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The Laughing Salesman: Analisi e recensione

The Laughing Salesman

Indice contenuti

L’articolo qua sotto contiene spoiler leggeri su alcune storie contenute nella serie New Laughing Salesman.

Introduzione

Per puro caso, qualche mese fa, mi sono imbattuto una serie animata che mai avrei pensato di vedere su Crunchyroll: New Laughing Salesman. La celebre piattaforma me lo consigliava poiché, secondo il suo algoritmo, simile alla (sfortunatissima) Junji Ito Collection.

La serie non sembrava particolarmente amata, le recensioni scarseggiavano (tutt’ora la serie non ha nemmeno una pagina Wikipedia in italiano) e io non sapevo pressoché nulla. Fino a quando, purtroppo, scompare Motoo Abiko, il celebre membro del duo Fujiko Fujio, uno degli autori più importanti nella storia del fumetto giapponese.

Ed è qui che scopro la vera natura di New Laughing Salesman: è semplicemente il remake di una delle opere più fortunate del mangaka appena scomparso. Serie che, tuttavia, al di fuori del Giappone, ha riscosso decisamente meno successo degli altri capolavori del duo, come Doraemon o Carletto il Principe dei mostri.

Decido quindi di recuperare la serie e realizzo immediatamente una cosa: il genio di Fujiko Fujio ha ancora tantissimo da raccontare. Non posso che dedicargli questo articolo

The Laughing Salesman
I personaggi più celebri disegnati da Motoo Abiko, in un’immagine celebrativa. Tra questi figura proprio Fukuzou, l’oscuro commerciante di cui ci apprestiamo a parlare.

In principio era Doraemon

L’opera più celebre dei Fujiko Fujio è indiscutibilmente Doraemon (realizzata per lo più da Hiroshi Fujimoto, detto Fujiko F. Fujio). Il celebre gatto spaziale è ormai conosciutissimo in ogni angolo di mondo, un franchise immenso, che ha stregato persone di luoghi e di generazioni molto diversi fra loro.

Le ragioni del successo di Doraemon sono, onestamente, molto semplici. A prescindere dall’epoca e dal luogo geografico, ogni bambino sogna di avere con sé un misterioso essere del futuro in grado di migliorare drasticamente la sua quotidianità, sfoderando un semplice oggetto dal marsupio.

Un sogno che si rivela essere sempre una fiaba morale e mai una serie di inquietanti capricci realizzati. I chiusky di Doraemon non risolvono mai la situazione, spesso la complicano, ma quasi sempre accelerano e accompagnano il processo di crescita del piccolo (fastidiosissimo) Nobita.

Uno dei punti più alti mai raggiunti nella storia della canzone pop italiana. E non sono ironico.

Come ogni fiaba morale che si rispetti, anche Doraemon ha il suo gusto agrodolce: l’opera di Fujio ci ricorda che per Nobita (parliamo di un bambino nemmeno tanto benestante, con genitori a tratti troppo severi) non ci sono scorciatoie, le cose si ottengono a suon di sudore, fatica e a volte anche botte. È la condanna nemmeno troppo velata che il capitalismo ha inscritto nel nostro codice genetico.

L’ombra inquietante del gatto blu

Questa ombra inquietante (che tra l’altro ha alimentato una famosissima fake news sul suo finale) ha raggiunto svariati autori, tra cui Inio Asano. L’autore di Buonanotte Punpun ha saputo rielaborare l’eredità lasciata dal celebre gatto in numerose occasioni.

C’è una storia bellissima raccolta in Inio Asano Short Stories, intitolata D, che ci introduce nella vita di un Nobita totalmente disilluso, alla prese con la vita da giovane adulto. Doraemon ormai è roba da bambini, inutile cercare le soluzioni in assurdi oggetti iper-tecnologici. I sogni non sono fatti per gli adulti.

Doraemon
© Planet Manga. In questo breve racconto, l’assenza di Doraemon viene interpretata come la malinconica fine di un lungo processo: la crescita.

Per non parlare di Dead Dead Demon’s Dededededestruction. Nell’ultima impresa di Inio Asano infatti, vediamo spesso apparire un personaggio buffissimo: Isobeyan, citazione in tutto e per tutto di Doraemon. E non è una semplice citazione, è proprio uno strumento narrativo: la realtà vissuta dalle protagoniste di Dead Dead Demon’s, fatta spesso di compromessi, di oggetti alieni usati per uccidere piuttosto che per crescere, si scontra col mondo illusorio, caricaturale di Isobeyan, che poi è anche quello di Doraemon.

Doraemon
La storia di Isobeyan è quella che si direbbe una sorta di mise en abyme che, invece di riprodurre la trama in piccolo e di condensarne il significato, in qualche modo rende l’opera ancora più paradossale e ricca di sfumature.

Arriviamo al dunque

The Laughing Salesman nasce un anno prima di Doraemon e sembra, in qualche modo, conoscere già le ombre inquietanti che si estendono sotto la figura del simpatico gattone blu.

Ho scelto di iniziare da Doraemon perché, in qualche modo, è un punto di riferimento per tutti, un termine di paragone obbligatorio per ogni opera del duo. Mettere queste due opere in relazione è necessario per comprenderle al meglio.

L’opera di Fujiko Fujio A. (Motoo Abiko), tuttavia, è molto meno infantile, non nasconde nulla di sé. Le ombre di Doraemon sono qui materializzate in veri e propri mostri della modernità e della società di massa.

L’impressione che ho avuto io è che Fukuzou, il protagonista della serie di cui stiamo parlando, non è che la versione grottesca, quasi horror, di un Doraemon “adultizzato”. I sogni che popolano la serie animata non sono i candidi desideri di un bambino, ma i demoni inquietanti della società di massa, del capitalismo, nonché le perversioni del mondo adulto.

E con mostri/demoni non sto esagerando. Tra le storie più grottesche (forse anche pirandelliane) della serie, c’è quella intitolata Mostro in affitto. Il protagonista di questo racconto fatica a diventare attore per via della sua immensa stazza. Il nostro venditore gli propone un’ottima soluzione: una maschera da mostro per interpretare la parte dell’antagonista. Ma quando le cose sembrano andare per il meglio e l’attore cerca un ruolo diverso, più proficuo, Fukuzou svela il suo inganno: la maschera resterà per sempre incollata al volto del protagonista.

La narrazione

La storia del “mostro in affitto”, che ho decisamente semplificato qua sopra, è tra le migliori per comprendere il meccanismo narrativo di quasi tutti i racconti.

I personaggi principali hanno tendenzialmente un disagio. Qualcosa che sognano e non riescono proprio a raggiungere. Per farlo dovrebbero rinunciare alla loro famiglia, al loro lavoro, alla loro reputazione. Talvolta persino alla loro identità, come nel caso del suddetto episodio.

Ecco che si presenta loro Fukuzou, con il suo inquietante sorriso sardonico, pronto a risolvere il disagio con un qualche oggetto misterioso. Il commerciante non chiede soldi in cambio, ma di rispettare un patto, come ad esempio: usare l’oggetto per un periodo di tempo limitato o in uno specifico momento della giornata.

The Laughing Salesman
Moguro Fukuzou.

La reazione

Prendiamo il primo episodio. La seconda storia qui raccontata è quella di Takashima Mitsuko, un’impiegata vittima di mobbing che sfoga rabbia e frustrazione attraverso lo shopping compulsivo. La nostra protagonista, tuttavia, sa che i soldi non sono infiniti ed è spesso costretta a privarsi di questo “sfogo”.

Qui entra in gioco il malvagio mercante, che dona a Mitsuko una carta di credito infinita. Fukuzou le ricorda solo che, una volta effettuato l’acquisto, l’oggetto comprato tornerà nel negozio da dove proviene, ventiquattro ore dopo.

La reazione dei personaggi è spesso simile: c’è il terrore che si tratti di un inganno. In fondo al nostro cuore, tutti sappiamo qualcosa di tremendo, ovvero che niente si ottiene col niente. Eppure il dolore è sempre troppo grande, invece di affrontare le cose nel modo più sano e corretto, i protagonisti cascano completamente nell’inganno.

L’oggetto venduto da Fukuzou sembra curare tutti i mali, sanare tutte le ferite, avverare ogni desiderio, percorrendo spesso la strada più semplice. Allora perché non convivere per sempre con quell’oggetto? Perché non sfuggire al patto di Fukuzou? In fin dei conti, cosa potrebbe accadere?

Ecco, anche Mitsuko, al culmine della felicità grazie agli acquisti effettuati con la carta datale dal commerciante misterioso, vuole togliersi l’ultima piccola frustrazione, vuole aggirare il patto e acquistare qualcosa che non si può realmente restituire: un trattamento di bellezza.

Nel momento in cui il patto viene rotto, Fukuzou scaglia la sua maledizione sulla protagonista della storia. A Mitsuko verrà sottratta la carta di credito magica e, con una sorta di punizione per contrappasso, verrà sottratta anche tutta la sua bellezza.

The Laughing Salesman
Mitsuko in una scena dell’anime.

L’estetica

L’aspetto puramente audiovisivo è profondamente segnato dallo stile inconfondibile dei Fujiko Fujio. Il disegno quasi caricaturale dei personaggi (una caratteristica abbastanza tipica dei manga di quegli anni) contribuisce a renderne chiaro ed evidente il carattere.

Anzi, c’è da dire che i personaggi sono dei veri e propri caratteri, dei “tipi”, spesso pesantemente influenzati dagli stereotipi di genere, o simili. La “piattezza” del disegno coincide con la semplicità del carattere del personaggio.

Ma è chiaro che non si tratta di un difetto: l’assenza di ogni forma di psicologismo è, a mio avviso, un pregio. In primis perché i racconti perderebbero completamente quel tono favolistico che li rende così affascinanti. E poi, la contrapposizione tra semplicità visiva e profondità di contenuto riesce a rendere il messaggio che si vuole comunicare ancora più chiaro.

Una scena del primo episodio

Il cortocircuito tra immagine e contenuto rende l’opera ancora più grottesca, quasi inquietante, senza scadere nel pedante.

C’è da dire, però, che l’animazione non fa i salti mortali. Si tratta di una regia piuttosto lineare, a volte anche un po’ low budget, ma con qualche piccolo lampo di genio nelle inquadrature.

Il barman compare in ogni episodio, anche se, in realtà, non ha una funzione ben precisa.

Ad esempio, in ogni episodio, c’è sempre una scena in cui compare un barman, spesso ripreso in grandangolo. È il proprietario del bar dove Fukuzou incontra le sue “vittime”: non ha una funzione ben precisa, se non quella di ascoltare.

La sua presenza avvicina lo spettatore a ciò che sta accadendo; anche noi, d’altronde, siamo lì in silenzio ad ascoltare quello che sembra essere solo in apparenza un evento surreale.

Incubi d’oggi

Il primato dell’oggetto

Il grottesco non è dato solo dall’aspetto estetico, dalla contrapposizione tra forma e contenuto, ma anche dai temi trattati nella serie. The Laughing Salesman tocca situazioni molto vicine alla realtà quotidiana, agli incubi della realtà quotidiana: la pesantezza del lavoro d’ufficio, l’ossessione per la cura del corpo, l’arricchimento perseguito a qualunque costo.

Il commerciante misterioso non ha alcuna intenzione di curare quel vuoto lasciato da una società così inutilmente violenta e cinica. L’intenzione reale è quella di lucrare proprio a partire da quel vuoto, condurre alla disperazione chi vi è già. E lo fa in un modo piuttosto semplice: regalando un oggetto all’apparenza magico.

Quasi in antitesi all’oggetto magico nel mondo delle fiabe, le cose “regalate” da Fukuzou hanno le sembianze di un abisso dal quale non è possibile scappare: il desiderio di possedere finisce per annientare completamente l’identità dei personaggi, spesso ridotti a ridicoli esseri desideranti.

Ecco dunque il primo incubo: l’oggetto che, subdolamente, domina le nostre vite, attraverso semplicissime tecniche di marketing.

The Laughing Salesman
La prima storia del primo episodio è la più emblematica. L’oggetto magico, in questo caso, è un bar nel luogo dove lavora il protagonista.

Tutto ha un costo

Un affermazione assai ovvia, ma che qui assume un’ulteriore sfaccettatura. Come dicevo più sopra, The Laughing Salesman, un po’ come Doraemon, ci ricorda che, in questa società, le cose si ottengono solo con il sudore e talvolta con il sangue. Se non addirittura, nonostante tutte le tentazioni, attraverso numerose rinunce.

È proprio la rinuncia a dare un nuovo senso al costo della cosa. Costo e rinuncia sono due realtà strettamente legate nell’universo di Fujiko Fujio: l’uno alimenta l’altro. Il costo altissimo rende facile la rinuncia, ma il dolore della rinuncia rende il costo una necessità.

Questo è ciò che più inganna i nostri protagonisti: l’idea che il prezzo da pagare sia l’unica soluzione al problema. Che il dolore della rinuncia si possa affrontare solo ed esclusivamente con l’abbandono nell’abisso.

L’idea che tutto abbia un costo e che, grazie a questo, tutto sia acquistabile, è uno dei grandi inganni del nostro tempo. In realtà, moltissime cose non hanno prezzo e non dovrebbero averlo in alcun modo.

La seconda storia del quinto episodio ha un’interessante punto di vista in merito.

Un inedito sguardo su noi stessi

Il mio racconto preferito è indubbiamente il secondo del secondo episodio. Trovo che sia davvero speciale e che non voglio spoilerarlo. Se vogliamo, è anche quello più cinico e inquietante di tutta la raccolta.

Questo racconto mi ha fatto ragionare su una tematica piuttosto interessante: è vero che i protagonisti sono vittime di due inganni. Il primato dell’oggetto, che sembra risolvere tutti i mali, e l’inganno del prezzo, ovvero quel costo da pagare per sentirsi liberi.

C’è, secondo me, un terzo inganno messo in atto da Fukuzou: l’idea che il problema sia sempre al di fuori di noi. Sia chiaro, in alcuni casi lo è davvero, ma ci sono delle situazioni in cui dovremmo, prima di tutto, cambiare completamente il nostro orizzonte d’attesa. Prima di affrontare la società, con tutte le sue oscurità, dovremmo affrontare le nostre zone d’ombra.

Mi spiego meglio.

In questo racconto, il nostro protagonista odia profondamente il suo capo, che lo maltratta senza pietà. Lo sfrutta, senza se e senza ma. Fukuzou lo introduce in un’azienda fantastica: ogni giorno i ruoli e le gerarchie si modificano, in maniera tale che il compito di capo spetti sempre ad una persona diversa (una cosa che andrebbe tentata anche nella vita vera, comunque!).

Ora, i miei lettori avranno capito l’andazzo, come andrà a finire questa storia? Lascio a voi scoprirlo!

Un confronto con il passato

Ho recentemente scoperto che la serie originale è disponibile su YouTube e i vecchi episodi vengono caricati quasi quotidianamente. Mi è sorta quindi una domanda: la prospettiva di New Laughing Salesman è in qualche modo diversa, rispetto all’originale? Più cinica, più grottesca?

In realtà è una trasposizione piuttosto fedele dei corti originali. Un confronto interessante può essere fatto tra il primissimo episodio della serie originale e la prima storia del quarto episodio di New Laughing Salesman.

The Laughing Salesman

Si tratta della stessa identica storia, con un punto di vista solo leggermente diverso. La serie originale si concentra sull’aspetto tragicomico degli eventi. Contiene qualche gag ed è molto più incentrata sull’aspetto fisico-visivo.

La nuova serie, per quanto riprenda l’originale punto per punto, si concentra un po’ di più sulla natura quasi mefistofelica di Moguro Fukuzou. C’è più tensione nella sceneggiatura e sembra quasi che si voglia dare al commerciante un aspetto ancora più demoniaco (mi riferisco alla scena in cui, dopo che i protagonisti hanno rotto il “patto”, Fukuzou è solito lanciare una specie di maledizione).

Nella prima serie il suo atteggiamento è quasi distaccato e beffardo. Sempre inquietante, ma il modo in cui si prende gioco dei protagonisti è spesso puro divertimento. Nella serie disponibile su Crunchyroll, l’atteggiamento è quasi moralista, se non addirittura infernale. Un demone che attende le vittime della sua stessa tentazione, per poi punirle.

Per concludere: la mia opinione

Credo che gli autori avrebbero potuto realizzare qualcosa di più. Nonostante io trovi questa serie veramente molto interessante, manca un po’ di originalità. Il risultato finale rischia di essere a tutti gli effetti una semplice copia dell’originale, che, detto francamente, è imbattibile (ma anche pressoché irreperibile, visto che, su YouTube, non tutti gli episodi sono sottotitolati in inglese).

Comunque sia, New Laughing Salesman offre un’esperienza decisamente interessante, pur rimanendo fedele all’impianto originale (e con qualche nuova interpretazione, di cui ho parlato poco sopra). A volte non è la migliore delle animazioni possibili, ma non credo che questo influisca sull’ampio significato di tutte queste storie.

Paradossalmente, questa fedeltà all’originale rende l’opera fresca, soprattutto considerata la media di Crunchyroll. Tra le botte degli infiniti Demon Slayer, Jujutsu Kaisen e One Piece che popolano la piattaforma, può essere un’ottima occasione per riaccendere il cervello e cominciare a riflettere una volta per tutte sul mondo che ci circonda.

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