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Piano no Mori: recensione

recensione piano no mori

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Un anime che parla di musica non è mai una delle trasposizioni più semplici da realizzare. Ecco dunque la recensione di Piano no Mori.

Tratto dall’omonimo manga inedito in Italia, scritto e illustrato da Makoto Isshiki e pubblicato da Kōdansha, Piano no Mori (ピアノの森 – in italiano Il piano nella foresta) è una serie animata prodotta da Gaina. Ha all’attivo due stagioni, entrambe reperibili sulla piattaforma Netflix. Ciascuna di 12 episodi, l’una è stata resa disponibile nel settembre 2018 e l’altra nel giugno scorso.

La prima edizione del manga risale al lontano 1999. Nel 2007 era già stato adattato in un film d’animazione, frutto degli sforzi dello studio Madhouse e del regista Masayuki Kojima.

Di cosa parlerà mai un anime con un titolo del genere?

kai e shuhei

Shūhei Amamiya e Kai Ichinose sono due bambini molto diversi, entrambi caratterizzati però da un insaziabile amore per il pianoforte. Rispettivamente, per uno lo strumento dai tasti bianchi e neri rappresenta le orme paterne, il successo e quello che ha sempre fatto da quando era piccolo, mentre per l’altro un motivo di fuga, l’istinto, un sentimento viscerale.

Casualmente Kai trova un pianoforte nella foresta ai confini del suo quartiere: solo lui è in grado di suonarlo. L’amico si accorge così del suo talento. Anche il loro maestro di musica (Sosuke Ajino, ex pianista di fama mondiale) si accorge delle potenzialità di Kai e si attiva per aiutare il ragazzo, che non si è mai posto davanti ad uno spartito.

Amamiya e Ichinose si trovano così in competizione in un concorso: il primo esegue perfettamente i brani con zelante perizia e conquista il primo posto, il secondo, invece, non riesce neppure a qualificarsi alle finali perché considerato eccessivamente eclettico. Nonostante i palesi risultati, il complesso di inferiorità di Shūhei diventa sempre più ingombrante. Dopo qualche anno di studi in giro per il mondo, i due si rincontreranno al Concorso pianistico internazionale Fryderyk Chopin.

Come andrà a finire?

Solo tre parole: prodigio del pianoforte.

kai ichinose

Quale potrà mai essere la chiusura del cerchio, date le premesse? Dopo 12 episodi in cui esploriamo il rapporto tra i due ragazzi, nemmeno troppo in profondità, nei successivi 12 dove li vediamo misurarsi con altri giovani artisti internazionali, cosa potrà mai accadere? Chi vincerà il Concorso Chopin, se non il ragazzo prodigio rifiutato anni prima per il suo estro?

Prevedibile? Banale? Le risposte sono sì, e ancora sì. Due stagioni per raccontare una storia sentita già troppe volte: quella del genio incompreso. Un dono, un talento che non è frutto della pratica ma è insito nella persona stessa, come per magia. Ichinose Kai potrebbe infatti essere pronunciato anche come “ichi no sekai“, cioè numero uno al mondo. Era già stato scritto… E ce n’eravamo accorti.

Chopin libera tutti!

Personalmente, non ho trovato l’atmosfera molto immersiva. In generale, sia le vicende che i dialoghi sono molto lineari, nulla che esce dai binari. Nessuno sguardo introspettivo, le relazioni interpersonali abbozzate soltanto, i pensieri dei soggetti che sentiamo sono macchinosi, a volte sterili.

Gli sfondi incantano, ma i personaggi non sono molto dettagliati. La CGI usata per far muovere le dita ai pianisti rende l’insieme non molto omogeneo, in contrasto con una certa armonia generale dei disegni.

recensione piano no mori

Per fortuna… Chopin. L’elemento che davvero salva il salvabile è il Poeta del pianoforte. I sentimenti dei diversi pianisti escono dallo schermo e ci travolgono, capaci di condurci nei loro mondi. Già allora Chopin riuscì a trasporre emozioni su pentagrammi, così come ora riesce a suggestionare gli spettatori di quest’anime.

A chi si avvicina a lui per la prima volta dico che potrebbe valere la pena dare una possibilità a Piano no Mori. Innamoratevi del Notturno op. 9 n. 2, ma e soprattutto del Valzer del Minuto (Valzer op. 64 n. 1). Innamoratevi di Chopin.

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