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Exception: alla ricerca dell’umanità

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NON SOLO UN BEL CONTENITORE

Si è parlato forse troppo poco di Exception, miniserie animata a carattere fantascientifico pubblicata su Netflix ormai da qualche mese. Questo nonostante la produzione presenti svariati motivi di interesse, in particolare il character design di Amano Yoshitaka e le musiche di Sakamoto Ryūichi. La semplice presenza di due grandissimi nomi come questi dovrebbe bastare a stimolare l’interesse di ogni otaku che si rispetti.

Ma design e musiche non sono tutto: una bella confezione non basta a salvare un prodotto non sorretto da una solida scrittura, non se nutre l’ambizione di andare oltre il puro intrattenimento. Basti pensare all’imbarazzante Avatar, a proposito del quale, pur essendo uno dei film più visti della storia del cinema, difficilmente si può negare che la vicenda sia poco più di un pretesto per fare sfoggio di effetti speciali. Per fortuna, non questo è il caso di Exception, che presenta una accurata sceneggiatura ed esplora importanti tematiche.

Anzi, l’attenzione alla “sostanza” è tale che la narrazione può risultare un po’ troppo cerebrale e rallentata, almeno per i gusti di un pubblico avido soprattutto di emozioni a buon mercato (non certo per quelli di chi scrive). È comunque una lentezza deliberata, che serve ad alimentare la riflessione e a ricreare le atmosfere di certa fantascienza classica. Ne vale decisamente la pena, tanto più che la serie si articola in soli otto episodi della durata di meno di mezz’ora l’uno (eccetto l’ultimo, che si aggira intorno ai quaranta minuti).

Il merito va alla mai troppo lodata Tatsunoko, produttrice dell’anime, allo sceneggiatore Otsuichi (Adachi Hirotaka) e al regista Sato Yuzo.

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LA MISSIONE

Exception inizia come una storia di fantascienza delle più tradizionali. Si svolge quasi completamente a bordo di una astronave, la cui missione consiste nel terraformare il lontano pianeta X-10, onde permetterne la colonizzazione da parte della razza umana.

Emerge dunque immediatamente la problematica ambientalista: l’umanità ha letteralmente consumato la Terra su cui è nata, che adesso non è più in grado di ospitarla e sostentarla. Il problema è risolvibile colonizzando altri pianeti, ma la cosa non è facile come sembra: tali pianeti bisogna prima trovarli, poi raggiungerli e infine terraformarli.

E cosa succede se il rendere abitabili questi pianeti comporta mutamenti tali da portare all’estinzione di una o più forme di vita native? Chi lo dice che la razza umana, già colpevole di aver divorato la Terra, sia più meritevole di sopravvivenza di una qualsiasi altra specie, anche meno evoluta? Il problema ecologico, dunque, è anche etico.

Viene in mente la saga di Dune, in cui [MINISPOILER] i Fremen coltivano il sogno di sconfiggere la spaventosa desertificazione del pianeta Arrakis, salvo poi rendersi conto che ciò conduce alla morte dei sacri Vermi delle Sabbie e alla perdita della cultura e delle tradizioni del loro fiero popolo.

IL GREMBO

Queste tematiche, tuttavia, vengono alla ribalta solo da un certo punto in poi del racconto, il quale prende invece l’avvio da un imprevisto che, almeno apparentemente, non ha alcunché a che fare con la missione. Tale imprevisto deriva dal malfunzionamento di una data apparecchiatura.

Si è detto che, dopo aver identificato i pianeti colonizzabili e prima di terraformarli, occorre raggiungerli. Il che non è poco, dato che si parla di distanze percorribili solo in tempi smisuratamente superiori alla durata di una vita umana. Come fare, allora?

La fantascienza ha risolto il problema prima di tutto immaginando delle tecnologie per i viaggi interstellari: basti pensare al ciclo della Fondazione, a Star Trek, a Guerre Stellari e a tutti i relativi “salti nell’iperspazio”, “propulsione a curvatura” e via accelerando, senza dimenticare lo spassoso “motore a improbabilità infinita” della Guida galattica per autostoppisti. Si è speculato poi su diverse altre strategie, come l’ibernazione dell’equipaggio umano (si pensi, in questo, a 2001: Odissea nello spazio) o l’invio di robot che preparino il terreno prima dell’arrivo dei terrestri.

In Exception, invece, si ricorre a un altro metodo. Mentre i terrestri sono in viaggio verso X-10, con modi e tempi confacenti, a terraformare il pianeta saranno alcuni loro “cloni”. In prossimità dell’arrivo a destinazione, sull’astronave esploratrice si attiva una sorta di avanzatissima stampante 3D, la quale genera i membri dell’equipaggio a partire da materiale genetico prelevato a suo tempo da persone rimaste indietro. Non a caso la “stampante” è denominata Grembo.

Le creature che ne risultano hanno una natura paradossale: conservano, oltre alle sembianze, anche la personalità e la memoria dei loro originali. In breve, ricordano cose come cibi che non hanno mai assaporato e panorami che non hanno mai ammirato, per non parlare dei sentimenti verso i loro cari che però non hanno mai incontrato davvero.

Si pone così tutta un’altra serie di interrogativi: questi sono esseri umani autentici o no? Il dubbio cova nella loro stessa mente, tanto che, tra il serio e il faceto, arrivano a chiedersi se ci siano davvero i loro originali, l’umanità, la Terra. Potrebbero infatti essersi estinti o non essere mai esistiti. I ricordi di un clone sono artificiali, e, in quanto tali, potrebbero anche essere menzogneri e progettati appositamente per un qualche ignoto fine…

L’inevitabile rimando, stavolta, è a un altro grande classico dell’animazione giapponese, Ghost in the Shell, di cui Exception sembra vagamente citare la sequenza iniziale, quella in cui viene mostrata l’inquietante genesi del cyborg Kusanagi Motoko.

L’esistenza di una tecnologia del genere, insomma, costringe a rivedere la tradizionale definizione di un essere vivente e della sua individualità: il Grembo potrebbe essere utilizzato per produrre umani in serie, per far rinascere i defunti, per garantire l’immortalità. Tutto ciò è esplicitamente vietato dalle regole, ma, inevitabilmente, finirà per accadere durante l’anime. Si tratta della “eccezione” cui fa riferimento il titolo, eccezione destinata a moltiplicarsi e ad assumere più di un significato.

L’ERRORE

I membri dell’equipaggio sono cinque: il leader ed esperto di sicurezza Mack, la dottoressa Nina, la biologa Patty,  l’informatico Oscar e l’ingegnere Lewis. Ecco l’imprevisto: mentre viene “stampato” quest’ultimo, una tempesta elettromagnetica proveniente da X-10 causa un malfunzionamento, a causa del quale viene generata una creatura mostruosa.

Accade allora che il democraticissimo sistema di gestione delle emergenze comincia a mostrare le prime incrinature. I membri dell’equipaggio non riescono a concordare sul da farsi. Infatti, se è vero che la creatura è pericolosa (consuma le riserve di cibo, danneggia la nave, aggredisce gli altri), è vero anche che si tratta, innegabilmente, di un essere vivente, il quale non ha alcuna colpa di essere nato “sbagliato”. Sulla base di quali prerogative gli scienziati dovrebbero arrogarsi il diritto di decidere della vita altrui, quando loro stessi non sono altro che copie artificiali? Qualcuno osa dire l’indicibile: il criterio sta nel fatto che il mostro è “inutile per la missione”.

La decisione diventa ancora più difficile quando si scopre che la creatura ha coscienza di sé, è in grado di comunicare e ricorda anche Kate, la donna (prematuramente defunta) amata dal suo originale Lewis. Insomma, non si tratta più di un “mostro”, ma di un essere umano a tutti gli effetti, ancorché deforme nel corpo e instabile nella psiche. “VOGLIO VIVERE” è il drammatico messaggio che lascia graffiato su una parete.

Ad ogni modo, sopprimere questo “errore di stampa” diventa impossibile pur volendolo, poiché il mostro riesce a fuggire e a nascondersi. Il pensiero corre di nuovo a 2001: Odissea nello spazio (in cui gli astronauti sono alla mercé del supercomputer HAL 9000), ma soprattutto ad Alien. E, proprio come nella fortunata saga cinematografica, i meandri dell’astronave cominciano a covare ignoti pericoli.

L’anime a questo punto si movimenta alquanto, fra colluttazioni e jump-scare, ma non senza che rimangano evidenti implicazioni potentissime e attualissime: la regolamentazione dell’interruzione di gravidanza, della gestazione per altri e del cosiddetto “fine vita”, così come la tutela delle persone con disabilità e di tutti quegli individui che la società ritiene “improduttivi”.

Non occorre proseguire, poiché la metafora viene del tutto esplicitata allorché Kate (che appare in una sorta di visione) accusa l’umanità di voler “giocare a fare Dio”. Si tratta di un mantra comune a moltissima fantascienza, eppure sempre significativo. La stessa Kate, d’altra parte, tra il Lewis stampato correttamente e quello difettoso, quale sceglierebbe di amare? Senz’altro il primo. Ma cosa distingue i due? Soltanto un corpo non conforme e una psiche neurodivergente. L’essenza è però la stessa, e non lo si può negare.

IL TRADIMENTO

Potrebbe sembrare questo il cuore della storia, ma non è così. Gradualmente, l’intreccio prende un’altra direzione ancora. Anzi, per meglio dire, torna all’inizio, cioè allo scopo della missione. L’equipaggio, che abbiamo già visto discordante in merito al problema del Lewis “sbagliato”, si divide ulteriormente e irrimediabilmente di fronte alla scoperta di altri fatti misteriosi che, a loro volta, rimandano a un complotto partito dalla Terra.

Non è possibile aggiungere altro senza incorrere in spoiler. Basti dire che, da qui in poi, l’avventura si tinge decisamente di giallo, ed è tutto un susseguirsi di indagini, doppi giochi, colpi di scena.

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LE ECCEZIONI [SPOILER]

ATTENZIONE. Se si vogliono evitare spoiler, saltare il presente paragrafo.

Più che discutere il finale, chi recensisce desidera qui appuntare le “eccezioni” presentate dall’anime. Esse non solo sono i cardini dell’intreccio, ma costituiscono anche delle brillanti invenzioni narrative, a dimostrare che l’idea di partenza è stata sapientemente sviscerata dalla sceneggiatura in tutte le sue implicazioni.

La replica di Nina. Il primo episodio inizia con la stampa di Nina, la quale in seguito viene brutalmente assassinata dal mostro. Ma, naturalmente, la si può stampare di nuovo. L’episodio termina, circolarmente, come era iniziato.

La correzione di Lewis. Anche Lewis viene ristampato, stavolta nella maniera “giusta”. Ne consegue che, a bordo, si trovano due Lewis, uno dei quali viene considerato “sbagliato” per ragioni non del tutto inattaccabili. Sorprendentemente, il membro dell’equipaggio più spietato in merito al da farsi col mostro è proprio il Lewis “giusto”: evidentemente prova avversione per un altro Sé così uguale e così diverso allo stesso tempo. Solo in un secondo tempo solidarizzerà con lui, in nome del comune amore verso la defunta Kate.

Il reset di Mack. Una volta appurato che, tra i membri dell’equipaggio c’è un traditore (più d’uno, forse), si giunge a un momento in cui Mack, per dimostrare la propria innocenza, propone agli altri di ristamparlo e di osservare il comportamento del suo nuovo Sé, il quale sarà ignaro di tutto. Ciò perché tale operazione consiste in una sorta di reset, dato che ogni nuova copia riparte dal backup effettuato sull’originale prima della partenza della nave. Le esperienze vissute sulla nave andranno dunque perse. Insomma, il nuovo Mack sarà un altro Mack (come è accaduto per le “ristampe” di Nina e di Lewis): quello attuale cesserà di esistere. Di fatto, il comandante sacrifica la propria vita per il bene comune.

Le Patty gemelle. La chiave del mistero sta nell’esistenza di un’altra Patty, stampata segretamente prima ancora di tutti gli altri, che ha potuto agire nell’ombra e sabotare la missione. Tra l’altro, è stata proprio lei a causare, involontariamente, il malfunzionamento nella stampa di Lewis. Il complotto è stato architettato da una organizzazione di ambientalisti, cui appartiene la Patty originale, che si oppone alla modifica degli ecosistemi di altri pianeti se avviene a spese di altre forme di vita. E sulla Terra si sa già da lungo tempo (anche se si cerca di tenerlo segreto) che su X-10 ci sono degli organismi viventi. “Non mi piacciono i giochi con vincitori e vinti, perché mi spiace per i vinti” dichiara la Patty “ufficiale” in tempi non sospetti. E, una volta smascherata, afferma: “Questa non è una colonizzazione, è un genocidio.” Si aggiunga che l’esistenza di due “gemelle” offre una soluzione fantascientifica all’annosa questione dell’alibi, croce e delizia di ogni poliziesco che si rispetti. Il rapporto tra le due è connotato eroticamente: ben lungi dall’essere fan service gratuito, la trovata si inoltra ancora di più nell’analisi del rapporto perturbante con un eventuale altro Sé, e dunque, ancora, nel problema della definizione dell’identità individuale.

La solitudine di Nina. Durante i drammatici eventi finali, tutti i membri dell’equipaggio perdono la vita, ognuno in modo diverso e ognuno con una diversa disposizione d’animo. Sopravvive solo Nina, la quale non può più stamparsi dei compagni poiché il Grembo si è danneggiato e la procedura sarebbe troppo rischiosa. Trascorrerà il resto della sua vita in una immensa solitudine. Dedicherà tutto il suo tempo alla terraformazione di X-10, scegliendo di procedere comunque con la missione ma limitandosi a una parte del pianeta, in modo da preservare le forme di vita autoctone, dall’aspetto di piccole nubi iridescenti. E coltivando la speranza che i coloni, al loro arrivo, sapranno fare altrettanto.

La resurrezione di Kate. Cento anni dopo, i terrestri trovano ad attenderli un autentico eden. Non vengono mostrati gli insediamenti, né gli organismi alieni, della cui sorte non si sa nulla. Sarà riuscita, la razza umana, a non compiere su X-10 gli stessi errori fatti sulla Terra? La risposta non viene fornita, però compaiono il Lewis originale e la sua Kate, nata a nuova vita, che possono finalmente ricongiungersi e incamminarsi nella natura incontaminata.

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GRAFICA E ANIMAZIONE

Amano Yoshitaka è semplicemente uno dei più grandi illustratori viventi.

A lui si devono, tra l’altro, l’immaginario visivo di molti storici prodotti della Tatsunoko (Gatchaman, Kyashan, Tekkaman, Hurricane Polymar, Yattaman), di Tenshi no tamago (gioiello semidimenticato di Oshii Mamoru), dei romanzi (poi animati) di Vampire Hunter D, della saga videoludica Final Fantasy e di Cacciatori di sogni (volume del mondo di Sandman, creato da Neil Gaiman e tornato alla ribalta grazie al recente adattamento live action di Netflix).

Lo stile di Amano è caratterizzato dall’eleganza dei personaggi, da un gusto di ispirazione Art Nouveau e da un generale senso di raffinatezza. Lo si ritrova in tutto il suo splendore nelle immagini di Exception.

I personaggi hanno figure longilinee e fisionomie affilate, con l’eccezione del corpulento Oscar e, come ovvio, della versione mostruosa di Lewis. Sono creature diafane dalla bellezza algida, che ben rendono l’idea di come potrebbero essere i terrestri del futuro, ancora umani ma non più del tutto.

Il loro look è decisamente ricercato, poiché include dettagli che sicuramente non hanno alcuna funzione se non quella decorativa. Hanno pettinature scolpite, ombretti variopinti sugli occhi, unghie pitturate (comprese quelle dei piedi, anche i maschi), calzature a punta e gioielleria assortita. Oscar ha sulla fronte un simbolo serpentiforme, che non viene spiegato ma che potrebbe essere l’equivalente di un tatuaggio. Nina indossa abiti drappeggiati asimmetricamente e trapuntati di paillettes. Il più appariscente è proprio l’austero Mack, il quale sfoggia orecchini e choker, e nel complesso ricorda molto un giovane David Bowie.

Non solo i personaggi, ma tutta l’iconografia dell’anime è studiata attentamente nei minimi particolari: anche un semplice coltello diventa un oggetto di design.

L’astronave ha qualcosa di organico e somiglia a un leggero pesce tropicale dotato di nervature e pinne (o ali) membranose, che nuoti in un incantato oceano siderale. Gli interni presentano una sobria funzionalità abbinata però a una tendenza estetizzante che si manifesta ad esempio in ampie vetrate, portali affusolati, balaustre liberty e scalinate doppie dove ne basterebbe una.

La tavolozza presenta una grande varietà di colori, quasi mai saturi e delicatamente sfumati. Colpisce soprattutto il ponte di comando, tutto smaltato in blu e oro, che ricorda la maschera funeraria di Tutankhamon e altre suggestioni egizie.

Ricorrono ossessivamente pulviscoli luminescenti, piume fluttuanti e battiti d’ali, soprattutto in abbinamento a immagini di farfalle, inserite ovunque. La farfalla che fuoriesce dal bozzolo è evidentemente il simbolo della vita: effimera ma splendida, e in continuo rigenerarsi. A questo concetto rimandano, oltre al bozzolo, anche l’uovo, il seme e il “fagiolo magico” (elementi della procedura di terraformazione), nonché il Grembo di cui sopra.

Tutta questa ricercatezza e queste simbologie non appesantiscono in alcun modo l’esperienza del pubblico, poiché sembrano scaturire spontaneamente e coerentemente dal worldbuilding e non si ha la sensazione che Exception voglia stupire a colpi di dettagli superflui privi di sostanza.

L’anime è interamente realizzato in CGI. Sono risaputi i limiti di prodotti del genere: rigidità nelle figure, movimenti poco fluidi e una sensazione generale di “freddezza”. Exception non fa eccezione (si perdoni il gioco di parole) e non è immune da tali difetti, ma nel suo caso ciò non sembra essere una controindicazione, poiché risulta congruente con le scelte stilistiche dell’insieme e trasmette l’impressione di fluttuare in un altrove evanescente e straniante.

SUONO E MUSICHE

Quello di Sakamoto Ryūichi è l’altro grande nome coinvolto nella produzione di Exception. Il famoso compositore ha firmato, tra l’altro, le meravigliose colonne sonore di film di Ōshima Nagisa (Furyo – Merry Christmas, Mr. Lawrence e Tabù – Gohatto), Bernardo Bertolucci (L’ultimo imperatore, Il tè nel deserto e Piccolo Buddha), Brian De Palma (Omicidio in diretta e Femme fatale), Pedro Almòdovar (Tacchi a spillo) e Alejandro Gonzàlez Iñàrritu (Revenant – Redivivo).

Potrebbe tuttavia provare delusione chi si aspetta, da Exception, un tema musicale memorabile come la celeberrima Forbidden colours di Furyo. La colonna sonora della serie si muove su tutt’altro binario, in quanto si tratta di una presenza discreta, ancorché continua e difficile da ignorare.

D’altra parte, la grande versatilità è uno dei tratti caratteristici di Sakamoto, che da sempre si trova a proprio agio, anche in modi pionieristici, tra la tradizione musicale del Giappone e asiatica in generale, il sinfonismo della musica colta europea, le avanguardie jazzistiche d’oltreatlantico e le più innovative sonorità elettroniche.

Per Exception Sakamoto ha concepito dei paesaggi sonori di grande bellezza, a partire dal tema conduttore (quello della sigla), il quale, nonostante la scarsa cantabilità, si fa gradualmente strada nell’animo di chi guarda. Episodio dopo episodio, si finisce per lasciarsi trascinare dai violini che, partendo dal registro acuto, si immergono lentamente negli accordi sottostanti. Una sequenza di struggenti ondate di suono.

Non mancano, laddove necessario, improvvise irruzioni di fiati e momenti di concitazione ritmica. Il commento sonoro integra destramente i rumori ambientali, come le vibrazioni dell’astronave e le sirene di allarme.

Il risultato è perfettamente coerente con le scelte iconografiche di Amano, e concorre come meglio non potrebbe alla creazione di quell’indefinibile altrove di cui sopra.

Una nota dolente, che aumenta la commozione dell’ascolto, è data dalla recente notizia del grave peggioramento delle condizioni di salute del grande maestro, da tempo malato.

DA VEDERE?

Atteso più per la confezione che per il contenuto, Exception si è rivelato una piacevole sorpresa, specie in un momento storico in cui il mercato di manga & anime va benissimo ma al prezzo di una diffusa mediocrità.

Questa serie dimostra anche che non occorre l’originalità a tutti i costi: grandi risultati si possono ottenere anche tramite la semplice variazione su temi già largamente sfruttati.

Da vedere assolutamente se si amano il potenziale speculativo e le atmosfere languide della fantascienza classica. Da evitare se invece si cercano emozioni violente e ritmi forsennati, e non si ha voglia di pensare.

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