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La Stirpe Della Sirena: tra Ambientalismo e Spiritualità

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24 Agosto del 2010: a soli 46 anni, a causa di un tumore diagnosticato nella sua fase terminale, ci lascia uno dei più grandi artisti che la terra dei ciliegi in fiore sia mai riuscita a donare al mondo intero; Kon Satoshi. Divenuto noto soprattutto per le produzioni d’animazione che hanno incantato, e in alcuni casi inquietato, tutto il mondo, Kon non fu solo un regista geniale, ma anche un egregio fumettista.

Ed è proprio su un suo fumetto che ci concentreremo. L’opera di cui sto parlando è La Stirpe Della Sirena. Edito nel 1990, questo gioiello della nona arte è la prima produzione serializzata che Kon Satoshi abbia mai affrontato. Il manga uscì sulla rivista “Young Magazine” (settimanale per giovani adulti pubblicato dalla Kodansha) dal marzo 1990 al giugno dello stesso anno.

Nonostante sia la prima serializzazione dell’autore, La Stirpe Della Sirena è un’opera particolarmente gradevole, ben scritta e ben disegnata, che, pur non potendo essere definita un capolavoro, riesce a farci rimanere incollati a una storia che, pagina dopo pagina, delinea una realtà che mai come prima ci riguarda.

La Stirpe Della Sirena è un fumetto che consiglio caldamente a tutti. Pur non annoverandosi tra le grandi creature del sensei, resta un’opera ben realizzata, che merita di diritto un posto nelle vostre librerie, in particolare se si apprezza il duro lavoro del maestro Kon e lo si vuole “conoscere” più in profondità.

Kon Satoshi

Per una qualche ragione si dà sempre per scontato che tutti conoscano i grandi artisti che hanno fatto la storia. In realtà così non è. Anzi, se si domanda a un individuo generico se conosce Kon Satoshi è possibile che egli risponda al nostro quesito con uno sguardo mortificato. Ma quindi, in breve, chi fu il compianto maestro?

Kon nasce il 12 Ottobre 1963 a Kushiro, nella fredda terra dell’Hokkaido. Ed è proprio a Kushiro che frequenterà una parte delle scuole elementari fino al trasferimento del padre a Sapporo, capoluogo della prefettura di Hokkaido, dove Kon terminerà l’arco di studi che va dalle elementari fino alle superiori.

Affascinato dall’arte, entrerà nel 1982 nella Musashino Art University di Tokyo, con il desiderio di divenire pittore. Solamente due anni più tardi, ancora studente, Kon vincerà il premio Tetsuya Chiba della Young Magazine (giornale che darà i natali anche a La Stirpe Della Sirena) grazie al suo fumetto Toriko. Un anno dopo, nel 1985, comincerà a collaborare, appunto, con il già citato settimanale.

Proprio grazie a questo suo lavoro entrerà in contatto con Otomo Katsuhiro, l’eminente fumettista che nello stesso momento stava pubblicando Akira per conto di “Young Magazine”. Qui Kon avrà dunque la possibilità di imparare, e nel 1990, tre anni dopo la conclusione del suo percorso universitario, inizierà la pubblicazione de La Stirpe Della Sirena.

Nello stesso anno Otomo Katsuhiro, colpito dall’opera di Kon, volle quest’ultimo come scrittore e disegnatore del manga World Apartment Horror. Quando poi, nel 1991, Otomo trasse un adattamento cinematografico dal manga, Kon ne fu lo sceneggiatore. Sempre nel 1991, Kon ottiene il posto di direttore artistico per il film Rujin Z, ancora regia di Otomo Katsuhiro; per il giovane Kon è la prima esperienza nel campo dell’animazione professionale.

Dal 1995 fino al 1996 (anno di chiusura della rivista stessa) rilascia il manga Opus sulla rivista “Comic Guide”. Verrà poi distribuito in versione tankōbon dalla Tokuma Shoten. Sempre nel 1996 inizia la collaborazione con Oshii Mamoru per il film Patlabor 2: The Movie e, sempre con il sensei, lavora al manga Seraphim 266613336Wings, rimasto incompiuto per divergenze di natura artistica.

Kon, successivamente, debutta alla regia con il quinto episodio del OAV de Le Bizzarre Avventure di JoJo. Ma è solo nel 1997 che dirige il suo primo lungometraggio: Perfect Blue (prodotto da “Madhouse”). L’opera, un capolavoro, viene fin da subito acclamata dalla critica: è l’inizio della magistrale carriera di Kon in quanto regista di film di animazione.

Da qui in poi, Kon continuerà a collaborare con la Madhouse, producendo altre eccellenze quali Millenium Actress, Tokyo Godfathers, la serie televisiva di 12 episodi Paranoia Agent e nel 2006 quello che molti considerano la massima creazione del maestro: Paprika (che inspirerà anche la regia di Inception).

Nel maggio del 2010 al sensei viene diagnosticato un cancro al pancreas nella sua fase terminale. Kon Satoshi preferì non rivelare la sua malattia al pubblico, morendo nell’Agosto dello stesso anno e lasciando incompiuto quello che avrebbe dovuto essere il suo quinto lungometraggio d’animazione: Dreaming Machine.

La sua morte sorprese e scosse gli ammiratori di tutto il mondo. Sul suo sito web venne rilasciato, postumo, l’ultimo messaggio da parte del maestro, intitolato Sayonara, nel quale viene raccontata l’intima esperienza con la malattia che lo porterà al decesso.

Kon Satoshi è stato un grandissimo artista, un pilastro dell’animazione mondiale la cui morte prematura ha lasciato un segno indelebile al mondo dell’arte. Ma ancor più della sua morte, è stata la sua vita ad aver marchiato, per sempre, il mondo tutto. I suoi grandi capolavori segnati dal suo straordinario, e spesso inquietante, modo di raccontare, sono delineati da un tratto preciso, capaci di narrarci perfettamente le trame, spesso critiche verso la società nipponica, riuscendo oggi, come prima, a farci riflettere in modo sublime, non di rado con angoscia, sulla nostra vita, sulla società e, infine, sul mondo intero.

“Pieno di gratitudine per tutto ciò che di buono c’è nel mondo, poso la mia penna. Con permesso. Kon Satoshi”

Ambiente e Sviluppo

Nel capitolo precedente ho parlato del geniale artista che ha creato questo fumetto. Direi che ora è tempo di parlare del fumetto in sé.

Protagonista del racconto è Yosuke, un ragazzo impegnato negli studi per l’esame d’ammissione di un’università di Tokyo. Yosuke abita a Tsunate, un piccolo paese che si affaccia sul mare e che proprio dal mare trae un’antica leggenda che lo caratterizza. Si narra infatti che, molto tempo fa, il mare di Tsunate fosse un luogo impraticabile a causa del suo “carattere iroso” e che, per tale ragione, l’attività di pesca fosse impossibile.

Ciò andò avanti finché un sacerdote shintoista strinse un patto con un umibito (una creatura del folklore locale simile alle nostre sirene). Secondo gli accordi, l’umibito avrebbe reso il mare calmo, navigabile e particolarmente pescoso, mentre il sacerdote impegnava sé stesso e i propri discendenti a prendersi cura dell’uovo deposto dalla creatura, fino al momento della schiusa, sessant’anni dopo. In quel momento l’umibito sarebbe riapparso per affidare agli uomini un altro uovo e rinnovare così il patto.

Il tempo per l’ultimo rinnovo è ormai agli sgoccioli, ma la situazione non potrebbe essere più complessa. L’attuale sacerdote in carica, infatti, è proprio il padre di Yosuke, uomo da sempre razionale, per nulla affine allo spiritualismo e che per tali ragioni non ha intenzione di rinnovare il patto con delle creature della cui esistenza nemmeno si ha prova. Il piano del padre è bensì quello di sfruttare l’uovo per rendere famosa Tsunate (e dunque attirare turisti) in modo da far progredire il paese dal punto di vista economico e sociale. Ciò, secondo il padre, renderebbe il paese un posto più civilizzato da cui i giovani non saranno più spinti a emigrare. Il modo per farlo è collaborare con Ozaki, industriale a capo del “Gruppo Ozaki”, che il padre di Yosuke sta aiutando a comprare terreni da adibire ad attività socialmente utili e/o proficue per il paese.

Dal lato opposto troviamo però il nonno. Da sempre spiritualista, egli rinnega la spettacolarizzazione dell’uovo sacro degli umibito in nome di un capitalismo becero, e si contrappone allo sviluppo del paese che sfavorisce la natura, uccide le sue micro-attività e non permette il rinnovo del patto con gli umibito.

In mezzo a questi due cicloni troviamo Yosuke. Il giovane, traumatizzato da un evento passato, ha dentro di sé una risposta che però rinnega e che non vuole ascoltare, e, seppur al suo interno contrasti le opinioni del padre, sembra quasi tenti di convincersi da solo delle ragioni che il genitore possiede. Yosuke e l’intero paese si trovano così di fronte a dei temi importanti, quali il rapporto tra la natura, la spiritualità e il progresso, e con loro anche noi siamo chiamati ad una riflessione, ad una scelta.

Kon, con il suo tratto preciso e chiaramente ispirato da quello di Otomo, ci delinea le vicende di un paesello in sussulto, alle prese con delle questioni morali, economiche e di comunità che oggi più che mai riguardano anche noi lettori. A contrastare lo sviluppo sono il nonno, certo, ma anche alcuni lavoratori che perderebbero, o hanno già perso, la propria mansione. C’è anche Natsumi, giovane amica di Yosuke appena tornata a Tsunate, che contrasta l’idea di uno sviluppo che causerà la distruzione di ambienti e paesaggi magnifici.

Tra i più agguerriti oppositori, troviamo i pescatori, che da quando è iniziato lo sviluppo lamentano una maggiore difficoltà nella pesca. Essi vengono rappresentati in particolare dal padre di Tetsu (amico di Yosuke), che più di tutti, si opporrà allo sviluppo, e sarà infatti lui ad accusare il padre di Yosuke di non essere più un sacerdote shintoista, di essersi oramai convertito al servizio del dio denaro.

Dall’altro lato troviamo però tutte quelle persone che vedono nello sviluppo una possibilità per Tsunate di migliorarsi. Troviamo quelle persone che, grazie alle costruzioni, potranno trovare una mansione o aumentare le proprie rendite. Troviamo coloro che vedono nello sviluppo un futuro per i propri figli, nella spettacolarizzazione dell’uovo un’opportunità per aumentare il turismo, e nell’ospedale, fatto costruire per volontà del padre di Yosuke, a causa di un suo dolore passato, una salvaguardia della salute comune.

Kon, attraverso la sua opera, ci pone dei quesiti riguardanti, sì, il paesello, ma anche il nostro presente. Quanto è etico distruggere la natura per costruire un luogo che, però, darebbe dei posti di lavoro in più? È corretto non fornire ai giovani delle condizioni economiche tali per cui non dovranno più emigrare in altre città? E il dolore che lo sviluppo provoca nel presente, non verrà ben ripagato nel futuro?

C’è però da dire che, fin dall’inizio, l’ago della bilancia di Kon pende chiaramente verso una certa posizione. D’altronde, se la giustificazione alla distruzione ambientale è l’economia, qual è il limite? Quando ci fermeremo se è il consumo che regge il sistema? Quale sarà il punto in cui, pur potendo ottenere una crescita economica, cominceremo a smetterla di distruggere la natura? Il limite dovrebbe essere fissato, non si può sempre usare la scusa dell’economia per la distruzione dell’ambiente.

Kon costruisce così un’opera ambientalista, che denuncia lo sfruttamento e la distruzione indebita della natura e delle realtà al suo interno, senza però banalizzare le parti contrapposte. Egli non vuole dare risposte semplici a problemi complessi. Mette, bensì, in risalto la cura della natura e la sua conservazione, senza per questo eliminare il legittimo progresso, a cui si deve, però, necessariamente, porre un limite.

Spiritualià e Tradizione

Il Giappone è la terra dei Kami, degli Yōkai, insomma dello Shintoismo. Lo Shintoismo è la religione tradizionale del popolo nipponico primordiale (Yamato), e l’opera qui analizzata presenta al suo interno forti influenze derivate proprio da questo credo.

Lo spiritualismo permea tutto il fumetto e influisce sulle decisioni di alcuni personaggi che portano avanti la trama. Ciò che infatti il sensei ci racconta è un vero e proprio scontro tra passato e nuovo, tradizione e progresso, antico e moderno. I due poli che più rappresentano tale scontro sono il padre e il nonno di Yosuke, due individui le cui opinioni sono agli antipodi.

Come infatti descritto in precedenza, mentre il padre di Yosuke è fedele ad un razionalismo laico, per non dire ateo, il nonno invece è rappresentante di un pensiero più in linea con le antiche tradizioni di Tsunate, e crede fermamente agli umibito.

Il maestro riesce così a farci assaporare la religione nipponica in tutto e per tutto, anche tramite gli scontri tra due parti di paese che non si trovano più in accordo sul ruolo che la religiosità e la tradizione debbono avere all’interno della comunità; in poche parole su cosa sia lecito e cosa non sia lecito fare della religione. Il paese di Tsunate sarà il paese degli umibito perché la comunità è realmente legata a questa credenza, oppure lo sarà per mera speculazione turistica?

Kon ci delinea così un paese “antico”, tipico del Giappone rurale, che riesce a fornirci sensazioni nuove ma allo stesso tempo famigliari, che ci fanno assaporare la realtà del Giappone più autentico, più genuino. Ma Tsunate è anche un paese che si sta ammodernando, che sta subendo una trasformazione a causa dei tempi che sono e che, pur non essendo ancora stato scalfito dalla “modernità”, deve affrontare.

Il Giappone, d’altronde, è una terra di contrasti, una terra attaccata alle sue più antiche tradizioni ma che dall’epoca Meiji vive una costante modernizzazione. Tale modernizzazione sì è tradotta nell’industrializzazione selvaggia che, sempre più, rende la nazione dei ciliegi in fiore un paese consumistico.

Il consumismo va però a pari passi con il “materialismo” e l’inquinamento, cosa che cozza gravemente con quelle stesse antiche tradizioni tanto care al popolo nipponico. Tale scontro, tra antico e moderno, tra “materialismo” e “spiritualismo”, a cui tutt’ora non si è arrivati ad una sintesi, è esemplificato in questo splendido fumetto.

Il vento, una sensazione, o anche solo un’immagine di sfuggita; fin dalla prima pagina qualcosa di passato ci richiama. Ma non potrebbe essere solo una nostra percezione? Gli umibito, queste leggendarie creature, esistono davvero o sono solo frutto della fervida immaginazione di un passato agrodolce? Qualcosa ci richiama, oppure è solo la volontà di credere in qualcosa che va oltre?

Il mare sa la risposta, e le acque, forse, hanno già parlato con il nostro protagonista. Ma la spiritualità è permessa in un mondo sempre più legato alla “materialità”? Il mare, potrà ancora darci risposte? E noi, avremo il coraggio di ascoltare qualcosa in cui crediamo realmente, anche a costo di divenire oggetto di scherno?

Maturazione

Cos’è la maturazione? A questa domanda ognuno di noi darebbe una risposta più o meno sensata. Ma su una cosa, forse, saremmo tutti d’accordo: le persone mature scelgono. Per scegliere bisogna avere coraggio, soprattutto se la scelta è coerente con ciò che si è, e conflittuale con ciò che ci circonda. Ma siamo sicuri che sia così? Sono le persone mature che scelgono, oppure è la scelta che ci rende persone mature? Forse entrambe, e forse sono la stessa cosa, ma una cosa è certa: maturare non è semplice.

Come ho già ripetuto in precedenza, il fumetto del maestro Kon mette in risalto lo scontro intellettuale tra due parti di Tsunate ben rappresentate dal nonno e dal padre di Yosuke. Il nostro protagonista si ritrova così, suo malgrado, nel mezzo di due tempeste contrapposte una all’altra, e scegliere da quale parte schierarsi non è cosa facile.

Yosuke sembra in prima battuta abbastanza indifferente riguardo questo scontro e la trasformazione che il suo paese sta affrontando. Eppure, questo è soltanto il derma del pensiero che caratterizza Yosuke: dentro di sé il nostro protagonista si è già schierato, dentro di sé conosce la sua verità. Ma il mestiere della vita non è certamente cosa da niente. Vivere vuol dire scegliere, e scegliere vuol dire scontrarsi, e scontrarsi non è cosa da poco.

Yosuke inizialmente, nonostante sia contrariato da alcune scelte prese da una delle due parti di Tsunate, sembra quasi reprimere questo suo pensiero. Se Yosuke esprimesse le sue idee apertamente, se Yosuke non le tenesse più nascoste, dovrebbe scontrarsi con la figura paterna. Inoltre, scegliere vorrebbe dire essere esposti all’errore: e se facessimo una scelta sbagliata?

Tuttavia, non si può continuare a tradire sé stessi per paura di prendere posizione, non si può reprimere per sempre ciò che percepiamo come giusto, non ci si può autoconvincere delle ragioni dell’altrui pensiero per reprimere il proprio di pensiero.

Una frase tradisce la propria visione, il tradimento verso la propria persona diviene la delusione di chi più ci è caro. Yosuke, pur di non scontrarsi con la figura paterna, e la “razionalità”, ignorerà ciò che più volte si palesa dinnanzi ai suoi occhi, ignorerà più volte la verità. Litigherà con amici, ripeterà cose in cui non crede e scalcerà via la verità dal suo cuore.

Ciononostante, pagina dopo pagina, Yosuke smetterà di ignorare ciò in cui crede realmente e infine deciderà di difendere la sua idea. Ma se non fosse abbastanza? Ma se infine la risolutezza del protagonista non fosse sufficiente? E se alla fine Yosuke non riuscisse a difendere ciò in cui crede, tradendo così, ancora una volta, se stesso e chi gli sta attorno? Tuttavia, il mare sa come agire e farsi sentire. Forse una spinta, una mano e una spiaggia dagli antichi ricordi amari, potrà dare a Yosuke l’aiuto finale verso la risoluzione, verso la maturità.

Kon, così facendo, parla direttamente a noi pubblico. Ci invita, ci esorta a prendere posizione, qualsiasi essa sia. D’altronde, nella storia si avverte il peso degli assenti, e i poli non sono mai due, sono sempre molteplici. Ma, se nessuno di questi poli viene scelto, allora noi nulla saremo se non degli ignavi. Kon ci invita a scegliere, perché scegliere significa maturare, prendere posizione significa vivere, difendere ciò in cui si crede significa non tradire sé stessi.


“E stavolta tocca me…”

kon satoshi stirpe sirena

Post-fazione

La Stirpe Della Sirena è un volume unico, edito in Italia da Star Comics. Nella nuova edizione del 2019 è inclusa anche la postfazione originariamente pubblicata da Bijutsu Shuppan-sha nel 1999. Qua il sensei ci confessa le enormi difficolta avute durante la sua prima esperienza con una produzione serializzata di sua proprietà.

Ci racconta dell’affanno, delle poche ore di sonno a fronte di una grande mole di lavoro, della sua arrogante volontà di fare tutto il possibile da sé, senza ricevere aiuti. Ci racconta del sudore, del peso perso a causa dell’impegno esasperato, e dello stress che si prova nel veder dalla finestra il passare delle stagioni mentre si è reclusi nel proprio appartamento a faticare.

Come se non bastasse, nel momento in cui, finalmente, si occupò del primo adattamento per tankōbon, si ritrovò a pensare del suo lavoro, svolto pochi mesi prima, come di un qualcosa di tremendamente grezzo e realizzato male, talmente brutto che la tentazione di rifarlo da capo diveniva, ogni secondo di più, impellente. Ma infine riuscì a essere indulgente con se stesso, andando solo ad apportare qualche miglioria qua e là.

Poco tempo dopo la pubblicazione del tankōbon fu ricoverato a causa dell’epatite A, e restò un mese in ospedale. La causa di questo male? A detta di Kon un virus che, sfruttando la debolezza del maestro dovuta allo sforzo professionale, ma anche alle folli bevute compiute al termine delle estenuanti giornate, ha trovato terreno fertile in un corpo debilitato.

Certamente impegnarsi per un settimanale in Giappone deve essere dura, ma Kon ci regala anche un raggio di luce, una speranza, un qualcosa per cui lottare: la soddisfazione. Infatti, all’interno della post-fazione il maestro racconta anche dell’emozione e dell’appagamento da lui provati una calda estate dopo aver letto, per puro caso, il proprio nome, sulla copertina del suo manga, in una libreria.

“Mi sembrò un giorno particolarmente caldo”

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Conclusioni

La Stirpe Della Sirena è l’opera con cui il compianto maestro si introduce, da autore, alla serialità delle proprie opere. Un manga che, pur non potendo essere annoverato tra le opere eccellenti del fumetto nipponico, risulta particolarmente pregevole, con tavole ben costruite e un tratto preciso, chiaramente ispirato dalla penna di Otomo.

Kon riesce a delineare le vicende di Tsunate in modo vivo e dinamico, ogni silenzio e ogni subbuglio è ben posto, e ci fa assaporare il Giappone rurale che, il sensei, raffigura sotto i nostri occhi. Grazie a tutto ciò il paesello prende vita, e i magnifici paesaggi riescono, alle volte, addirittura a donarci una sensazione di remota nostalgia per un luogo mai visitato.

La storia, semplice ma ben illustrata, ci fa ragionare su varie questioni etiche e sull’importanza della scelta, questo, senza mai essere superficiale o banalizzante. La Stirpe Della Sirena è dunque un’opera squisita, non un capolavoro, ma certamente un’opera mirabile, che consiglio a chiunque, in particolar modo se si vuole recuperare un Kon Satoshi certo meno conosciuto ma sicuramente meritevole.

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Vuoi sapere di più sulle opere del maestro Kon Satoshi? Dai un’occhiata a Opus: la metanarrazione onirica di Kon Satoshi

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