiler sugli episodi finali della serie.)

Invece, nel manga, e di conseguenza in Zeroin, non compare il gruppo di Kōgaiji e si ha un epico scontro a tre fra il gruppo di Sanzō, i due americani e Ukoku. Quest’ultimo, che nel Gunlock si limitava ad assistere agli eventi non visto e per di più sotto le mentite spoglie del dottor Ni, si rivela ora nella sua vera identità di “Sanzō eretico”. Come tale, detiene il Muten Sutra, che presiede alla Morte ed è in grado di annichilire lo spaziotempo e tutto ciò che vi è contenuto. Ne fa le spese Sanzō, che Ukoku sconvolge con rivelazioni relative ai genitori che non ha mai conosciuto, sprofondandolo in un abisso di angoscia da cui il monaco riesce a riemergere solo grazie al legame con Goku, provvidenzialmente giunto.

Ukoku rivela anche che Hazel è posseduto dal demone Varahal. Il demone aveva sconfitto monsignor Filbert, ma poi, indebolito dalla lotta, si era rifugiato nel figlio adottivo dell’esorcista e si era “addormentato”. Hazel aveva rimosso tutto ciò sopprimendone il ricordo e, successivamente, aveva scoperto di avere il potere della trasmigrazione delle anime, che gli derivava appunto dalla simbiosi con Varahal.

Anni dopo, Hazel era giunto presso una tribù di nativi che vivevano in armonia con tutte le forze della natura, comprese alcune creature che il giovane considerava pericolosi demoni e che voleva sterminare. Aveva così finito con l’uccidere anche Gato, accorso in loro aiuto. Era la prima volta che Hazel uccideva un essere umano e quindi aveva subito provveduto a resuscitare Gato. Ma questi era stato respinto dalla propria tribù, terrorizzata dallo “zombie”, e alla fine aveva deciso di seguire Hazel.

Nell’anime entrambe le sequenze vengono ampliate e arricchite rispetto al manga, ma la sostanza è la stessa.

Terminati i vari flashback, lo scontro riprende. Ukoku abbatte Gato, e Hazel, per procurarsi un’anima e resuscitarlo, attacca i “demoni” amici di Sanzō. Ma Gato lo ferma, stanco di quell’esistenza amara e desideroso ormai solo di morire. Disperato per la fine dell’amico, Hazel perde il controllo e Varahal ha il sopravvento. Si scaglia contro Ukoku e ne viene respinto, ma il diversivo basta per permettere a Sanzō di sparare a Ukoku, ferirlo e costringerlo a ritirarsi.

Nell’epilogo vediamo i nostri eroi che si rialzano e si rimettono in viaggio, nascondendo la loro sofferenza fisica e psichica nei consueti battibecchi. Ukoku, intanto, vaga per il bosco in preda a un riso isterico. Si rivolge mentalmente a Kōmyō, il defunto maestro di Sanzō, col quale anni addietro aveva fatto una scommessa (come si vede nel primo episodio), e gli comunica di essere ormai completamente immerso nell’oscurità. A quanto pare, non è una metafora: si copre gli occhi sanguinanti e sospettiamo che il colpo di Sanzō lo abbia accecato. Tempo dopo, Hazel si risveglia nell’abitazione di un brav’uomo che lo ha soccorso e curato. Non parla e pare che abbia perso la memoria. Tuttavia, stringe tra le mani la bandana di Gato e la guarda commosso. Torniamo al gruppo di Sanzō, di nuovo in strada e di nuovo alle prese con un’aggressione di demoni. Kanzeon Bosatsu, dal Regno Celeste, li osserva sorridendo. Le ultime vignette (ma solo nel manga) inquadrano nell’ordine Nataku, Kōgaiji e il PC del dottor Ni (alias Ukoku) sul quale è comparso un nuovo coniglietto di pezza.

I DUE FINALI A CONFRONTO

Come si vede, i due finali sono ugualmente poetici, ma quello del Gunlock, oltre a non essere stato pensato dall’autrice, presenta due inconvenienti non da poco.

Il primo è l’introduzione di una entità, lo “Spirito” (il “Dio” dei nativi americani?), la cui collocazione nella mitologia di Saiyuki è alquanto problematica. Inoltre, il suo agire appare piuttosto incomprensibile: non si capisce quali motivazioni lo spingano a intervenire prima e ad andarsene come niente fosse dopo. Per non parlare della meccanica delle sue prerogative. Se è tanto figo da resuscitare i morti e sigillare i demoni, perché ha avuto bisogno di inviare Gato contro Hazel? E non è un po’ troppo vago affermare che Hazel abbia acquisito i suoi poteri come “conseguenza” della resurrezione? Oso dire che si tratta di un escamotage di sceneggiatura sbrigativo e maldestro.

L’altro inconveniente riguarda Ukoku. In questo caso la sceneggiatura del Gunlock è stata più prudente e ha evitato di sbilanciarsi per non rischiare fratture di continuity irrimediabili. Questa è la prima volta che Sanzō si trova faccia a faccia col suo alter ego oscuro (per quanto i due si fossero già incontrati anni addietro e per quanto il nostro eroe sospettasse già di lui). La battaglia è agguerritissima e ricca di colpi di scena: Goku e compagni prendono atto della spaventosa invincibilità di Ukoku. Solo grazie al contributo di Hazel-Varahal riescono a passarla liscia, e solo grazie alla loro solita (adorabile) cialtroneria dopo trovano la forza di rimettersi in viaggio dimenticando la sconfitta. Perché di sconfitta si tratta, nonostante la ritirata del nemico.

Ukoku si rivela finalmente quale “cattivo finale”, colui che da sempre manovra dietro le quinte. Era lui a manovrare tutti gli avversari del gruppo di Sanzō: Gyokumen Kōshu, Kōgaiji, Kamisama e, in un certo senso, anche Hazel (che aveva incontrato e plagiato durante un viaggio in America). Solo Homura e Nataku, in quanto divinità, sono al di fuori della sua sfera di influenza. La figura del monaco eretico e nichilista, in questo finale, giganteggia.

Una curiosità a proposito della simbologia legata a Ukoku. Come sappiamo, Sanzō viene spesso paragonato al sole (un sole di cattivo umore, ma sempre un sole) e il suo maestro Kōmyō, più modestamente, alla luna. Ukoku è associato alla notte e all’oscurità, ma anche a due animali: il corvo e il coniglio. Svolazzare di corvi, a volte reali e a volte immaginari, accompagna sempre le apparizioni di Ukoku (lo stesso nome, tradotto, vuol dire appunto “corvo”), mentre, quando si presenta come dottor Ni, il bonzo eretico non si separa mai da un coniglietto di peluche, nel quale tiene nascosto il sutra, che risulta odiosissimo ai suoi interlocutori. Ebbene, nel folclore giapponese si dice che le macchie solari ricordano un corvo e quelle lunari (come ben sa ogni fan di Sailor Moon) un coniglio.

FILLER ED EXTRA

Ora che ci siamo tolti di torno il pezzo grosso, parliamo dei contenuti collaterali.

I tredici episodi di Zeroin coprono tutta la storia di Hazel e solo questa, senza alcun filler e senza nemmeno i precedenti mini-archi narrativi. Evidentemente la produzione ha ritenuto che, quanto a quelli, ciò che era stato fatto nel Gunlock (che contava il doppio degli episodi) non andava rifatto. Morale: Zeroin è sì un remake del Gunlock, ma solo della sua seconda parte. Le due serie non sono completamente sovrapponibili.

In compenso, Zeroin ci offre delle divagazioni, alcune delle quali spassosissime. L’apertura del primo episodio, come già detto, rievoca la vecchia scommessa tra Ukoku e Kōmyō (originariamente narrata nel Burial). Il quinto episodio è completamente avulso dal resto della narrazione: comprende, nell’ordine, il ritorno di Zakuro (che, alla prima apparizione, era stato un nemico tostissimo, ma poi è stato declassato a sfigato); una infornata di nuovi deliziosi Urasai (nei quali Hakkai ci insegna la buona educazione al cinema: per esempio, non introdurre draghi in sala e non sparare al pubblico); e infine Il caso dei delitti al castello dell’esagono (un fittizio e quanto mai assurdo film, parodia di un classico del poliziesco giapponese, in cui recitano i personaggi di Saiyuki, mutuato dal manga e ampliato). Nel settimo episodio assistiamo, durante un flashback, all’incontro fra Sanzō e il capobonzo Jikaku, che gli insegna a fumare (anche questo frammento deriva dal Burial, ed era già stato trasposto in anime).

Nel caso vi risulti difficile orientarvi in tutto ciò, vi rimando ancora alla mia guida a Saiyuki precedentemente pubblicata.

Saiyuki Zeroin Urasai
URASAI!

LA COMICITÀ

L’ho già detto che il segmento in cui Goku scopre l’amore è uno dei più strazianti dell’intera saga? Sì, l’ho già detto. Allora aggiungo che, fin dalla prima volta che ho letto il Reload, la battuta “È caduto Gojyo” mi ha sempre fatto sbellicare dalle risate. Sono una mente semplice, lo so.

Insomma, oltre che con l’azione e la commozione, Zeroin ci va giù alla grande pure con la comicità. Non teme di mostrarla per quello che è: siparietti buffi, effettacci sonori, voci contraffatte, personaggi deformati, braccine e gambette esagitati, goccioline e gocciolone di sudore, sguardi esasperati e fondali astratti con apparizioni spiraliformi e passaggio di volatili. Non manca niente.

Tra le gag un po’ più sofisticate, invece, meritano una menzione gli equivoci in cui cade Goku non riuscendo a capire il linguaggio forbito di Hazel, la sua richiesta di “resuscitare un pollo arrosto per mangiarlo di nuovo” e  i momenti in cui la nomea del sacerdote diventa tale che i quattro protagonisti vengono indicati non più come “il gruppo di Sanzō” bensì come “il gruppo di Hazel”.

I tempi comici sono sempre molto azzeccati. E, in ogni caso, bisogna ricordare che tutto ciò non è solo una frivola sdrammatizzazione umoristica come non manca mai in manga & anime, ma parte integrante della narrazione: consideriamo che Sanzō e compagni sono degli tsundere che preferirebbero morire mordendosi la lingua piuttosto che mostrare i propri sentimenti e le proprie debolezze; perciò, per loro, lo sbeffeggiamento e la litigiosità sono vitali.

L’ATMOSFERA WESTERN

L’irruzione nel mondo di Saiyuki di due nord-americani, l’uno vescovo cristiano e l’altro pistolero nativo, potrebbe a tutta prima sembrare fuori luogo e infastidire, ma la verità è che ciò costituisce una sorta di ritorno alle origini.

Saiyuki, come già spiegato nel mio articolo in merito, è il “viaggio a ovest” (inteso come dalla Cina all’India). L’idea di partenza della sensei Minekura per la creazione della sua opera era appunto quella di rendere questo “ovest” un po’ “west”.

In fondo, le somiglianze non mancano: la terra selvaggia dagli orizzonti sconfinati, i piccoli villaggi isolati ai margini della civiltà, i temerari avventurieri dal passato misterioso e dal grilletto facile…

Ecco perché, superato il primo impatto, bisogna ammettere che il torbido Hazel e il fido Gato, in Saiyuki ci stanno benissimo. Lo dice lo stesso Gato nel finale del Gunlock: “questa terra mi ricorda la mia terra”. Per forza: è ispirata a quella!

D’altra parte, il western, pur essendo un genere rigorosamente circoscritto, ha fortemente influenzato anche narrazioni apparentemente molto distanti e viceversa. Basti pensare a Star Wars e a I sette samurai; nonché, per rimanere nell’ambito di manga & anime, a Cowboy Bebop.

ICONOGRAFIA E ANIMAZIONE

Fare un (parziale) remake del Gunlock era auspicabile non solo a causa del finale posticcio e problematico, ma anche perché il Gunlock, in molti momenti, era francamente imbarazzante a livello grafico. Zeroin, invece, è un ottimo prodotto.

Saiyuki Gunlock
Ehm…

L’unica piccola pecca che potrei segnalare sta nei combattimenti, che troppo spesso procedono per ellissi e carellate invece che essere coreografati e montati in dettaglio. Ma restano comunque molto dinamici e, siccome la serie su tutti gli altri fronti è animata con grande cura (con un alto numero di intercalazioni, e con tanto di inquadrature di scorcio e movimenti di macchina in punti in cui non erano strettamente necessari, e dunque fatti per il gusto di farli), la mia impressione è che questo sia frutto di una precisa scelta piuttosto che di incapacità.

D’altra parte, è evidente che, alla realizzazione di Zeroin, presiedono scelte estetiche consapevoli e precise. Per rendercene conto, è sufficiente confrontarlo non tanto con l’infame Gunlock, ma col Blast, ovverosia l’anime di Saiyuki immediatamente precedente (il Gunlock è del 2004, il Blast del 2017, Zeroin del 2022).

Laddove il Blast presentava colori pastellati, contorni sfumati, figure evanescenti, sensazioni materiche e leonardesche prospettive atmosferiche, Zeroin offre invece personaggi pesantemente contornati e dal chiaroscuro limitato a non più di tre colori (sempre vivaci, saturi, lucidi), che si stagliano sui fondali con una impressione di bidimensionalità e di artificialità.

Saiyuki Sanzo Blast Zeroin
La stessa inquadratura (in situazioni diverse, naturalmente) nel Blast e in Zeroin.

Personalmente non gradisco molto questo stile, ma sono in grado di distinguere le mie preferenze soggettive dal giudizio di qualità, e non posso non riconoscere che il risultato, in Zeroin, è davvero efficace. Si tratta di una strada antinaturalistica sempre più battuta dall’animazione giapponese, che in casi come quello dell’Attacco dei giganti conduce ad esiti a dir poco eccelsi.

Qualche ulteriore appunto a livello iconografico.

Le fisionomie dei personaggi sono meno appuntite e le loro articolazioni meno nodose che in passato, ma comunque fedeli al peculiare stile anatomico di Minekura. Le sopracciglia di Hazel si curvano spesso all’ingiù verso i lati, dandogli un’espressione più docile e temperando l’antipatia che, innegabilmente, viene sprigionata dal personaggio almeno nella parte iniziale della vicenda.

Parliamo del simbolo sul medaglione del giovane sacerdote. Nel manga era una stella a sei punte ottenuta dalla sovrapposizione di due triangoli rovesciati. Nel Gunlock, ricorderete, era stato sostituito da uno consistente in quattro gigli araldici molto stilizzati disposti a croce. Suppongo che la modifica fosse stata introdotta perché la stella a sei punte, per quanto sia un simbolo geometrico piuttosto elementare, diffuso in tutta l’Asia e ampiamente utilizzato nell’occultismo (quindi adatto a un esorcista), è anche indissolubilmente collegato all’ebraismo (dove è conosciuta come “stella di David” o “sigillo di Salomone”) e si è preferito evitarlo per rispetto. Un simile problema si è presentato di recente a proposito della svastica di Tokyo Revengers, diligentemente espunta dalla versione animata perché in Occidente richiama inevitabilmente le atrocità naziste. Zeroin presenta una soluzione di compromesso: si torna alla stella, ma a cinque punte. Si tratta di un “pentacolo”, privo di connotazioni religiose e anzi ancora più indicato in ambito esoterico.

Saiyuki Hazel Medaglione
Il medaglione di Hazel come appare nel manga, nel Gunlock e in Zeroin.

Si possono ridiscutere le questioni religiose o storiche, ma giammai quelle commerciali: l’intestazione “Marlboro” sui pacchetti di sigarette è prudentemente trasformata in una non compromettente (per quanto comunque riconoscibilissima) “MarlboNo”.

La CG è adeguatamente utilizzata per le fiamme, le acque e le luci. Tra queste ultime rientrano le esplosioni, eventuali bagliori negli occhi dei personaggi e anche le apparizioni del bastone di Goku e della falce di Gojyo, che mai prima d’ora avevamo visto materializzarsi alla bisogna fra le mani dei loro proprietari, come dovrebbe essere. Sono piccole soddisfazioni.

Agli schizzi di sangue, invece, viene data meno enfasi rispetto al Blast, che in certi momenti sembrava una macelleria ai limiti del divieto ai minori. Non che Zeroin sia meno esplicito: le carneficine non mancano mai in Saiyuki.

Saiyuki Blast
Altri fotogrammi del Blast.

LE VOCI E LE MUSICHE

Niente di particolare da segnalare sul fronte sonoro. Bello poter risentire ancora le voci storiche (ci sono quasi tutte). Discrete ma efficaci le musiche, anche se manca una caratterizzazione di Hazel: l’organo impiegato nel Gunlock sarà anche stato banale e impiegato in maniera rudimentale, ma faceva la sua parte egregiamente. Purtroppo non sufficientemente cariche e comunque non indimenticabili le sigle. Anche in questo il Gunlok era meglio, bisogna riconoscerlo.

UNA RIFLESSIONE SULL’ANOMALIA

L’ho detto all’inizio: questa è probabilmente l’ultima volta che discutiamo di un nuovo elemento nell’universo di Saiyuki. Vale quindi la pena di approfittarne per affrontare una questione piuttosto sgradevole, e cioè quella del funzionamento della nefanda “anomalia”.

L’arco di Hazel è molto emozionante, ma, con la storia della trasmigrazione delle anime e della possibilità di una resurrezione (per quanto imperfetta), ci pone ancora una volta di fronte all’elefante nella stanza: che profilo morale hanno i demoni in Saiyuki?

Si ripete più volte che i demoni non sono intrinsecamente malvagi e che, fino all’inizio dei tentativi di resurrezione di Gyumaō, convivevano pacificamente con gli esseri umani. Se i demoni hanno perso il senno e sono diventati aggressivi è stato solo per effetto di una onda anomala di energia mistica proveniente appunto dal castello di Gyumaō.

Eppure, solo in alcuni casi vediamo i demoni impazzire e suscitare pietà nel gruppo di Sanzō, mentre per lo più ci troviamo davanti a creature violente ma lucide, spesso inviate da Kōgaiji, che i nostri eroi sterminano senza alcuno scrupolo.

Da cosa deriva tale disparità di trattamento? Una risposta potrebbe essere che i sicari di Kōgaiji fossero già malvagi prima dell’anomalia, ma la saga è strapiena di situazioni in cui il confine tra le due condizioni è tutt’atro che netto.

Inoltre, se, come viene detto tante volte, con la distruzione di Gyumaō e il termine degli esperimenti per resuscitarlo, i demoni torneranno in sé, perché uccidere, per quanto pietosamente, coloro che hanno perso il senno piuttosto che imprigionarli per renderli inoffensivi nell’attesa della redenzione?

Non ho mai trovato alcuna soluzione a questo enigma, che, diciamoci la verità, potrebbe anche essere frutto di un “buco di sceneggiatura” creato, chissà quanto inconsapevolmente, dall’autrice. Ciò nulla toglierebbe alla grandezza di questa saga (e all’amore che provo nei suoi confronti), ma restano la perplessità e la curiosità. Le quali, dato lo stallo produttivo, per di più rischiano di rimanere per sempre insoddisfatte.

In ogni caso… verso ovest!

Saiyuki Visual

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