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Lady Oscar: la libertà di essere

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Nel mese di marzo che festeggia le donne, vorrei dedicare uno spazio ad un’autrice che ha creato un’icona immortale: Lady Oscar. In Italia l’abbiamo conosciuta proprio il 1 marzo del 1982 quando è andato in onda in tv il primo episodio della serie intitolato “La grande scelta“.

La leggendaria Lady Oscar si inserisce in un ampio dibattito tra passato e futuro. Il mondo dei manga e degli anime anni Settanta si divide tra la passione per fantascienza, space e meisaku, cioè lo sguardo sulla letteratura mondiale.

Nel 1972 Ryoko Ikeda, curatrice di arte, storia, studentessa avviata alla filosofia e una delle prime donne mangaka, realizza il manga Berusaiyu no bara (Le rose di Versailles/Lady Oscar), ottantadue capitoli ambientati nella Francia degli ultimi anni dell’Ancien Régime. La storia scende nel dettaglio della vita della corte di Versailles e della Rivoluzione francese del 1789 ed ha subito un grande successo.

In Italia il manga fu pubblicato varie volte da più case editrici. Nell’ottobre 2015 dalla RW Edizioni sotto etichetta Goen, mentre la versione più recente è quella della J-Pop che racchiude in cinque volumi un box da collezione con pagine a colori e contenuti extra. Il design del cofanetto ricorda il cancello di Versailles e all’interno è presente il libretto contenente tutti i frontespizi dell’edizione originale, Le rose di Versailles – special gallery e la paper doll di Lady Oscar.

Dopo aver concluso nel 1973 la saga portante, dal 1984 al 2018 la Ikeda è tornata in più occasioni a narrare nuove storie delle “Rose di Versailles”. Una lunga serie di racconti che approfondiscono e proseguono le vicende della serie originale: La Contessa dall’Abito Nero, Le Storie Gotiche dedicate alla piccola Loulou e gli Episodi, che ci mostrano il futuro dei personaggi più amati della saga. Anche per questa splendida prosecuzione arriva finalmente l’edizione definitiva, con pagine a colori e capitoli inediti in Italia! Tutte queste storie sono racchiuse in uno splendido box da collezione con segnalibro esclusivo!

Quello che voglio non è un compagno di giochi, ma di spada” 🤍
~ Collezione manga Lady Oscar – Picture © Elena Paoletta

Nel realizzare il manga l’autrice non può ignorare gli stimoli che arrivavano dall’Occidente. Veniva proposta infatti una nuova letteratura dello spettacolo che concedeva più spazio al sentimento e alle sue manifestazioni come baci e carezze. Forse è proprio questa fisicità, che il Giappone tradizionalista e rigoroso non voleva ammettere nella propria cultura nonostante il fascino che quegli stimoli esercitavano, a far apprezzare così tanto Berusaiyu no bara.

Il femminismo

Nel mondo e nel tempo in cui si muove l’autrice, la donna viveva ancora in una posizione subordinata, che vedeva nel matrimonio la prima e unica possibilità di realizzazione. La Ikeda è dunque figlia di una società maschilista, che tiene le donne in secondo piano. Per sua stessa ammissione Lady Oscar, la protagonista del suo manga, rappresenta la libertà. La libertà di essere una donna dall’animo più maschile oppure un uomo dall’animo più femminile.

Ciò che interessa all’autrice è semplicemente la libertà di essere

Da neonata, Oscar François De Jarjayes è condannata ad essere allevata come un maschio. Da bambina, è realmente convinta di esserlo; da adulta, è consapevole del suo essere donna. Tuttavia la coscienza di un’identità diversa da quella in cui è stata forzata ad immaginarsi spegne i suoi desideri femminili. Tradita da un corpo che non la rappresenta, Oscar frappone una distanza e alza un muro fra sé e l’altro sesso.

Si nega ogni forma di piacere e sfoga le passioni inespresse e la rabbia dei suoi interrogativi con i muscoli in tensione, i gridi di battaglia, gli sguardi accesi. I corpi in lotta servono per dichiarare la sua forza e per ribadire la centralità e la potenza del suo ruolo di maschio anche se introducono, in maniera sottile, l’erotismo di cui l’intero manga è pervaso.

Berusaiyu no bara è un vero e proprio percorso di formazione e di liberazione. L’accettazione e l’esaltazione di un erotismo femminile diventano il mezzo per un riconoscimento sociale, ma anche la chiave per scardinare il predominio maschile.

La profonda sensualità di Oscar fa innamorare chiunque posi lo sguardo su di lei, comprese le dame di corte e la stessa Maria Antonietta. La regina si lascia sedurre da quel misterioso cavaliere anche se sa che sotto quella divisa maschile si nasconde una donna.

L’intento dell’autrice

Nel Giappone della Ikeda, le ragazze fino al matrimonio avevano una certa libertà, quella che Oscar non ha mai avuto. Quando decide di unire la sua vita, anche formalmente, a quella di Andrè, Oscar andrà incontro alla morte. Con questa metafora l’autrice indica che la donna è viva e protagonista fino a quando non giunge la “morte civile” del matrimonio. A morire però sarà prima Andrè, proprio per sottolineare che la passione dei giovani dell’epoca finisce con l’usanza delle nozze concordate, che piega a regole e ruoli ogni sentimento. Con la morte dei due protagonisti la Ikeda salva il topos romantico.

Di fronte ad una ricca panoramica di donne e femminilità differenti, l’autrice chiede alle lettrici di scegliere o quantomeno di rendersi conto della ricchezza di possibilità che hanno davanti.

Maria Antonietta

Il modello di donna che Maria Antonietta incarna è quello di chi ha bisogno di un uomo al suo fianco. Rosalie è l’indipendenza, Charlotte la rassegnazione. Non tutte possono essere Oscar, ma ciò che conta è poter seguire la libertà della propria vocazione quale essa sia e si vuole ribadire alle lettrici che c’è una libertà di cuore e piacere che va oltre il dovuto. Ogni lettrice si potrà fare cavaliere, principessa o prostituta, purché sia una libera scelta. Nei ritratti proposti dalla Ikeda non esiste un reale giudizio morale sulle figure; buoni o cattivi, i personaggi incontreranno comunque la morte, perché così è la vita.

Il significato delle cinque rose

Definire Berusaiyu no bara un manga femminista è decisamente troppo semplice. Più che femminista, nell’accezione comune del termine, dovrebbe essere considerata un’opera sulla condizione femminile nelle sue diverse realtà e sfumature. Oscar è un modello, un’ambizione, una proiezione pensata per dare alle lettrici il coraggio di essere qualcosa di diverso da ciò che la società si aspetta da loro. Il nobile intento passa attraverso una nobile eroina, anzi attraverso cinque rose.

Il titolo Berusaiyu no bara, erroneamente tradotto “La rosa di Versailles”, era stato in realtà pensato al plurale, proprio per sottolineare una pluralità e una complessità di visione. Nelle intenzioni dell’autrice, Oscar nasce come una tra cinque rose: Maria Antonietta, la passionale rosa rossa; Madame de Polignac, l’invidiosa rosa gialla; Jeanne, la malefica rosa nera; Rosalie, la rosa ancora in boccio e Oscar quella bianca, come la purezza dei suoi ideali. Una storia di donne e per le donne, dove Oscar rompe ogni stereotipo.

Il messaggio che la Ikeda vuole mandare è quello di convincere le lettrici che un’altra realtà al di fuori della tradizione è possibile, direttamente sperimentabile e più gratificante.

Il suo femminismo non è tanto da ricercare nel messaggio al pubblico femminile, quanto nel colpo inferto a quello maschile. Oscar è una donna protagonista del manga in un’epoca in cui i manga erano prevalentemente al maschile. A scrivere la sua storia è stata una donna: questa è la vera rivoluzione.

Attraverso una storia per ragazze la Ikeda manda un messaggio agli uomini, invitandoli a non stare seduti nell’abitudine, a non continuare nell’errore, perché per ogni Maria Antonietta esiste sempre una Oscar e, anche una bambola quando sta per perdere la testa toglie pizzi e merletti per riscoprire la forza d’animo che ha dentro. 

Dal manga all’anime

Un successo così eclatante inevitabilmente trasforma il manga in anime.

Gli anni Settanta sono quelli di Jeeg e Mazinga, ma anche quelli di Capitan HarlockHeidi Ape Maia. È nel cuore di queste produzioni che va a collocarsi la serie anime Berusaiyu no bara.

Oscar è una donna quindi l’anime è per le ragazze, ma la storia è di cappa e spada quindi per ragazzi. La Rivoluzione Francese che la Ikeda aveva portato nel manga in modo irruente ed eclatante ha più difficoltà a ripetersi in campo televisivo, di fronte ad un pubblico nuovo o che già conosce la storia e la ama per quello che è. Nel 1979, quando viene trasmessa per la prima volta in televisione, la grafica dell’anime scontenta una parte dei fan del manga, così come la necessaria riduzione della storia in quaranta puntate che rendono più superficiali le caratteristiche di trama e personaggi.

Il successo televisivo

Nel 1986 la serie viene ritrasmessa in Giappone, in un contesto culturale molto cambiato. Il Paese è la seconda potenza mondiale, sta vivendo un conclamato benessere economico e gode di una stabilità anche politica che permette un clima sereno. Tecnologia, cibo, design, manga, tutto quello che viene prodotto ed esportato conquista i mercati occidentali affamati di quella modernità di cui il Giappone sembra essere diventato garanzia.

L’animazione attraverso le sue serie è diventata il simbolo con cui il made Japan ha conquistato le nuove generazioni. Gli otaku fanno di manga e anime elementi di cultura, identità e rottura con la tradizione. Non vogliono grandi narrazioni ma grandi personaggi. Così, quando Berusaiyu no bara viene ritrasmesso dalla televisione nipponica, il risultato è un plebiscito: Lady Oscar piace a tutti e moltissimo.

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Lady Oscar

Lady Oscar (Berusaiyu no bara) disegno realizzato da me nel 2015
© Elena Paoletta

È l’eroina forte, il personaggio che domina la storia attraverso una narrazione veloce ma intensa, perfetta per il momento storico che l’ha generata. Ѐ passionale ma soprattutto è ambigua come la sua epoca, combattuta e determinata per la sua diversità, come gli otaku che in un Giappone fiero delle sue radici sono ancora mal tollerati. 

I tempi sono maturi, il pubblico è ricettivo; vuole comprendere e ancora di più vuole amare. Non ha bisogno di farsi domande approfondite sull’ambiguità di Oscar ma è sufficiente a riconoscersi in ciò che il Giappone ancora respinge. Lei ha sicuramente qualcosa da dire sul Giappone che i giapponesi non avevano colto: il dramma di un’adolescenza incerta, il disagio di una vita insoddisfatta. I giovani scelgono Oscar come icona di trasgressione e coraggio, determinazione e forza, facendo della Rivoluzione una più contenuta forma di ribellione, almeno emotiva.

Differenze manga-anime

L’anime di quaranta episodi è più sintetico del manga raccolto in nove volumi tankōbon di circa duecento pagine ciascuno. Nella prima parte vengono esaltati gli aspetti più poetici della grafica, tra petali che volano, rose, luci e riflessi, per essere progressivamente ridotti nella parte conclusiva. 

Oscar si fa protagonista della storia fin dalle prime inquadrature, proiettando subito gli spettatori nel dramma dell’identità negata.

La voce narrante colma molte lacune approfondendo, per quanto possibile in poche battute, il contesto storico. Ѐ una voce di cui c’è bisogno anche per distrarre l’attenzione dell’osservatore dalle inevitabili carenze grafiche della serie. Questa lacuna viene compensata però dal coinvolgimento emotivo dello spettatore. 

La visione di Lady Oscar comunque smuove e commuove chi guarda e la serie diventa un’icona che va ben oltre la grafica e gli effetti.

La passionalità della Ikeda si dimostra al femminile con l’irruenza di lacrime e turbamenti. Viene però sintetizzata da uno sguardo più maschile quando sottolinea l’eroismo del personaggio di Oscar, oscurandone le debolezze.

Una diversa visione del rapporto Oscar-André

A chiarire le diverse visioni del manga e dell’anime, può forse essere il rapporto tra Oscar e Andrè, analizzato nei suoi momenti cruciali. Nell’anime Oscar è più forte, mentre Andrè è meno passionale, più schiacciato dal suo limite sociale e il loro amore risulta smorzato.

Se nel manga la prima notte è stabilita da Oscar e consumata nella sua camera da letto in un contesto che la ufficializza, nell’anime accade nel bosco ed è frutto del momento più che di una scelta dichiarata. Non c’è alcun timore da parte di lei, esplicitato invece nel manga e confortato da Andrè.

Nel manga Andrè muore per salvare la vita di Oscar, facendole scudo con il suo corpo: è l’estremo dono dell’innamorato e anche la fedeltà del soldato che, seppur cieco, vuole rimanere al fianco di Oscar.

Andrè muore sul campo e in un attimo un turbinio di pensieri travolgono Oscar, spingendola a cercare la morte in battaglia. Nell’anime invece Andrè viene colpito per caso, steso su un letto, visitato dal medico e l’addio tra i due innamorati è ricco di parole sulla felicità che li attende e sul futuro che li vedrà presto sposati.

La storia punisce Oscar e quel suo essere pronta a sposare il suo uomo, a farsi moglie e madre, a farsi femmina. Oscar è schiava della sorte, non può contrastarla perché perderebbe il suo status di icona ed eroina e per questo muore. Muore come l’uomo che è stata, sotto la Bastiglia e come la donna che è diventata, inconsolabile “vedova” del suo amato Andrè.

Il romanticismo nella serie

La serie anime idealizza il sentimento tra i due, lo traduce in immagini poetiche, più o meno metaforiche, privandolo però della concretezza della sua carnalità. In cambio di quel sangue meno violento, l’anime regala una pioggia di parole e frasi che sono entrate nell’immaginario emotivo delle spettatrici, a definire il concetto stesso di amore. Le sofferenze sono stemperate, concettualizzate, riequilibrate; è un modo di narrare profondamente diverso da quello della Ikeda, ma comunque molto avvincente.

La Rivoluzione francese, con l’aggiunta di nuovi personaggi, prende più spazio. Il popolo ha voce in un suonatore di fisarmonica che compare negli episodi finali per mostrare i bassifondi parigini e le cause di ciò che sta accadendo. Se Oscar deve morire, bisogna che le telespettatrici sappiano che è per una giusta causa. Oscar è infatti l’eroina dell’ideale puro, la paladina dell’emozione.

La censura

In Italia la serie fu trasmessa per la prima volta nel 1982 fino alla trentasettesima puntata, poi di nuovo nella stagione televisiva successiva, mandando in onda anche le puntate precedentemente tagliate.

Considerato un prodotto per bambini piccoli, trasmesso nella fascia pomeridiana poi divenuta “protetta”, Lady Oscar deve obbligatoriamente passare sotto i tagli della censura. 

La Ikeda aveva destinato il manga ad un pubblico più adulto, come pure adulto era il pubblico dell’anime nel mercato giapponese.

Nel nostro Paese un’animazione intensa come quella nipponica non era facile da comprendere. Come non lo era stata l’introduzione massiccia delle serie animate giapponesi, accolte con varie polemiche e passate sotto la scure della censura, non sempre ponderata.

Ad essere tagliato era tutto ciò che veniva considerato non appropriato alle esigenze di mercato. Come ad esempio le immagini troppo violente, di sesso anche implicito o semplicemente ritenute di troppo quando si trattava di inserire sigla o spazi pubblicitari.

Tutti tagli che sicuramente non giovarono alla serie e ne penalizzarono la comprensione, specialmente nelle sue effettive profondità, ne falsarono i rapporti e resero la narrazione stessa meno rispondente alla passionalità originaria. 

Le scene tagliate

La censura si abbatteva su tutto ciò che fosse ritenuto troppo esplicito in termini sessuali, prima fra tutti proprio l’identità di Oscar. Nella versione originale Oscar è Monsieur per mantenere credibile l’ambiguità, mentre nella versione italiana è Madamigella.

Una scelta infelice visto che sull’interrogativo di genere si basava la complessità di un personaggio il cui travestimento finiva così per essere sminuito.

La censura eliminò la scena in cui Rosalie si offre ad Oscar come prostituta per problemi morali. Si preferì tagliare ogni riferimento a questo tipo di rapporto per evitare la curiosità in un pubblico ritenuto troppo giovane per quel genere di cose.

Il problema della relazione sessuale tra due donne si ripropone nella scena del processo in cui Jeanne, sorella di Rosalie, accusa la Regina di omosessualità e fa riferimenti espliciti alle sue molte amanti, tra le quali elenca Oscar. Trasforma il suo sacrificio di una vita da uomo in vizio erotico. Pur di averla al proprio fianco, secondo Jeanne, Maria Antonietta la farebbe vestire da maschio, divertita da quel travestimento nei loro giochi erotici. Ovviamente in Italia tutto questo scomparve.

La sosia di Maria Antonietta, ritratta come una donna costretta a chiedere l’elemosina, in realtà prima della censura era una prostituta. Non provava alcuna vergogna per il proprio mestiere. Offriva serenamente i propri servigi, incluso quello del travestimento.

La censura sul concetto di amore

Nell’immaginario collettivo il grande amore è quello delle fiabe, tra anime gemelle che non possono neppure prendere in considerazione altri o altre.

Se la morale del tempo tollerava tranelli, intrighi, ferimenti e assassini, ben diverso era per tutto quello che potesse sollecitare fantasie erotiche. Perfino l’amore di Oscar per Fersen era già stato ridimensionato rispetto al manga, per rendere più lineare e intenso il rapporto con Andrè. Anche se nell’anime originale Oscar comprende solo tardi il sentimento che la lega all’amico, ciò che conta è che non comprometta eccessivamente il suo cuore per Fersen. In questo modo nella versione italiana si preferì rinsaldare il concetto di amore ideale.

Sicuramente anche per i giapponesi la verginità di Oscar caratterizzava il personaggio. Questo però non significava eliminare il desiderio.

In Italia invece la censura negò anche solo lo spettro del piacere. Il giovane pubblico non doveva porsi domande di fronte a triangoli amorosi o travestimenti e forse non farle neppure ad imbarazzati genitori.

Per alcuni Berusaiyu no bara presenta elementi da manga yuri. Le scene di omosessualità femminile non sono però esplicite, ma solo accennate. Per la sua ambiguità Oscar è anche uno dei primi esempi di bishonen, canone di bellezza maschile effemminata.

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L’amore di Rosalie…

«Se fossi realmente un uomo, Rosalie, veramente ti prenderei in sposa»

Così dice Oscar abbracciando la sua giovane amica. Se lei fosse realmente un uomo potrebbe innamorarsi di una brava ragazza, farla felice e concedersi finalmente il riparo di un’identità accettata e pienamente vissuta anche secondo gli stereotipi del tempo. Oscar però non è un uomo ma ha bisogno di farsi dura come tale e ribadire la prima scelta del padre proclamandosi maschio per non negare il senso a tutta una vita di sacrifici. Deve accettare ciò che è per non odiare il padre, per dar valore alla sua missione che è insita nel significato stesso della sua esistenza legata all’ambiguità. 

La sua amica Rosalie Lamorlière avrebbe potuto essere la soluzione ad una vita tormentata, il suo ”vento di primavera”, la freschezza che risveglia la gioventù invecchiata sotto i colpi del dovere e del riscatto. Costretta nella sua infelicità, Oscar avrebbe avuto il conforto della felicità altrui, come in quella di Rosalie che amerà sempre la sua Oscar in maniera assoluta e fisica, arrivando perfino ad inebriarsi del suo odore.

…e quello per Fersen

Impossibilitata a star bene con se stessa, Oscar cerca un completamento che sia risposta alle sue ansie di identità. Lo trova per poco nell’inatteso amore per il coraggioso, bellissimo e galante Hans Axel von Fersen che risveglia i suoi sensi sopiti.

A lui sarebbe pronta a concedersi nella pienezza della sua femminilità; per lui è disposta, anche solo per una sera, ad abbandonare maschera e scudo del suo essere uomo, per consentirsi il lusso di mostrarsi donna. Fersen è però innamorato di Maria Antonietta dal momento stesso del loro primo sguardo; non sarà mai di Oscar perché entrambi sono caduti nella trappola di ciò che sono diventati e all’eroina non resta che ammettere amaramente: 

«L’amore può portare a due cose, o alla felicità completa, o ad una lenta e triste agonia». 

André

In un più complesso rapporto con gli uomini, con coloro che respirano la forza della Rivoluzione in corso ma non resistono alla tentazione e alla trasgressione della sua ambiguità, l’unico che Oscar accetta di avere al suo fianco è André Grandier. Lui non le appare come un uomo da amare poiché lei è asessuata per educazione, ma vede in lui il suo alter ego, il compagno di giochi, l’amico.

Per Andrè è diverso. Pur incatenato al vincolo del suo rango inferiore, ha la libertà tutta maschile di provare sentimenti e di manifestarli, sia a parole che nell’irruenza dei gesti. Pur trattenendosi per dovere in ogni attimo della sua vita, strapperà la camicia ad Oscar in nome di un desiderio troppo a lungo soffocato e per costringerla a guardarsi e ad accettarsi nella sua fragilità:

«Una rosa è sempre una rosa, che essa sia bianca o rossa. Una rosa non sarà mai un lillà».

La figura del cavaliere

Cavaliere non per titoli ma per sentimento, Andrè non rispetta il prototipo del principe azzurro ma, fedele all’interesse dell’autrice per la realtà, va oltre il sogno stesso e si rivela di carne, sangue, batticuore e Storia.

È il cavalier servente che sopravvive ancora oggi sotto forma di galanteria, primo strumento di seduzione. Vigila sulla donna, la accompagna in pubblico, la protegge, è sempre accanto a lei e, anche se distante, la desidera senza chiedere mai e quindi senza ottenere. Andrè vede, sente, soffre e Oscar non comprende anche se i gesti e i silenzi dell’uomo sono plateali. Come quando le dichiara il suo amore per offrirle la cura al cuore spezzato da Fersen. È nel dolore che la relazione tra i due trova finalmente l’estasi.

Per quello sguardo eccessivamente allungato sulla sua “dama” però il cavalier servente viene accecato dalla Storia, nella miglior tradizione classica. Andrè ha visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere: la femminilità di Oscar e per questo viene punito.

La scelta di Oscar

Le domande che Oscar si pone sulla sua identità non trovano dunque risposta. Non c’è soluzione nel batticuore scatenato da Fersen, né nella proposta di matrimonio dell’aristocratico Victor Clément de Girodel, né può garantire la felicità di Rosalie. Se Oscar fosse un uomo starebbe con lei, mentre se fosse una donna con Fersen. Non riconoscendosi pienamente né nell’uno né nell’altra, sceglierà Andrè, perché in lui vede la possibilità di non rinunciare a nulla. Sicuramente lui resterà sempre al suo fianco, sarà la sua ombra, il riflesso della sua intera vita.

L’importanza delle sigle

In Italia Berusaiyu no bara ha avuto molto successo grazie anche alla sigla dell’anime, una canzone astuta, studiata a tavolino che ha venduto oltre mezzo milione di copie. Scritta e interpretata dai Cavalieri del Re, Lady Oscarpresenta un testo buonista per metrica ed interpretazione, che correggeva moralmente alcuni passaggi dell’anime, soprattutto quelli che alludevano all’ammirazione erotica che molte donne provavano per Oscar.

La sigla successiva, composta per la messa in onda della serie negli anni Novanta, censura ogni riferimento al problema del sesso di Oscar dando per scontato che sarebbe diventata un’eroina.

Una spada per Lady Oscar”, scritta da Carmelo Carucci e da Alessandra Valeri Manera e cantata, prima da Enzo Draghi e poi da Cristina D’Avena, ritrae infatti Oscar nel combattimento. Forte, veloce “come un lampo”, “invincibile muraglia”, elegante e puntuale «Tutto questo è proprio una battaglia».

Nelle messe in onda del Duemila, verrà ripristinata la storica sigla dei Cavalieri del Re in apertura per lasciare l’altra in chiusura, in modo da non scontentare nessun fan o semplicemente perché anche le sigle, come quelle di Lady Oscar, sono diventate icone.

La Storia attraverso nuovi personaggi

Oscar ha conquistato il pubblico femminile per la sua intraprendenza, Andrè lo ha sedotto con la devozione di un sentimento fiabesco, Fersen e Maria Antonietta lo hanno fatto sognare. 

Berusaiyu no bara nell’immaginario collettivo sarà per sempre Lady Oscar. Ha avuto il merito di riproporre la Rivoluzione francese attraverso temi innovativi e personaggi che hanno fatto piangere, sospirare, trattenere il fiato e fantasticare. Per questo ha conquistato un posto d’onore tra i manga e gli anime che restano nel cuore di diverse generazioni.

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  1. Bellissima analisi. Riflessioni che ho fatto in tanti anni, spunti nuovi, interessanti. Come ogni grande opera lascia aperte molte interpretazioni. Avendo studiato la cultura giapponese una mia personale opinione è che attraverso questa storia la Ikeda trasmette tutta la sua giapponesità. I personaggi esprimono dilemmi della cultura giapponese quali il rispetto e obbedienza ,primo verso l’imperatore ( qui Maria Antonietta) poi verso il padre ,dei valori confuciani arrivati dalla Cina. Forse proprio per questo ha reso così bene il passaggio nel cambio di obbedienza di Oscar che essendo PURA nel senso giapponese del termine, è fedele a se stessa, ai suoi ideali. La sua purezza travalica i valori confuciani e ne esce più affascinante che mai ,come ogni eroe perdente giapponese che si spegne senza grande onore in solitudine. Oscar non è proprio sola nella morte ,ma ha perduto André, la sua ombra, la sua protezione, quella parte di sé che con tutti i suoi sforzi non avrebbe potuto colmare perché fisicamente donna.
    La “purezza” è l’altra chiave tutta giapponese che permette all’Ikeda di mostrarci 5 donne completamente diverse che anche nei loro errori percorrono la strada sempre a testa alta. Quando sbagliano capiamo perché e non possiamo che ammirarle per la loro determinazione anche se non approviamo le loro azioni anche se disprezziamo la loro frivolezza o la loro apparente fragilità.

  2. Terribile riflessione. Complessa e pretenziosa.

    1- se Oscar fosse stata un uomo si sarebbe invaghita di Marie Antoniette. Come Fersen.
    2- Oscar sceglie di essere donna con Andrè… lui non è un ripiego.

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