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Quattro chiacchiere con Takehiko Inoue: cosa è successo a Vagabond?

Indice contenuti

Definire Vagabond un semplice manga è riduttivo, il capolavoro nato dalla fatica e dal sudore di Takehiko Inoue è una vera e propria opera d’arte. L’autore dà vita ad un universo incanalato in un realistico quadro storico in costante ramificazione, al cui interno nascono personaggi dal profondo spessore psicologico e da una crescita mentale e filosofica marcata. Il tutto prende vita attraverso delle tavole spettacolari, dal tratto più unico che raro e dai disegni puliti e ricamati da una minuzia impressionante.

È il 21 ottobre del 1600, e la battaglia di Sekigahara si è conclusa. Al suolo, sopravvissuti in mezzo a cadaveri e armi, si trovano Takezo Shinmen e Matahachi Honiden, due amici arruolatisi nelle file di Toyotomi nella speranza di ottener gloria nella battaglia. I due ragazzi si trovano a dover affrontare molti pericoli per tornare al villaggio Miyamoto, da cui provenivano. Sulla strada per il ritorno vengono accolti da due donne, Oko e sua figlia Akemi. Da qui inizia l’epico viaggio di Shinmen Tekezo, il samurai che passerà alla storia come Musashi Miyamoto.

Un travagliato percorso editoriale

Purtroppo, però, la rivisitazione manga del romanzo classico del 1935, Musashi di Eiji Yoshikawa, è famigerata per la sua ormai estesa pausa, divenuta quasi simbolica. L’iter editoriale del manga, pubblicato nel 1998, non ha riscontrato ostacoli fino al Settembre 2010. Anzi, durante il decennio prolifico, l’autore, già acclamatissimo con Slam Dunk, ha ottenuto svariati riconoscimenti (il Premio Kodansha nel 2000 e il Premio Tezuka nel 2002), facendo divenire il manga di Miyamoto uno dei più venduti di sempre.

I problemi iniziarono a sorgere nel Settembre 2010, mese in cui il maestro Inoue prese una piccola pausa da quel lavoro pressoché costante che stava iniziando irrimediabilmente ad attanagliarlo. Lo hiatus serviva per tranquillizzarsi e per indagare sul futuro di Vagabond e di Real, un altro pilastro della carriera dell’artista e del manga in generale, inaugurato nel 1999. Dopo aver azzardato a qualche previsione sulla fine del manga, a detta sua quasi giunto alla conclusione, nel Dicembre del 2010, il maestro asserì ad un potenziale ritorno soltanto una volta guadagnato nuovamente l'”entusiasmo” per scrivere il manga. Monito che risuonò grave in molte delle orecchie dei fan, che iniziarono a intravedere l’alone di mistero, oggi divenuto pressochè leggendario.

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La serializzazione tornò a sprazzi, con pochi capitoli annuali susseguiti ad una pausa investita per “ricerche” inerenti all’opera e al suo svolgimento. Ad oggi, nel maggio 2019, l’ultimo capitolo risale a quattro anni fa. Il resto è buio.

L’intervista

L’intervista che leggerete è tratta da una serie di piccole conversazioni che un intervistatore ha trattenuto con il maestro Takehiko Inoue prima, e durante, i suoi 19 mesi di pausa, dal 2010 al 2012. Anni in cui si stava venendo a formare, in maniera più o meno embrionale, il pensiero di Inoue riguardo le sorti di Vagabond.


Aprile 2010 – il capitolo 296, l’ultimo capitolo del volume 33, è appena uscito su Morning

Ci sono innumerevoli sottotrame in Vagabond. Poi stai portando avanti pure Real, che sembra quasi una storia dirottata da svariate sottostorie, mentre in Slam Dunk non sembrano esserci così tanti racconti secondari.

Inoue: Esattamente, potresti affermare che Slam Dunk non abbia sottotrame. Ma con Vagabond non penso che nessuna delle storie presentate sia una sottostoria. Non metto in relazione i duelli e la storia generale con tutto il resto del racconto. Vagabond è il viaggio di Musashi Miyamoto come persona. In Slam Dunk, le stesse partite erano racconti di vita, ma, nella maggior parte dei casi, non raffiguravano realmente ciò un individuo può vivere. Musashi progredisce scontro dopo scontro, ma non combatte tutti i giorni. La vita consiste più in tempo perso per cose vacue.

La vita è una serie di momenti in cui sei bloccato, incapace di andare avanti. Incontri persone e interagisci con loro, ti preoccupi, diventi depresso, e tutti questi sono passaggi fondamentali. Non li divido in storie e sottostorie. Slam Dunk era uno spokon sul basket, perciò era coerente proseguire la trama match dopo match, ma con Musashi ciò non funziona. Anche perché morirebbe praticamente subito.

C’è una qualche sorta di cambiamento che stai facendo disegnando Vagabond? Così come sei passato dal pennino al pennello…

Inoue: Un cambimento – e posta in questo modo potrà sembrare una visione egoistica – è sicuramente il fatto che io, fino ad adesso, abbia visto il mio lavoro come qualcosa di esclusivamente mio. Quando, invece, ultimamente sto iniziando ad apprezzare ed inserire le idee che mi vengono suggerite dall’esterno. Sto iniziando a depennare quel divario che avevo stabilito con gli altri in termini di lavoro. Attraverso alcuni consigli del mio editor riesco a osservare la mia opera in modo molto più chiaro, quando io, invece, non riesco a cogliere il lato oggettivo delle cose perché troppo profondo. Non è la prima volta che accetto idee altrui, ma è stata una scoperta non indifferente.

Quello che mi spaventa del prendere consigli dagli altri è il poter tradire le aspettative dei miei lettori – il trasformare le azioni e i pensieri di un determinato personaggio in qualcosa di iperbolico. Penso di aver mantenuto un equilibrio stilistico costante, anche se, a volte, il tratto potrebbe averne risentito. Tuttavia, ora, mi sento pronto nel prendere i consigli altrui e trasformarli in qualcosa di mio.

Dopo aver riletto l’intera storia dal primo volume, ho notato che sia lo stile che la trama hanno via via perso la loro rigidità iniziale. Sembra proprio che tu sia sotto l’influenza del romanzo di Eiji Yoshikawa.

Inoue: Inizialmente sì, non avevo ancora deciso quanta distanza prendere dal romanzo. È vero, ho iniziato attenendomi abbastanza strettamente al libro. Mi dissero che dovevo cercare un minimo di discostarmi dal racconto originale, ma ciò risultò complicato inizialmente. Comunque, non sono interessato a raccontare una storia – ciò che voglio disegnare è la rappresentazione, più poetica che narrativa, del samurai Musashi Miyamoto.

Poco fa mi hai detto: “Sarei davvero appagato nel disegnare semplici figure, ma poi non ci sarebbe una storia e non sarebbe un manga”.

Inoue: Mi piace il manga come forma d’arte, l’ho scelta perché riesco ad esprimermi attraverso essa perché sono bravo a disegnare, credo. Ma, mentre, il manga, inevitabilmente, cerca di divenire una narrazione, io non penso che stia ricercando una storia da raccontare. Non sono mai stato capace a raccontare storie. In Slam Dunk disegnavo partite di basket, con qualche simpatico elemento quotidiano in mezzo. Poi, il contenuto che fuoriesce sembra prestarsi bene ad una storia decente, ma questo non era il mio intento primario – io volevo riprodurre qualche bel match di basket e raffigurarlo in una tavola. Ho iniziato a rappresentare semplici disegni e ho finito per costruirvici una storia.

Da quando ho iniziato Vagabond, ci sono state volte in cui ho azzardato a dare una determinata struttura narrativa alla storia, ma, in realtà, l’effetto non è stato poi così diverso. Forse il problema risiede nel fatto che non abbia mai davvero provato a dar vita ad una storia.

Questa tematica è emersa anche quando ti riferivi a quanto sia ricorrente la staticità di Vagabond. Musashi è fermo, impossibilitato a muoversi. Spesso vediamo l’acqua nelle tavole, sorgenti che scorrono senza sosta, in contrasto con il protagonista. Musashi è inerte? Prima o poi si libererà? È ciò che sta cercando di fare? Questo è ciò che mi sorprende ogni volta che ci penso. Se hai già un finale ben definito per Vagabond, ed esso è alle porte, sarà una cosa di questo tipo?

Inoue: Dipende da quanto profondamente sarò in grado di immergere tutto me stesso nell’opera. Se dovessi raggiungere il punto in cui non conta più niente per me, forse sarò in grado di dirigermi verso il finale senza intoppi e senza sosta. L’unica mia esperienza in cui ho preso il ritmo giusto per creare un bel finale è stata con Slam Dunk, quindi è difficile dire se ciò avverrà anche con Vagabond. Forse è troppo tardi e ho perso l’occasione di entrare in quella parte del manga.


La nostra vita non è perfetta. Ma essere incompleti è ciò che ci spinge verso nuovi orizzonti. Se fossimo sempre e perfettamente soddisfatti, che significato assumerebbe il resto della nostra vita?

Takehiko Inoue

Ottobre 2010 – dopo aver tenuto una esibizione sui manga a Sendai durante tutta l’estate, Vagabond è andato in pausa in seguito ai problemi di salute di Inoue. Inoue si è sottoposto ad alcune visite mediche ma i dottori non gli hanno diagnosticato nessun problema.

Stai ancora soffrendo di qualche sintomo?

Inoue: Finché non faccio nessun tipo di lavoro, no. (ride) Con l’esibizione portata a termine e Vagabond in pausa, sto dormendo bene ultimamente, lo stress è diminuito. Non fumo, non bevo e controllo ciò che mangio, per cui, se non fosse per le ripetute nottate passate a lavorare, vivrei una vita salutare. Ho avuto tutte queste emicranie e non riuscivo a concentrarmi. Difficile dire se fossero causate dal lavoro, o dal non voler impegnarmi…

Ma dovresti sentire il desiderio di disegnare manga, comunque, no? Vagabond in particolare.

Inoue: Ho raggiunto un punto in cui non ero manco più sicuro di quello. Sono diventato incerto riguardo la destinazione dell’opera, non ricordandomi nemmeno da dove avevo cominciato. Tutto questo perché troppo occupato. Sono stato costretto a lavorare per così tanto tempo ad un progetto a causa di fattori esterni che mi son dimenticato di guardare dentro di me.

Con l’esibizioni come quella che hai appena terminato a Sendai, puoi letteralmente tornare indietro e ridefinire i confini: dall’entrata all’uscita. Con un manga, invece, sei di fronte ad un viaggio senza fine, con nessuna fine in vista. Questo è stressante per te?

Inoue: Direi totalemente il contrario, in realtà: il problema è che ho iniziato a pensare troppo al finale. Ho girato intorno ad esso per tutto l’anno, scrivendo pure sul mio blog. Anche l’esaurimento scaturito dall’esibizione ha preso parte in questo processo. Sembra essere un accumulo di più malesseri diversi.

Hai qualche vaga idea di quando Vagabond riprenderà la sua pubblicazione?

Inoue: Al momento non ho urgenza di lavorarci, ma so che, se non dovessi impegnarmi, metterei a soqquadro tutto il mio percorso. Questo è ciò che mi fa continuare finché non annuncio ufficialmente una pausa. Non penso sia una buona idea continuare così. Ciò che desidero è stare lontano da Vagabond fino a quando tutte queste emozioni e preoccupazioni non necessarie saranno sparite e a quando sarò pronto di disegnare perché spinto dal desiderio di disegnare. Non sono sicuro se potrò sopportare la pausa a lungo, penso.

Vedo questo hiatus come una sorta di suicidio del “me” artista, il che suona come qualcosa di molto più drammatico posto in questo modo, me ne rendo conto, ma è che sto trascinando così tanti “bagagli” da così tanto tempo e so che diventerò un migliore artista solo quando me ne sarò disfatto. Dopo essere ritornato a quello stato di iniziale innocenza, il manga che disegnerò sarà di svariate volte superiore rispetto a quello che sto portando avanti adesso.

Se dovessi ricominciare a disegnare prima di allora, ritornerei sempre e comunque a questo punto. Sarò pur in grado di agitare il manga in qualcosa di buono, penso, per puro senso del dovere professionale, ma non sarà nulla di davvero sorprendente. Sebbene il fatto che stia ancora parlando di come rendere il manga sorprendente sia già di suo un segno dei pesi che sto portando avanti faticosamente. Comunque sia, non toccherò Vagabond per ora. Penso che sia ciò di cui ho bisogno per produrre eventualmente qualcosa che io ritenga accettabile.


Chi conosce la delusione della sconfitta, può godere maggiormente della propria vittoria con lacrime di gioia. Chi tenta di non guardare la morte non sentirà mai di essere vivo. Mi chiedo se chi sa apprezzare quello che ha può sentirsi felice. Sembra un atto semplice, ma in realtà è complesso. Allo stesso tempo sembra difficile, invece è facile.

Takehiko Inoue

Dicembre 2010 – Vagabond rimane in pausa, nonostante ciò Inoue continua a lavorare a Real

Come ti senti in questi giorni?

Inoue: Sto bene adesso, penso. Non mi hanno visitato più da questa estate, ma il mio carico di lavoro è sparito grazie alla pausa, perciò mi sento meglio. Le emicranie sono andate vie, e questa è la cosa più importante. Ho dolori occasionali che colpiscono la schiena, ma forse è soltanto perché sto diventando vecchio. Comunque sia, non sono così sommerso di lavoro come prima. Una volta tolto di mezzo Real posso ritenermi soddisfatto per quest’anno. (ride)

Non hai ancora idea su quando ritornare su Vagabond?

Inoue: Nulla è deciso. Non ne abbiamo già parlato? Cosa ti ho detto nell’ultima intervista?

Due mesi fa ridevi riguardo a come il tuo editore del Morning abbia smesso di scriverti e-mail.

Inoue: Ah, giusto. Gli ho detto che non ho ancora voglia di preparare delle date precise. Anzi, no. Gli avevo chiesto se fosse stato possibile non serializzare sul magazine. Stavo pensando a serializzare Vagabond su una rivista che non fosse settimanale. Morning è una delle riviste maggiori, ed è un onore per me pubblicarci i miei lavori, ma al momento non riesco a produrre regolarmente capitoli.

E cosa ti ha detto?

Inoue: Voleva che Vagabond venisse pubblicato sul Morning, in qualunque forma fosse loro pervenuta. Non ho potuto lamentarmi di questa cosa.

Perciò ritornerai su Vagabond alla fine, no?

Inoue: Bhe, eventualmente, sì.

Stai pensando a cosa potresti cambiare?

Inoue: Non sto pianificando ancora nulla adesso. Ma voglio cambiare qualcosa da molto tempo ormai. Non riesco più a realizzare le venti pagine settimanali. Se dovessi tornare a queste tempistiche causerei problemi a tutti, perciò ho deciso che finirò con il metodo mensile. Penso che riesca a disegnare qualcosa per un certo lasso di tempo per poi rilasciarlo non appena abbia un numero abbastanza corposo di tavole. Così vago come sembra.

Pensi a Vagabond in questi giorni?

Inoue: Alcune idee mi appaiono in testa ogni tanto. Quando vedo qualcosa, indifferentemente dal fatto che sia un albero o un uccello, mi viene da pensarci. Ma anche con questi pensieri in testa non riesco a buttare su carta ancora niente.

Ti sei un po’ distaccato vedo. C’è qualcosa che ha solleticato il tuo interesse ultimamente?

Inoue: La prima cosa che ho fatto quando la pausa è divenuta ufficiale è stata iscrivermi in palestra. Non ero ancora iscritto fino ad allora, penso.

E riguardo a film e a libri?

Inoue: Non ho visto molti film ultimamente. Ho letto qualcosa, o comunque ho comprato un mucchio di libri. Ho moltissimi libri impilati che prevedo di leggere in futuro.

Non stai leggendo nessun manga ultimamente. Assolutamente niente.

Inoue: No, per niente.

Perciò stai continuando a lavorare soltanto su Real.

Inoue: Sì, però non sono totalmente disconnesso con la società. (ride) Ho sempre pensato che la cosa incredibile di Real sia il fatto che io possa disegnarlo sotto qualsiasi circostanza. Parte di questo lavoro lo ricevo dall’editore – tutte le ricerche che fa, il modo in cui soltanto lui sa motivarmi, eccetera. Ma mentre Real e Vagabond sono due manga, vedo Real sotto un’ottica più professionale. Se Vagabond è un tentativo di scappare dall’essere circondato da ciò che dovrebbe essere un manga, allora Real rappresenta me stesso quando lavoro all’interno di quella cornice.

Cosa pensi possa succedere se continui a non lavorare su Vagabond?

Inoue: Sono andato in pausa qualche mese fa, e, una volta ritornato sulla serie, mi sono accorto che Musashi sembrava diverso. Dopo una lunga pausa non cambiano soltanto gli artisti ma anche ciò che vanno a disegnare. Sarebbe davvero incredibile, in un certo senso, se Musashi ritornasse in uno stile simile a quello di Tensai Bakabon.


Preoccupato per la foglia, non percepirai l’albero. Preoccupato per l’albero, non percepirai la foresta. Non preoccuparti di un singolo punto ma guarda il problema nella sua interezza. Questo è ciò che significa davvero “vedere”.

Takehiko Inoue

Settembre 2011

Come hai passato la tua estate?

Inoue: Ho un nuovo editore per Vagabond. Ci stiamo incontrando una volta al mese per discutere di alcune cose. La pressione dentro di me sta crescendo sempre di più.

Pressione?

Inoue: Sto iniziando a pensare sempre più a come proseguire il mio manga. Qua e là avverto il bisogno incessante di disegnare. Non riesco a promettere ancora niente quindi il mio editore sta fronteggiando una grande pressione proveniente dal direttore e dal personale, che vorrebbe sapere come procede la situazione. Riesce a occuparsi di queste cose da sé e continua a dirmi di tornare sulla serie non appena abbia riacquisito il giusto umore.

Sei stato in pausa altre volte. Come hai lavorato durante quei periodi?

Inoue: C’è stato un periodo, intorno ai volumi 20 e 21, che si è rivelato davvero drastico per me, perciò ho dovuto accantonare la serie per più di un anno. Lo stimolo di disegnare iniziò a palesarsi sempre meno sporadicamente, fin quando non ho provato piacere nel continuare il volme 21. Il cambiamento si è avvertito pure nel mio stile: le facce dei personaggi sono cambiate moltissimo, perché tutto quell’impeto represso del voler disegnare mi rese molto più attento ad ogni singolo dettaglio. In un certo senso la pausa è anche rigenerante.

Vagabond è ancora in pausa, ma stai andando avanti con Real. Le due serie sono così diverse l’una dall’altra?

Inoue: Totalmente differenti. Con Real, non mi preoccupo quasi mai di creare qualcosa di completamente originale o di esprimere alcuni concetti in modo più “stiloso“. Per Vagabond, invece, provo a dar vita a nuove cose attraverso la mia arte e provo a disegnare al massimo delle mie capacità. In questo senso, Vagabond è puro divertimento, mentre Real sono io che disegno regolamente con le mie normali abilità. Come se avessi due diverse modalità.

Ci sono elementi di Real che tu non hai provato in prima persona – tipo l’uso della sedia a rotelle – ma, in generale, è più realistico rispetto ad un manga come Vagabond.

Inoue: Ovviamente non ho esperienze di questo tipo, perciò sono minuzioso nello svolgere ricerche inerenti a tutto ciò che sta dietro a Real, il che è totalmente differente dall’elaborazione di Vagabond. Il primo lo ritengo quasi un lavoro di assemblaggio: prendo tutto il mio materiale e lo unisco. Nel secondo, invece, subentra pure il fattore introspettivo. Non ci sono formule. Vagabond è come correre su una montagna o nuotare in un fiume, non ci sono regole, ma devo utilizzare tutto ciò che ho dentro, per tutte le circostanze – ecco perché il lavoro è così estenuante.

Sto facendo grandi sforzi per portarmi avanti con Real ultimamente. Ho riscoperto una gioia che Vagabond non ha saputo mai donarmi – la gioia di realizzare manga e di essere un mangaka professionista. Finora avevo seguito schemi consequenziali precisi, partivo dall’inizio fino ad arrivare alla conclusione del capitolo. Con l’ultimo capitolo, invece, ho provato a disegnare una serie di bozze per poi riallacciarle tutte insieme.

Uscendo fuori tema un attimo: hai visto The Three of Life di Terrence Malick quest’estate?

Inoue: Sì. Sapevo che non avrei dovuto perdermelo. L’ho visto recentemente, in realtà. Un capolavoro. Mi ha ricordato un po’ 2001: Odissea nello Spazio – escono entrambi dalla normale concezione di film. Guardandolo mi chiedo come sia possibile realizzare scene tanto dettagliate – come avranno fatto ad ottenere l’appoggio dei produttori? Mi ha davvero impressionato come film.

C’erano scene davvero bellissime, tipo le varie increspature dell’acqua. Penso che alcuni elementi possano essere condivisi con Vagabond.

Inoue: Nel volume 11 ci sono alcune immagini ritraenti la natura – rocce, fiori – e ho avuto qualcuno che prima diceva che non capiva di cosa si trattasse. Non sono sicuro di darti il giusto significato dietro questi aspetti della natura, ma, fondamentalmente, voglio che qualcosa di essi restasse nelle persone. L’idea è che il lettore senta qualcosa, e che quindi quel qualcosa rimanga con lui, qualunque esso sia.

Penso che guardare un film come The Tree of Life mi abbia dato coraggio come creatore. Come posso prendere concetti universali, come la vita e l’anima, e dar loro forme affinché possa condividerle con il resto del mondo? Vedere quanto gli altri mangaka si impegnano mi aiuta con questioni del genere. Se ti concentri troppo sul rendere semplice da capire un concetto limiti te stesso. Il mio obiettivo è sempre stato dare vita a qualcosa di non ben definito, perciò traggo coraggio quando vedo opere d’arte che hanno lo stesso intento.

Ogni tanto senti come se non fossi in grado di esprimere tutto te stesso attraverso il manga?

Inoue: Se dovessi descrivere un manga, lo rappresenterei come qualcosa di economico e facile da leggere, qualcosa di divertente, qualcosa che parola di qualcos’altro. C’è moltissimo spazio per provare cose differenti all’interno di questa cornice, ma, alla fine, è necessario sia qualcosa che debba essere capita. Non ha senso realizzare qualcosa che non può essere capito dalla maggior parte del pubblico. Quindi, quando stavo disegnando Slam Dunk su Shonen Jump, lavoravo con il vincolo di dar vita a qualcosa che avrebbe dovuto vendere molto. Potresti paragonare questo mondo ad un parco divertimenti – vuoi che le persone si divertano e che se ne vadano dicendo “È stato bellissimo!”. Ma questo denigra ciò che voglio fare io. Il mondo ha bisogno di manga del genere, dove ognuno può divertirsi, ma io decisi di intraprendere un’altra via.

Ma sto cercando di mirare ad un pubblico vasto. Penso che là fuori sia pieno di cose che non necessitano di raggiungere un pubblico di massa, ma, personalmente, non voglio lavorare nel mondo indie. Ho provato abbastanza duramente a raggiungere un pubblico molto grande e a far qualcosa che le persone capissero. Tuttavia, d’altro canto non volevo nemmeno che tutti capissero completamente il significato dietro ciò che faccio. È un bilancio ambiguo.

Mi sento bene attualmente. Devo accettare il fatto che io sia maturato. È qualcosa che ho sempre ritenuto vera, ma ci è voluto tempo per visualizzare concretamente il fatto che non debba necessariamente essere l’artista migliore di tutti oppure l’artista più discusso e sulla bocca di tutti. Se questo manga ha raggiunto questo punto, allora non è un problema per me scrollarsi di dosso tutte queste critiche inerenti alla lentezza della pubblicazione.

In realtà, non è mia indole disegnare senza avere un contatto con il pubblico. Ora, ovviamente le cose non sono andate così tragicamente ma mi sento come se dovesssi accettare questa cosa talora succedesse. Non so proprio come chiarire la questione…

Stai dicendo che andrai ad illustrare questo processo di maturazione nel tuo manga?

Inoue: Intendo dire che non è un male il fatto che le mie opere diventino manga di nicchia e sono pronto a provare a diventare un po’ più intorpidito. Una parte di me ha già accettato questa cosa tempo fa, ma davvero, se dovessi sentire la solita critica – “ma il manga non è ancora finito?” – il me di qualche giorno fa si sarebbe arrabbiato, ora, invece, penso che potrei prenderla con più disinvoltura.

Se dovessi proporre una metafora con la musica, è come se non mi interessasse suonare al Budokan piuttosto che al Toyko Dome o in qualunque altro posto, perché suonare in strada, in qualche angolo della città risulterebbe rilassante. Ciò che voglio fare è ripescare il divertimento che provavo nel disegnare manga senza essere incancrenito in questo sistema di influenze esteriori. Disegnare quando sento di disegnare.

Un discorso che non sembra legato alla maturità e alla vecchiaia quanto alla volontà di tornare indietro in un passato dalle tinte giocose ed innocenti.

Inoue: Hey, hai ragione! Dicono che, più cresciamo, più tendiamo a diventare infantili. Questo significa che sto diventando vecchio. O magari molto giovane…

Non ho ancora riflettuto profondamente su questi argomenti. Potrei cambiare modo di pormi e iniziare a pensare che tutto ciò sia sbagliato.


Tutta la vita di un samurai è soggetta alle leggi dell’armonia con i suoi tempi e le sue cadenze, quando agisce bene e vince o quando sbaglia e perde.

Musashi Miyamoto

Considerazioni finali

Quanto può influire l’interiorità dell’autore su un’opera di carattere storico-monumentale?

Quest’intervista è stata molto esplicativa riguardo a due delle domande più importanti emerse in questo periodo di “decantazione” dell’opera.

La volontà di raffigurare un dato oggettivo come la storia secondo i canoni della proprià interiorità è qualcosa di legittimo? Le domande ben mirate ma mai esplicite di colui che si occupa di intervistare il maestro Inoue spiegano questa cosa con estrema chiarezza. L’autore, soprattutto negli ultimi anni, in un periodo relativamente vicino ad oggi – il 2010 – si è completamente perso all’interno degli oscuri meandri del suo labirintico “io”.

Proprio qui risiede il fatale errore. Per un gran numero di capitoli la volontà di Inoue era quella di trascrivere la vita di colui che sarebbe divenuto il più grande samurai del mondo, magari, usufrendo di qualche licenza professionale, rivisitandola di qualche nota sul piano tecnico e filosofico. Da un certo punto in poi, l’autore ha voluto immergersi ancora più nella sua creazione, facendo trasparire il lato introspettivo nel lato storico, il che ha creato un turbinio di dilemmi.

Ad oggi, come l’intervista chiarifica più volte, per Inoue è davvero complicato trovare quell’armonia per continuare il manga, poiché non si tratta più di un’analisi quasi del tutto distaccata del fatto storico ma dello svisceramento di sentimenti ed emozioni di Musashi e degli altri personaggi, i quali non sono divenuti altro che rappresentazioni di Inoue.

Che sorte spetta a Vagabond?

Sembra più che giusto chiudere questo reportage con questa domanda. Ma allora qual è il destino di Vagabond, capolavoro del manga e del fumetto in generale? Se la situazione dovesse restare così inerte la risposta risulterebbe davvero complicata e frettolosa.

Dall’intervista si evince palesemente l’insicurezza e lo scetticismo dell’artista riguardo il suo capolavoro. A volta non sa cosa rispondere, non sa da dove partire per disegnare, non sa cosa pensare. Sono ormai 5 anni che il manga resta fermo, atrofizzato e questa intervista è l’unica fonte che abbiamo in cui viene presentato il parere più “umano” di Inoue riguardo Vagabond.

Si nota moltissimo anche la cura e la dedizione dell’autore per la sua opera, un interesse quasi morboso logorato dall’ansia del futuro. Proprio come afferma l’artista, è come se il manga si fosse “umanizzato”, ha bisogno dei suoi tempi in base alle proprie esigenze. Purtroppo, la riposta la conosce soltanto Inoue, nonostante ciò da questo breve documentario molti hanno scorto il tramonto di un’opera, un’opera amata dall’autore ma sporcata dalla paura.

E questi non sono necessariamente malus, perché il rapporto autore-opera trova un esempio dolce ed efficace con Vagabond. Inoue ha creato un manga unico nel suo genere, un manga speciale e dalla fattura più straordinaria. Una storia cha attirato moltissimi lettori proprio per queste sue peculiarità e che continuerà ad attanagliarne molti intorno a questi dubbi, che possa finire, che possa restare fermo per sempre al capitolo 327, che possa andare avanti ancora di un capitolo.

Fonte: mangabrog

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