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Quattro chiacchiere con Shuzo Oshimi: alle radici del male

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Shuzo Oshimi è senza ombra di dubbio uno degli artisti più talentuosi degli ultimi anni: dopo “I fiori del male“, divenuto ormai un classico nella sua nicchia, le narrazioni dell’autore sono divenute più organiche e strutturate su un canone filosofico e psicologico comune. Dall’artificio narrativo dello scambio dei corpi presente in “Dentro Mari” alla sperimentazione artistica di “Happiness“, l’opera di Oshimi ha seguito cristallini leitmotiv: dalla figura della femme fatale alla crisi adolescenziale, passando per l’ipostasi dell’amore e una certa pulsione viscerale alla mimesi sessuale.

L’articolo che segue non è che una traduzione di due distinte interviste svolte a quattro anni di distanza l’una dall’altra.

“I fiori del male”, ovvero la dialettica tra “amore puro” ed erotismo

La prima delle due interviste è totalmente incentrata su quello che da moltissimi lettori è definito il capolavoro di Oshimi, “I fiori del male“. Shōnen rivoluzionario per quello che concerne l’ampio guscio dei manga sentimentali, il titolo è stato acclamato fuori dalla patria, ricevendo, in Giappone, grandi riconoscimenti. La storia del pacato e remissivo Takao Kasuga, solcata dai primi traumi esistenziali e i primi amori morbosi, ha saputo scuotere gli animi dei giovani giapponesi. Scisso tra Sawa Nakamura e Saeki Nanako, due personaggi la cui caratterizzazione magistrale risulta agli antipodi, quale scelta renderà più felice il ragazzo?
Nelle prossime righe l’autore ci spiegherà l’origine e i segreti di questo cult a fumetti districato tra torbido sentimentalismo ed emarginazione sociale. Contiene, inoltre, una parentesi su un altro suo titolo interessante.


[La seguente intervista è avvenuta il 16 maggio 2014. I fiori del male” ha appena terminato la sua serializzazione. Shuzo Oshimi sta pubblicando “Dentro Mari“.]

L’origine de “I fiori del male

I quattro anni e mezzo di serializzazione sono terminati. Come ti senti ora?

Oshimi: Mi sento come svuotato.

Ti senti sollevato?

Oshimi: Non mi sento sollevato. Poco dopo aver concluso “I fiori del male” ho iniziato a pensare all’opera successiva. Mi sento ancora un po’ stordito.

Quando hai finito di scrivere la storia?

Oshimi: Durante la Golden Week [celebre evento svolto tra il 29 aprile e il 5 maggio, N.d.T.].

Quindi davvero pochissimo tempo fa, una settimana fa.

Oshimi: Esatto, è appena finita.

Per quanto riguarda la pubblicazione, questa ha risentito di una peculiarità. Infatti, l’opera è stata serializzata il 9 settembre 2009 sul primissimo numero di Bessatsu Shounen Magazine, all’epoca una rivista totalmente nuova. Suppongo sia abbastanza semplice trovare lettori su riviste già affermate sul mercato; com’è stato, invece, il tuo caso?

Oshimi: In realtà, in quel periodo, non ero particolarmente interessato al numero di lettori. (ride) Tuttavia, dato che per molto tempo ho disegnato su riviste seinen, ho pensato potesse essere interessante intraprendere una serializzazione in una rivista shōnen.

Quindi è la primissima volta che scrivi per una rivista shōnen?

Oshimi: Esatto, questa è la mia prima volta. Fino ad allora non avevo mai scritto su una rivista per ragazzi.

Ho letto il tuo mook biografico1.

Oshimi: Sì, i manga shounen sono completamente assenti nella lista.

Che tipo di immagine avevi dei manga shōnen?

Oshimi: Ho letto Weekly Shōnen Jump quando ero alle elementari. Ecco perché ho impressa nelle mente un’immagine di Outer Zone [manga di Shin Mitsuhara, pubblicato sulla rivista tra il 1991 e il 1994, N.d.T.]. Ho pensato in un primo momento: “È una rivista per ragazzi, dovrebbe essere un lavoro abbastanza impostato”. Ma quando ho incontrato per la prima volta l’editor e il responsabile della rivista e ho parlato con loro, non sembravano quel tipo di persone. Così ho pensato: “Oh, posso fare quello che voglio”. (ride)

Quando una rivista viene pubblicata per la prima volta, spesso ha un tema preimpostato. Per Weekly Shōnen Jump, per esempio, si dice spesso “amicizia, sforzo e vittoria”. Per quanto riguarda Young Magazine, invece, da quel che si diceva, il motto sembrava essere: “un po’ più piccolo”.

Oshimi: Ah, non lo sapevo.

Adesso è ancora presto, ma sono sicuro che, con il passare degli anni, la rivista migliorerà. Per il momento, il tema portante del Bessatsu Shōnen  Magazine è la “disperazione”2.

Oshimi: Sì, la disperazione. (ride) Ho anche sentito “speranza nella disperazione”. Ma penso che “disperazione” abbia un impatto maggiore sui lettori, non è vero?

Eravate consapevoli di questo?

Oshimi: Fin dal primo momento mi son concentrato per non pensare al target della rivista. Jung-hyun Park, caporedattore della rivista, fin dal nostro primo incontro ha fatto riferimento a Jun’ichiro Tanizaki e “Himizu” [noto manga di Minoru Furuya, pubblicato su Young Magazine a partire dal 2001, che, con la tormentata storia di Sumida, ispirerà molte altre opere drammatiche, N.d.T.].

Durante un programma radiofonico3 hai affermato che, quando scrivi un’opera, prima ti concentri sulla tematica principale e poi sviluppi l’ambientazione.

Oshimi: Esatto. Il tema da cui decido di partire solitamente è astratto, per “I fiori del male” questo era l’uscita dalla pubertà. All’inizio ho pensato semplicemente a cose da adolescenti e al tema della perversione.

È perverso effettivamente. (ride)

Oshimi: Non volevo che finisse per essere una tipica storia adolescenziale, o una tipica storia da chuunibyou [definito anche “sindrome della seconda media”, è un particolare stato psicologico ravvisabile in determinati adolescenti o adulti, che, legati morbosamente ai personaggi delle loro opere preferite, finiscono per immedesimarvisi in maniera inopportuna, N.d.A.]. Inoltre, il responsabile editoriale mi ha pure raccomandato di inserire la tematica dell'”amore puro”, su cui ho riflettuto, passando notti insonni.

A suo modo, è sempre stato “amore puro”.

Oshimi: Sì, a modo mio. Beh, come dire, credo sia impossibile per me disegnare una storia che abbia come colonna portante un amore puro ed allegro.

L'”amore puro” di un ragazzo cresciuto in un luogo dove non splende il Sole.

Oshimi: Sì, riflettendo sulla mia personale accezione di “amore puro”, mi è venuta in mente la storia di un furto di vestiti da ginnastica.

I tuoi lavori precedenti, come “Yutai Nova” e “Drifting Net Café”, presentavano un’ambientazione ed una trama davvero d’impatto. Rispetto a queste, il “furto dei vestiti da ginnastica” sembra un po’ sottotono. In realtà non è così. Forse è perché gli altri due sono davvero troppo d’impatto (ride).

Yuutai Nova e Dridting Net Cafè
Sopra: illustrazione realizzata per la nuova edizione di “Yuutai Nova“, raffigurante Mahoro Ikaruga.
Sotto: illustrazione raffigurante Kaho Tonoo di “Drifting Net Café“, fortemente ispirata da una famosa illustrazione di Tetsuo disegnata da Katsuhiro Otomo.

Oshimi: Senza dubbio è molto forte (ride).

All’inizio hai avuto qualche preoccupazione?

Oshimi: Al contrario, stavolta ero cosciente di quanto fossero di primo acchito poco intriganti storia ed ambientazione.

Hai cercato di renderla una storia il più possibile ordinaria?

Oshimi: Esatto. Di solito, prima della stesura della storia, decidevo una tematica da affrontare e, al momento di trasformare la storyline in un vero e proprio manga, sceglievo un’ambientazione, spesso fantascientifico. Tuttavia, a volte, mi son ritrovato stretto all’interno della narrazione e, come se l’ambientazione mi risucchiasse, ho dovuto faticosamente giustificare elementi totalmente estranei alla trama che avevo pensato. Per esempio, in “Drifting Net Café” è risultato molto complicato collegare il motivo della deriva con la trama. A questo punto ho deciso di creare una storia meno fantascientifica e più introspettiva e quotidiana: un racconto che seguisse le vicende di alcuni studenti ed il loro sviluppo psicologico.

Sento spesso storie di ragazzi che rubano il cambio da ginnastica delle loro compagne o che poggiano le labbra sui flauti e sui fischietti usati poco prima.

Oshimi: Proprio così. Oppure c’è chi si strofina sulla scrivania. Che ci sia o meno Nakamura nascosta da qualche parte, penso che quella de “I fiori del male” sia una storia che possa capitare a chiunque.

Piccola parentesi su Sweet Poolside

La trasposizione cinematografica di “Sweet Poolside” è prevista per il 14 giugno. Hai già visto un’anteprima?

Oshimi: L’ho visto un po’ di tempo fa. In concomitanza con l’uscita nelle sale, illustrerò un’edizione speciale per il manga.

Sarà pubblicato sul Bessatsu Shōnen Magazine?

Oshimi: Sì. Ho intenzione di rivisitare la scena della rasatura dei capelli, magari focalizzandomi su un’inquadratura frontale.

Hai disegnato “Sweet Poolside” ormai dieci anni fa. Cosa provi a rileggerlo?

Oshimi: È davvero terribile. (ride) Però mi fa riflettere su quanto io stia dando tutto me stesso per quello che faccio.

Si possono rileggere le proprie opere con obiettività?

Oshimi: Non sono il tipo di persona che legge molto. Posso rileggere tranquillamente “Sweet Poolside“, ma non posso assolutamente rileggere “Drifting Net Café“. Sarebbe troppo imbarazzante.

Qual è la differenza?

Oshimi: L’ho disegnato come un amore pallido ed ordinario. La mia storia d’amore alle scuole medie non è mai stata una vera e propria storia d’amore, ma mi ha lasciato un trauma non indifferente. È un’opera con una profonda relazione amorosa, quasi a voler affermare il mio amore per la mia prima cotta. Penso che questo sia ingiusto nei confronti di mia moglie e il senso di colpa non fa altro che rendere impossibile la lettura.

Però ci sono moltissimi contenuti simili nei manga shōjo.

Oshimi: Questo è vero. La stessa cosa è successa a Yumi Matsutoya, con una canzone dedicata all’uomo da cui si era allontanata.

Nel caso di Yuming, però, c’era il marito di mezzo.

Oshimi: È una questione complicata. (ride)

Avrei voluto pubblicizzare il film, ma abbiamo completamente sviato.

Oshimi: “Sweet Poolside” è un film molto interessante. (ride)

Sweet Poolside
Shuzo Oshimi con la locandina del film di “Sweet Poolside“.

Metamorfosi

Tornando a “I fiori del male”, quanto hai riflettuto sull’inizio della storia e sui suoi concetti?

Oshimi: Non ricordo, in realtà. Ma il responsabile editoriale mi disse: “Questa serie si concluderà con il terzo volume”. In definitiva, dopo la conclusione del volume tre, che vede i tre protagonisti recarsi in montagna per raggiungere l'”altra parte” e poi essere fermati dalla polizia, c’è stata soltanto una breve pausa.

Sono su per giù i volumi coperti dall’anime.

Oshimi: Sì, tra l’altro l’adattamento finisce anche in maniera più pungente.

Inizialmente pensavi potesse finire lì?

Oshimi: No, non era una decisione fissata troppo severamente. Mi sembra di aver iniziato senza pensare troppo al futuro. Avevo una vaga immagine sul futuro dell’opera: avrei voluto creare un particolare tipo di atmosfera, ma all’epoca non sapevo ancora come realizzarla.

E per quanto riguarda lo sviluppo dopo il terzo volume?

Oshimi: Non ho mai guardato al futuro, ma ho seguito piuttosto ciò che era inevitabile in quel momento. Mi sono concentrato sul disegnare ciò che era necessario. Dopodiché, gli incaricati correggeranno i vari errori, il più delle volte inerenti a sentimenti non del tutto collegati ed accurati. Se ti focalizzi su un dettaglio trascurabile, finirai per avere un manga deludente e noioso. Ci sono sempre potenziali soluzioni per ogni errore e, in quel caso specifico, la soluzione migliore era seguire le correzioni. Sono consapevole di essermi attenuto ad un copione molto rigido, disegnando soltanto ciò che realmente mi serviva.

Talvolta diviene asfissiante anche disegnare soltanto il necessario. Tuttavia, questo senso di oppressione potrebbe trasformarsi in una tensione al lavoro.

Oshimi: Questo è vero. Quando succede, si è a cavallo.

Prima hai detto: “Ho disegnato soltanto ciò che ritenevo necessario”, ma man mano che la storia prosegue, la quantità di dialoghi e monologhi diminuisce drasticamente.

Oshimi: Sì, sono diminuiti. (ride)

È il risultato del taglio di qualcosa di superfluo?

Oshimi: Sento come se la “grammatica” fosse cambiata.

Intendi la grammatica del fumetto?

Oshimi: Sì, all’inizio mi sembrava di disegnare con la stessa sintassi utilizzata per le vecchie opere. Era come se fosse un gag manga.

Io all’inizio pensavo fosse un’opera simile alle precedenti, ma poi hai cambiato decisamente posizione. Anche lo stile di disegno è cambiato molto, vero?

Oshimi: Sì, esatto. (ride)

Penso che anche i tuoi sentimenti siano cambiati drasticamente durante il corso della serializzazione.

Oshimi: Mi sono reso conto soltanto di una parte di questi cambiamenti. Molti sono avvenuti inconsciamente. Non riesco ad analizzare obiettivamente le mie opere.

Così, come per la storia, hai disegnato “ciò che era adatto in quel momento” e di conseguenza anche tu stesso sei cambiato.

Oshimi: All’inizio disegnavo tutto in digitale, sul mio computer. Quando osservavo le tavole sul monitor, mi accorgevo di quanto allungate e piatte fossero le facce dei personaggi. Dal quarto volume in poi, ho preso dimestichezza con il computer. Sono consapevole del fatto che le tavole, da allora, siano divenute più nitide. Alla fine, intorno al sesto o al settimo volume, sono passato completamente all’analogico: disegnare al computer non mi piaceva più.

Siamo intorno al festival estivo?

Oshimi: Sì, con l’apertura della seconda fase dell’opera sono passato totalmente all’analogico. All’inizio gli sfondi non erano che fotografie ricalcate, da quel momento in poi ho iniziato a disegnarli a mano.

Cosa ti ha portato a tornare alle modalità precedenti?

Oshimi: Mi è venuta voglia di disegnare a mano. Non ci sono altre ragioni. Ho pensato che sarebbe stato di gran lunga più adatto. Dopo aver disegnato il finale, ho pensato di aver fatto una buona scelta.

Copertine d’impatto

Oshimi: All’inizio della pubblicazione ero impaziente e pensavo che l’opera non fosse di gradimento ai lettori4.

In che senso?

Oshimi: Continuavo a pensare: “Se l’opera non vende, siamo in guai seri”. Ricevevo pressioni da più direzioni, soprattutto quelle del direttore responsabile. Dovevo assolutamente far vendere l’opera.

In questi casi, se la serie non vende bene, con grande probabilità, verrà cancellata quasi subito.

Oshimi: Sì, di fatto finisce (ride).

― (ride) Per vendere di più si trovano sempre un sacco di idee geniali, vero? Tu a cosa avevi pensato?

Oshimi: Non ho fatto assolutamente nulla in termini di contenuto. Che mi abbiano aiutato le copertine?

Ti riferisci alla frase sulla copertina del primo volume? “Insetti di merda”? [nell’edizione italiana la frase all’interno dei balloon dei primi tre volumi non è tradotta −in questo caso, la frase di Sawa Nakamura è una delle sue più ricorrenti, “クソムシが5, N.d.T.].

Oshimi: Ero consapevole dell’impatto che avrebbe avuto la copertina.

Effettivamente, so che ha suscitato grande scalpore nelle librerie. Inoltre, dal volume quattro in poi, cambiano totalmente. Che reazione hanno avuto i lettori?

Oshimi: Ho sentito che moltissime persone non riuscivano più ad individuarlo in libreria. Credevano si trattasse di un’opera diversa. Ma il responsabile editoriale l’accolse a braccia aperte.

Sei stato tu a proporre di cambiarle?

Oshimi: Sono stato il primo a suggerirlo. Ma ci pensai davvero molto. Avevo già utilizzato i tre personaggi principali nelle copertine dei primi tre volumi, mi chiedevo se valesse la pena continuare con i “balloon”. Anche l’atmosfera dell’opera stava cambiando, quindi ho pensato che sarebbe stato interessante un drastico taglio anche per le copertine.

Le copertine cambiano di nuovo con il settimo volume, ovvero con gli anni del liceo.

Oshimi: Nel corso di tutta l’opera ho utilizzato un simbolo ispirato ad una delle illustrazioni che Odilon Redon fece per “I fiori del male” di Baudelaire [in più opere traspare l’amore spassionato di Oshimi per Redon, artista simbolista della seconda metà dell’Ottocento, che, in più dipinti, illustra uno strano fiore nero con un occhio al suo interno, N.d.A.]. All’inizio della sua carriera artistica, l’artista realizzò soltanto opere in bianco e nero; soltanto negli ultimi anni iniziò a realizzare bellissimi dipinti a colori. Il mio vuole essere un tributo.

Aya Tokiwa I fiori del male volume 7
Dettaglio della copertina del settimo volume ritraente Aya Tokiwa: è considerata una delle cover più belle dell’opera. Il lavoro svolto è minuzioso ed elaborato: ogni tre volumi, il pattern delle copertine cambia, così come il loro materiale. Inoltre, è interessante notare il richiamo della cover dell’ultimo volume alla cover del primo volume.

Quando avete deciso di terminare la serializzazione?

Responsabile editoriale: Fu un bel po’ di tempo fa. All’epoca entrambi sentimmo come se l’opera stesse per finire.

Oshimi: Verso la confessione di Kasuga a Tokiwa.

Quindi, verso il nono volume, vero? Avevate già deciso lo sviluppo per la fase finale dell’opera?

Oshimi: Avevo deciso che Takao sarebbe tornato a Gunma, per poi andare da Nakamura. Nel capitolo successivo, l’opera si sarebbe conclusa. A quel punto, verso il volume nove, eravamo ancora incerti su come concludere l’opera dopo l’incontro con Nakamura.

Leggendo l’intera storia fino all’epilogo, è facile notare le stesse battute e le medesime scene in situazioni diverse. Per esempio il “Sei felice, adesso?” di Saeki. La sfumatura che traspare è totalmente differente. L’hai fatto consapevolmente?

Oshimi: In realtà, è avvenuto in maniera abbastanza inconsapevole. L’ho notato quando ho partecipato ad una riunione per la sceneggiatura dell’anime. Ci sono dei motivi che vengono spesso ripetuti.

Come i vari riferimenti a Baudelaire.

Oshimi: Non ci avevo fatto caso. Stavo comunque pensando a qualcosa come: “ripetere in continuazione una cosa e tornare allo stesso posto di sempre”.

Siete arrivati all’ultimo capitolo con in mente questa idea della ripetizione?

Oshimi: Esatto, il capitolo finale non coincide con l’epilogo della storia, ma con un nuovo inizio.

L’ultimo capitolo ha due colori.

Oshimi: Mi venne chiesto: “Dato che è il capitolo finale, vuoi usare i colori?”. All’inizio erano previsti quattro colori. Negli ultimi anni, ci sono molti manga che terminano le loro serializzazioni con capitoli a colori. Ho anche pensato potesse funzionare, ma poi, ripensandoci, mi son domandato se quattro colori fossero adeguati per questa storia.

Sono soltanto piccolezze.

Oshimi: Ho pensato fosse inadeguato. Piuttosto, ho voluto procedere in bianco e nero, per poi, in un preciso punto della narrazione, aggiungere improvvisamente il colore rosso.

Sì, da una certa onomatopea.

Oshimi: È come se il mondo cambiasse improvvisamente o si colorasse. In realtà, tutto è un omaggio a “Nejishiki” [leggendaria storia breve scritta da Yoshiharu Tsuge su Garo nel 1968; l’opera, oltre ad essere citata da un ingente numero di autori, rappresenta uno dei più importanti manifesti del gekiga e del watakushi manga. Venne inizialmente pubblicata con un arancione acceso e simbolico, per poi essere riproposta in bianco e nero nelle successive edizioni, N.d.T.].

Cosa è accaduto tra la pubblicazione del capitolo finale sul Bessatsu e la pubblicazione dell’undicesimo volume del manga?

Oshimi: Ho rinunciato ad inserire quelle tavole a colori nel tankōbon. Il prezzo sarebbe salito.

Nejishiki
La tavola più celebre di “Nejishiki” ed una delle illustrazioni più iconiche e memorabili nell’ambito del manga alternativo. Numerosissimi autori si sono ispirati a questa tavola, in particolare, e all’opera di Yoshiharu Tsuge, in generale: in questo caso Oshimi ha preso come spunto l’acceso e minaccioso arancione del racconto per le sue pagine rosso sangue.

Da Charles Baudelaire a Joël Séria

Hai dovuto rileggere “I fiori del male” di Baudelaire prima di cominciare l’opera?

Oshimi: Assolutamente no. Non ho osato nemmeno sfogliarlo. Ho voluto rappresentare l’immagine che mi ero fatto leggendo il libro alle medie. Pensavo che, rileggendolo, mi sarei potuto lasciar trasportare in quel passato, cambiandone la prospettiva. Se dovessi rileggerlo ora, lo leggerei sicuramente con altri occhi.

Sarebbe interessante organizzare un incontro al LOFT/PLUS ONE per leggere tutti insieme “I fiori del male”.

Oshimi: Non saprei. (ride) Ovviamente qualcosina ho letto. Dopo il primo arco mi son chiesto se valesse la pena darci una rilettura.

Per dare un’immagine più vivida dei tuoi ricordi delle scuole medie, non hai preso in mano la raccolta fino alla fine della prima parte?

Oshimi: In realtà l’ho fatto. Ad un certo punto, Kasuga legge “I fiori del male” con la traduzione di Yoshio Abe. Siccome alle scuole medie solitamente si legge la traduzione di Horiguchi Daigaku, dovetti andar a cercare quella più recente di Abe.

Com’è questa nuova traduzione?

Oshimi: Interessante e molto facile da comprendere. Quando ero alle medie, lo lessi soltanto per darmi un tono, ma, rileggendolo, mi sono accorto di quanto fosse stupendo.

Per darti un tono. (ride) Quando Kasuga afferma di star leggendo “I fiori del male”, nel primo capitolo dell’opera, mi son venuti in mente i ricordi che ho delle scuole medie.

Oshimi: Ci sono molte persone che si possono identificare in quella frase. (ride)

A proposito, quando hai visto “E non liberarci dal male”?

Oshimi: Credo stessi disegnando il primo volume. Ho avuto il piacere di incontrare Tomohiro Machiyama: colse immediatamente la citazione alla pellicola.

Coglierla dopo il settimo volume non è difficile, ma, per sottolinearla dopo il primo volume, ci vuole un occhio esperto.

Oshimi: Rimasi molto sorpreso. All’epoca non avevo ancora visto il film, ma ascoltai tutto il suo podcast dedicato all’opera. Mi ha impressionato molto e per questo credo che la pellicola abbia avuto effetti anche sul mio manga. Inoltre, sono palesi le correlazioni tra il fumetto ed il film: non soltanto per i frequenti richiami a Baudelaire e a “I fiori del male“, ma anche per il titolo [già di per sé un titolo di non facile trasposizione, quello di “E non liberarci dal male” è stato presentato in giapponese come “小さな悪の華”, ovvero “I piccoli fiori del male“, condividendo gli ultimi tre kanji con il titolo di Oshimi, N.d.T.].

Poi l’hai visto e ti è piaciuto?

Oshimi: Sì, è davvero un bellissimo film. Sotto il suo impatto ho realizzato i capitoli dedicati al festival estivo, intorno al sesto volume [la storica sequenza finale di “E non liberarci dal male” vede le due protagoniste, in mezzo al palco durante una recita, intonare “Complainte du pauvre jeune homme” di Jules Laforgue così come “La morte degli amanti” e “Il viaggio” di Baudelaire per poi darsi fuoco davanti a tutti gli spettatori. Qualche analogia? N.d.T.].

Tutto ciò sempre con la consapevolezza del futuro.

Oshimi: Sempre.

E non liberarci dal male
Locandina giapponese di “E non liberarci dal male“: pesantemente censurata immediatamente dopo l’uscita e incentrata su tematiche allora inesplorate, rappresenta una pellicola storica per la cinematografia francese e per il cinema dell’orrore basato sul satanismo.

L’erotismo secondo Shuzo Oshimi

L’adolescenza rappresenta molto probabilmente il culmine non solo dello sviluppo psicologico ma anche dello sviluppo fisico di un individuo, basti pensare agli impulsi sessuali.

Oshimi: Sì, l’adolescenza sublima l’erotismo. Non voglio abbandonare la tematica dell’erotismo nelle mie opere. Tuttavia, non voglio arrivare a fare qualcosa di sfacciatamente esplicito. Potrei sceneggiare opere ben più erotiche, ma non vorrei cadere in tavole troppo esplicite.

Potresti dirci cosa pensi dell’erotismo?

Oshimi: Mi sono pentito di non essere stato chiaro quando dissi che, a parer mio, “A Silent Voice” è un’opera molto libidinoso. Rispetto il modo in cui emerge l’erotismo in quest’opera. Quando parlo di erotismo non mi riferisco alla bellezza o alla sensualità di una ragazza, ma piuttosto all’intreccio psicologico, al groviglio mentale. È come se fosse un tiremmolla. Penso che questo genere di cose sia davvero sensuale.

Hai adottato la stessa visione anche per “Shino non sa dire il suo nome”?

Oshimi: Oh, è vero. Anche quello rientra nella mia personale visione dell’erotismo. Tuttavia, non potevo spingermi molto lontano: non sarebbe stato più “voluttuoso”, altrimenti.

Ti riferisci sempre alla tua definizione di erotico, vero?

Oshimi: Sì, quell’accezione (ride). Tendo ad essere frainteso dalle persone quando utilizzo così liberamente termini come “erotico” oppure “pervertito”.

― In “Shino non sa dire il suo nome” c’è sicuramente quel tipo di erotismo.

Oshimi: Mi chiedo se accentuando i caratteri di questo processo di tiremmolla, il tutto possa divenire più lascivo.

Per quanto concerne “I fiori del male”, Nakamura e Saeki sono studentesse delle medie, quindi non provano erotismo a livello fisico.

Oshimi: Penso che una ragazza sperimenti la sessualità soltanto quando la sua autocoscienza inizia a trapelare. Non è questione di avere un viso attraente o un corpo avvenente, ma piuttosto del fuoriuscire della sua intimità e del comprendere la propria carica erotica… (ride).

È vero. (ride)

Oshimi: La stessa cosa succede con i ragazzi, ma penso che tutti gli studenti delle scuole medie siano erotici perché completamente senza filtri. Il motivo per cui tutte le mie storie hanno come protagonisti quattordicenni è perché penso che quell’età sia la più esplicita di tutte.

Quindi più o meno verso quell’età?

Oshimi: Sì, diciamo che a quattordici anni è come se si verificasse un’esplosione. Dai quindici in poi si inizia ad aggiustare la mira.

Dunque hai ambientato “I fiori del male” durante gli anni delle scuole medie perché avevi coscienza di tale fenomeno?

Oshimi: Esatto, è così.

L’adolescenza de “I fiori del male”

L’opera è ambientata a Gunma, la cui atmosfera assolutamente desolante viene mostrata in maniera impressionante. Si comprende perché viene chiamata anche “Joshu no Kara Kaze” [tradotto “il vento secco del Joshu” e denominata così per rimarcare gli inverni freddissimi della regione, caratterizzati dal vento gelido proveniente dal Monte Akagi, N.d.T.].

Oshimi: Grazie mille. Ho cercato proprio di far emergere quel particolare. Quando torno a casa dei miei genitori, sento come se il clima diventasse sempre più pungente. Le persone che vivono nella mia città natale hanno un forte senso di patriottismo. Penso di essere uno di loro perché, tutte le volte che in televisione vedo qualche notizia correlata a Gunma, mi si scalda il cuore. Tuttavia, quando torno a casa, mi sento sempre sopraffatto da una strana sensazione, un miscuglio di odio e amore.

“Casa è il luogo che ricordi quando sei lontano”, vero? [citazione tratta da uno dei passi più significativi dell’opera di Murō Saisei, N.d.T.].

Oshimi: Quando ricevo le impressioni dei lettori, studenti delle medie della mia città, spesso leggo che hanno indovinato perfettamente i luoghi che ho voluto ritrarre. Mi fa piacere ci siano ancora studenti delle scuole medie nella mia città, nonostante il fatto che i tempi siano cambiati e siano molto più duri.

I fiori del male anime
Visual key tratta dall’anime de “I fiori del male“: come si può osservare da questa immagine, l’intento degli autori era quello di trasporre fedelmente il luogo natio di Shuzo Oshimi, Kiryuu, una piccola cittadina nella prefettura di Gunma. A questo link è possibile approfondire le varie analogie, in un meraviglioso pellegrinaggio che va dalla stazione al parco Koumakotohira lungo il fiume Watarase, passando per la scuola del paese e la periferia.

Dopo esserti diplomato al liceo e dopo esserti trasferito a Tokyo, ti sei commosso?

Oshimi: Non saprei. Pensavo che, restando in quella cittadina, sarei morto oppure sarei stato ucciso. Siccome avevo praticamente raggiunto il limite, mi sentivo come se finalmente potessi uscire.

Quando si è adolescenti, si provano spesso quei sentimenti. Non è odio verso la scuola o verso i propri compagni, è proprio una sensazione di oppressione.

Oshimi: Sì, è vero. Eppure sono andato a scuola come tutti ed anche i miei amici hanno fatto lo stesso.

Ma da dove deriva questo senso di soffocamento, allora? Me lo son sempre domandato. Può essere una sorta di “pressione dei pari”?

Oshimi: Sì, mi chiedo anch’io cosa sia.

Tutto ciò emerge con cruda chiarezza in “The Kirishima Thing”.

Oshimi: È molto interessante, ma mentre lo guardavo sentivo come una sensazione straniante. Non simpatizzavo per nessuno dei personaggi perché in nessuno mi riconoscevo davvero. Ero in una posizione diversa, forse.

Il tema de “I fiori del male” è la fine della pubertà. Ma quando finisce realmente la pubertà? È difficile determinarne il capolinea. Avreste potuto far andare avanti la serializzazione ad oltranza?

Oshimi: C’era l’idea di continuarlo un po’ più a lungo. Cioè, avevamo in mente una versione di Kasuga come studente universitario o come adulto lavoratore.

Quando sarebbe dovuto finire il manga?

Oshimi: Non l’avrei mai concluso con un semplice “la mia adolescenza è terminata, sono cambiato”. Quando provi a disegnare un’opera nel modo più concreto possibile, finirla in questo modo risulterebbe praticamente una bugia. Ho pensato di proseguire la storia sino al punto in cui ero sicuro che tutto si risolvesse.

Quando Kasuga si è confessato a Tokiwa, ho pensato che l’opera fosse finita.

Oshimi: La confessione a Tokiwa doveva coincidere con la fine dell’opera inizialmente. Tuttavia, da quel momento, si sono sviluppate una serie di strade che mi hanno portato a continuare la pubblicazione. Ovviamente, non avevo la più pallida idea di come continuare la narrazione.

È una storia completamente diversa rispetto all’adolescenza.

Oshimi: La fine della pubertà non è qualcosa che può essere separato nettamente dal resto della vita. È tutto graduale: come un atterraggio morbido. Poco dopo l’epilogo ho pensato che quella parte coincidesse con l’inizio della fine. Forse è per questo che è così vivida.

Sul finale ti sei riavvicinato alla parte iniziale.

Oshimi: Sì, esatto.

Tuttavia non hai mai avuto l’intenzione di concludere l’opera con un vero finale né hai mai voluto dare l’esempio con la tua storia.

Oshimi: Sì, non avevo intenzione di fare la predica. Certo, è una storia di crescita personale, ma non è assolutamente necessario crescere allo stesso modo in cui è cresciuto Kasuga. Non sono da prendere come esempio (ride).

Di conseguenza questa è la tua serializzazione più lunga.

Oshimi: Penso sia finita al momento giusto.

Sawa Nakamura e Aya Tokiwa I fiori del male deluxe
Illustrazione raffigurante Sawa Nakamura e Aya Tokiwa, utilizzata per la copertina del terzo volume della omnibus inglese de “I fiori del male“. Si può notare facilmente la somiglianza dei due personaggi: Aya Tokiwa è il personaggio perfetto per aiutare Kasuga dopo il suo tracollo psicologico. Come rivelato dall’autore, Aya Tokiwa non è che una Sawa Nakamura che ha saputo conformarsi alla società in cui vive.

Il rapporto genitore-figlio

Nell’opera le famiglie dei personaggi vengono mostrate frequentemente.

Oshimi: Ricevo molti commenti a proposito di questo tema. Per quanto mi riguarda, sono cresciuto sotto il peso asfissiante dei miei genitori, per questo, quando rappresento l’adolescenza dei miei personaggi, tendo a dare rilevanza a questa problematica.

Durante l’adolescenza non sei riuscito a sfuggire dall’influenza dei tuoi genitori, vero?

Oshimi: Potrei non esserne ancora uscito in realtà.

Come ti senti adesso?

Oshimi: Ora, mentre sto crescendo un figlio io stesso, sento come se stessi adottando gli stessi schemi comportamentali dei miei genitori.

Quando è nato tuo figlio?

Oshimi: È nato all’epoca della prima riunione con i responsabili editoriali per decidere sulla serializzazione de “I fiori del male“.

Se non fosse nato tuo figlio, l’opera avrebbe risentito di qualche cambiamento?

Oshimi: Forse sarebbe stata un po’ diversa. Molto probabilmente mi sarei concentrato di più sul fattore della crescita personale. Dopo che è nato mio figlio, mi è sembrato di essere maturato abbastanza. Ma, da quando è cresciuto, ho capito che era soltanto un’illusione: ci sono state molte cose che mi hanno fatto capire che, alla fine, non ero cresciuto molto. Sento come se stessi ritornando alla normalità.

Alla radio hai detto: “Non riesco a disegnare manga autobiografici da solo. Posso godermi le opere scritte da altri, ma mi imbarazzo se si tratta di disegnare la faccia di mio padre”.

Oshimi: Esatto (ride). Più che essere imbarazzato, non riuscirei a perdonarmi.

Mi chiedevo se provassi qualche avversione verso l’importanza che si dà al ruolo sociale e all’aspetto esteriore.

Oshimi: Non mi piacciono questo tipo di cose e, nonostante mi abbiano influenzato sin dall’infanzia, son sempre rimasto piuttosto distaccato. Detto questo, non sono misantropo e non sarebbe corretto affermare che non mi fidi di nessuno.

Cosa ti ha influenzato?

Oshimi: Ho sempre avuto un rapporto difficile con i miei genitori e con i miei parenti. Ma questo non è l’unico motivo. I miei genitori non andavano d’accordo con i loro parenti e per questo ero spesso isolato durante le loro riunioni. Piuttosto che giocare insieme a mio cugino, preferivo restare con i miei genitori.

Sebbene dipenda anche dalla regione e dalle distanze, i vostri legami sono ancora radicati, vero?

Oshimi: Mi chiedo se ultimamente sia ancora così forte. Quando ascolto la consulenza sulla vita alla radio, penso non sia necessario trascinare per le lunghe le faide che ho con i miei genitori.

È grazie a tuo padre se hai iniziato a leggere “I fiori de male” e Garo?

Oshimi: Anche grazie a mia madre, che all’epoca mi fece scoprire Tatsuhiko Shibusawa e Huysmans.

In una delle sue lettere alla madre, Baudelaire scrisse: “Mi sento come se fossi stato condannato alla pena dell’esistenza”. Non penso sia una cosa da dire ai propri genitori.

Oshimi: Lo compatisco (ride).

Come vivi il rapporto con i tuoi genitori adesso? Si è rasserenato un po’?

Oshimi: È amichevole soltanto in superficie. Ho la sensazione che quello che mi son tenuto dentro fino ad ora sia uscito dopo la nascita di mio figlio.

La scena in cui Kasuga dice: “Sono a casa”, è stato uno dei momenti più toccanti dell’opera.

Oshimi: Sì, penso che quello sia il primo posto in cui ci si stabilizza nella propria vita.

Takao Kasuga I fiori del male
Quarantaseiesimo capitolo − “O fontana dell’eterna giovinezza”

Dopo “I fiori del male”

Durante la serializzazione de “I fiori del male”, le illustrazioni hanno subito un drastico cambiamento, così come è cambiato anche lo stile. Sarà interessante vedere il tuo prossimo lavoro.

Oshimi: Grazie mille. Mi chiedo anch’io cosa possa succedere. Dopo questa intervista, ho una riunione con il responsabile editoriale e ci sono ancora alcune cose rimaste arretrate (ride).

Continuerai a scrivere storie adolescenziali o pensi che possa bastare così?

Oshimi: Ora mi sento vuoto. Penso che, con “I fiori del male”, abbia esaurito tutto ciò che dovevo dire, ma non ho rimpianti. Perciò, vorrei disegnare qualcosa di diverso.

Aspetto con ansia la tua prossima opera. Grazie mille per il tuo tempo.

Sawa Nakamura, Takao Kasuga e Saeki Nanako I fiori del male

“Tracce di sangue”, dove l’angoscia incontra l’amore materno

Quello di Oshimi è stato un crescendo e la sua evoluzione, sia artistica che filosofia, è tangibile. Analizzando i problemi dello stesso genere da prospettive diverse, l’artista ha raffigurato opere nelle cui pagine è riversato il suo più intimo passato. Ma quello che ha scioccato i lettori giapponesi, e molto probabilmente ha consacrato l’autore nel novero dei più grandi artisti contemporanei, è stato un altro titolo: “Tracce di sangue“. Un manga in cui lo stillicidio dell’ansia è sempre più palpabile ogni capitolo che passa e in cui l’autore tratta una relazione madre-figlio talmente tossica e morbosa da spaventare la maggior parte dei lettori. Ma oltre a questi particolari, la serie nasconde molti altri segreti, sia nella sua struttura sia nella sua origine. Con questa intervista Oshimi si metterà a nudo e svelerà dettagli inediti della pubblicazione.


[Quattro anni più tardi, durante la primavera del 2018, Shuzo Oshimi intrattiene una nuova intervista per la stessa pagina. L’autore sta serializzando “Happiness” e “Tracce di sangue“, opera su cui è incentrata interamente la seguente chiacchierata.]

Un primo volume sconcertante

Il primo volume di “Tracce di sangue” si conclude in maniera scioccante. Sei arrivato a questo sviluppo considerando la struttura di ogni volume?

Oshimi: Sì, ho deciso in anticipo.

Hai avuto qualche tipo di problema o preoccupazione durante la realizzazione delle scene finali del primo volume dell’opera?

Oshimi: Sì, mi chiedevo se i lettori mi avrebbero seguito. D’altra parte, però, pensavo che tutti questi turbamenti non avrebbero avuto alcun senso se io avessi seguito lo schema di una narrazione che ritrae la vita quotidiana dei personaggi. Ritenevo una scelta troppo assurda e pericolosa mostrare subito l’incidente. Sarebbe stata soltanto una storia su di un improvviso fatto sconcertante. Non ha senso se non lo si rappresenta come qualcosa di abnorme, che fuoriesce dalle procedure quotidiane. Ed infine ho pensato che, se l’avessi disegnato in questo modo, avrei saputo sicuramente trasmettere qualcosa.

Quindi il primo volume si è concluso come da programma.

Oshimi: Esatto.

Hai piani per il futuro?

Oshimi: Tendo sempre ad immaginare il volume dall’inizio alla fine. Tuttavia, spesso mi accorgo di ciò che volevo davvero disegnare soltanto in corso d’opera. Sono il tipo di persona che cambia spesso idea mentre disegna, perciò non ho veri e propri piani per il futuro. Anche in questo momento il tutto è divenuto più grande di ciò che doveva essere inizialmente.

Di preciso, che parte stai disegnando al momento?

Oshimi: Il primo volume si conclude come previsto, mentre, per quanto riguarda il secondo volume, ho inserito successivamente la scena dello strappo della lettera al capitolo 15, che di fatto non era mai stata pianificata.

Quindi ha pensato di aggiungere questo nuovo elemento?

Oshimi: No, in realtà. La presenza della lettera era programmata. Non era previsto lo strappo.

Rispetto al quadro generale, a che punto sei?

Oshimi: Per il momento la storia deve ancora del tutto partire, siamo ad una fase immediatamente precedente allo “scoppio” della trama. Dovremmo essere bene o male tra il “Ki” e lo “Sho6. Avevo pensato al flusso generale della storia, ma penso che, da ora in poi, inizi ad espandere in maniera totalmente imprevista.

Cosa intendi per “espandersi in maniera imprevista”? Come se ti lasciassi prendere la mano7?

Oshimi: I ricordi mi tornano in mente mentre disegno.

Tracce di sangue volume 6

Ciò significa che riporti alla mente fatti accaduti durante il tuo passato?

Oshimi: Sì. Bussano alla porta sentimenti che mi rendono nostalgico e malinconico: ricordo “quella volta” e ricordo “quella sensazione”. Così mi tornano in mente ricordi legati a quella fantomatica lettera strappata dai miei genitori. Ultimamente sto vivendo esperienze sempre più simili a queste e il mio balbettio peggiora, dal momento che mi ritornano in mente emozioni da tempo dimenticate.

Disegnare diventa difficile?

Oshimi: Sì, ma è divertente. Non mi piace disegnare quando sono di buon umore ultimamente (ride). Anche se in questo momento ho problemi fisici e soffro di intensa balbuzie, sento come se si stesse per aprire un coperchio sempre rimasto chiuso. Probabilmente è l’opera con cui mi sto divertendo di più. E forse riesco a gestire il tutto proprio perché sono in grado di realizzare l’opera sotto forma di manga.

Quali sono state le reazioni dei lettori?

Oshimi: Per quanto riguarda la figura di Seiko, sono polarizzate. Molti la ritengono spaventosa. Altri invece la ritengono molto affascinante, se non addirittura erotica. Ci sono anche lettori che inavvertitamente mostrano le loro propensioni sessuali verso le loro madri (ride).

Hai usato qualche modello in particolare per Seiko?

Oshimi: Mia mamma non è così bella e, quindi, non è lei la vera immagine ispiratrice per Seiko. Tuttavia sento che questa sia molto simile all’immagine che ho di mia madre, amalgamata, ovviamente, con molti altri elementi. Spero che con quest’opera riesca a ritrarre l’aura comune di una madre con un figlio maschio, o comunque qualcosa del genere.

Qual è stata invece la reazione delle lettrici?

Oshimi: Sembra che le lettrici siano più appassionate, molto probabilmente perché compatiscono maggiormente la mia situazione. Ho capito che spesso si domandano se anche loro abbiano qualcosa di simile a Seiko. Più che altro si preoccupano di non diventare un genitore velenoso.

Capisco. Quindi hanno paura di diventare come Seiko.

Oshimi: Dal punto di vista del lettore, Seiko appare mostruosamente terrificante. Negli occhi delle lettrici, invece, noto una sorta di paura della plausibile empatia che si potrebbe creare attorno al personaggio di Seiko. E questa è una metà del pubblico.

E l’altra metà?

Oshimi: Molti altri pensano che, se avessero una madre del genere, anche loro diventerebbero così come lei.

Empatia per Seiko dici?

Oshimi: Credo che nasca dal fatto che si ha davanti una donna isolata dalla propria famiglia e con una relazione coniugale non delle migliori. Insomma, sente come se il marito non svolgesse il ruolo che gli spetta.

L’ho interpretato come se avesse un’altra donna.

Oshimi: (ride) A prima vista il padre sembra più vecchio, ma in realtà i due non hanno così tanti anni di differenza. Tuttavia, ciò non è mostrato esplicitamente nell’opera. La ragione per cui Seiko sembra così bella è perché il tutto è filtrato dagli occhi del figlio Seiichi. Quando, invece, Seiichi avverte nella madre un pericolo, spaventandosene, cerco di disegnarle la faccia nel modo più terrificante possibile.

Seiko Osabe
Seiko Osabe rappresenta il fulcro di tutta l’opera: il suo fascino persuasivo ed il suo atteggiamento tanto prottetivo quanto ai limiti del lascivo riescono a sublimarsi in terrificanti istanti di panico ed angoscia grazie alle geniali tavole di Oshimi, che in “Tracce di sangue” raggiunge uno dei suoi vertici artistici per quanto concerne i lineamenti dei personaggi.

Prospettive analogiche

Prima di rti una domanda rivolta alla mimica e alle espressioni facciali di Seiko, la mamma di Seiichi, vorrei concentrarmi sul design. Nel bel mezzo de “I fiori del male” sei passato dal digitale all’analogico. Cosa hai optato per questo lavoro, invece?

Oshimi: “Tracce di sangue” è illustrato completamente in analogico.

Quale sarebbe l’intenzione che ti ha portato a fare questa scelta?

Oshimi: Volevo disegnare il tutto come se sembrasse un mondo visto attraverso gli occhi di Seiichi”. Lo sfondo adatto per questo tipo di manga potrebbe essere qualcosa di realistico, come un ricalco di fotografia, che io, tuttavia, avrei voluto rendere più simile ad uno schizzo di una scena reale. Voglio dare l’impressione di essere in un ricordo, di una memoria persa nel passato. Se lo scenario fosse stato troppo nitido, non sarebbe mai potuto sembrare un filtro degli occhi di Seiichi.

Dal momento che il mondo è filtrato attraverso gli “occhi di Seiichi”, Seiko, sua mamma, è raffigurata come una giovane donna estremamente affascinante.

Oshimi: Esatto, tutto il mondo è visto dagli occhi del protagonista: un campo visivo intriso delle emozioni di Seiichi.

Ti capita mai di guardare una foto e a causa della poca lucidità di memoria pensare: “Eh? Aveva davvero questo aspetto?”. Spesso, quando guardo vecchie fotografie, la memoria mi gioca brutti scherzi.

Oshimi: Quello che vado a raffigurare non è un mondo oggettivo, ma piuttosto un mondo soggettivo, imbevuto di tutto lo spettro delle emozioni del protagonista. Penso che sia un modo ideale per rivivere il proprio passato.

Questa è una storia molto introspettiva, tuttavia sono quasi del tutto assenti veri e propri monologhi. Penso sia incredibile come tutto sia perfettamente espresso in immagini.

Oshimi: Fondamentalmente non credo di aver bisogno dei monologhi. Un altro fattore importante è la personalità spaventosamente timida e passiva di Seiichi, il quale non ha ancora trovato la giusta forma per esprimersi, per esprimere i suoi pensieri a parole. Semplicemente si affeziona alla madre Seiko e da lei viene dolcemente accolto a braccia aperte. Dovesse fare un monologo senza aver una personalità ancora ben definita, molti dettagli ne risentirebbero drasticamente e tutta la struttura potrebbe crollare e. Devo disegnare cose che non richiedono parole per far trasparire ed ottenere la giusta sensazione.

Fai esprimere moltissime emozioni ai tuoi personaggi mediante le loro espressioni facciali.

Oshimi: Ridisegno spesso le espressioni facciali. Non penso siano quelle che cerco quando escono o troppo reali, o comunque troppo simboliche.

D’altro canto, però, non utilizzi nemmeno le espressioni tipiche dei manga o degli anime.

Oshimi: No, non mi avvalgo più del disegno e dell’espressività tipica dei manga e non utilizzo più questi canoni come parametri fissi. Per esempio, nel primo e nel secondo volume ho fatto sudare simbolicamente i personaggi che si trovavano in pericolo o alle strette, ora non penso sia più necessario.

Quindi, simbolicamente, ci troviamo davanti ad un’evasione o ad un rovesciamento dei canoni che delineano l’espressività dei personaggi?

Oshimi: Penso che il fine dell’arte, in questo caso del fumetto e di come trasporre determinate emozioni, sia quello di convincere il lettore. L’artista vince se il lettore esclama: “Questa espressione è assolutamente azzeccata!”. E bisogna arrivare sempre a vincere il lettore, anche con la furbizia. Devo riuscire a vincere ogni volta, e posso arrivare a questo risultato soltanto pensando tra me e me che ogni lettore sia come un enigma.

Direttore editoriale: Si sente spesso dire “occhi espressivi”, ma, soprattutto nel caso di questo’opera in particolare, penso che ciò che sia davvero unico a livello di espressività sia la bocca. Non penso ci siano molte “espressioni della bocca” che sanno arrivare al cuore.

Certamente!

Oshimi: Effettivamente ci sono un sacco di primi piani sulle bocche dei personaggi. Adesso che me l’hai ricordato, mi sono reso conto di quanti fossero (ride).

Incomunicabilità patologica

Da dove hai preso ispirazione per il titolo?

Oshimi: Il titolo deriva direttamente dall’omonimo album di Bob Dylan, Blood on the Tracks. Non che l’album sia un fattore importante all’interno dell’opera. Mi piaceva molto il titolo, è davvero perfetto.

Ti piace Bob Dylan?

Oshimi: Lo adoro. Lo ascolto da quando avevo 13 o 14 anni.

Blood on the Tracks
Shuzo Oshimi non nasconde la sua passione per la leggenda vivente del folk rock e realizza questo stupendo schizzo dell’artista. “Blood on the Tracks” è il quindicesimo album in studio di Bob Dylan e rappresenta uno dei successi più grandi del musicista: nonostante l’autore sia restio a definirlo un progetto autobiografico e Oshimi abbia affermato come non ci siano grandi collegamenti con la sua opera, è ovvio come le tematiche dell’album abbiano impresso grande influenza sul manga. Così come l’artista di “Tracce di sangue“, moltissimi altri mangaka vivono sotto l’influenza di Dylan: lampante è l’esempio di Naoki Urasawa, che si è sempre rivelato un grandissimo appassionato della sua musica.

Qual è il tuo personaggio preferito della serie?

Oshimi: Ah, mi cogli impreparato. Non ci avevo mai pensato, siccome non è quel tipo di manga che mi faccia amare particolarmente i personaggi (ride). Non ho grandi preferenze e per nessun personaggio in particolare provo quella tensione che ti fa pensare: “Questo è bel personaggio”. Ma comunque, penso che quello più vicino alla mia compassione possa essere Shigeru.

Nel corso dell’opera sembra avere una certa “meschinità spensierata”, non è vero?

Oshimi: Sembra avere proprio un brutto carattere (ride). O almeno, se si dovesse immaginare un ragazzo del genere nella realtà, questo avrebbe sicuramente un caratteraccio.

Hai usato qualche riferimento particolare durante la stesura dell’opera?

Oshimi: Ascolto sempre un programma radiofonico chiamato Telephone Life Counseling (Nippon Broadcasting System). È estremamente interessante ascoltare le persone mentre cercano di spiegare a voce i loro problemi. Spesso vengono riportati casi molto delicati: si passa dai bambini che decidono di smettere di andare a scuola alla violenza domestica. E solitamente c’è un divario tra quello che la persona dice e quello che sente realmente.

Per esempio, se ipoteticamente il contenuto della consultazione fosse basato sul caso di una ragazzina che non voglia più andare a scuola, la madre telefonerà e dirà le seguenti parole: “Mia figlia non vuole più andare a scuola: cosa dovrei fare per mandarcela?”. La realtà è che ciò è completamente irrilevante. Non vorrebbe essere questa la vera richiesta, ma piuttosto una domanda come: “Mia figlia non va a scuola e per me diventa un “peso”. Cosa dovrei fare per disfarmi di questo fastidio?”. È molto semplice scorgere queste dissonanze quando si parla; e questo è un ottimo modo per trarre ispirazione per nuove personalità.

Quindi attraverso queste chiamate si percepiscono queste discrepanze.

Oshimi: La maggior parte delle persone trascorre la propria vita senza minimamente analizzare il proprio dolore. A meno che non si senta grande dolore, perché in quel caso non penso sia rilevante analizzare la situazione.

E spesso, purtroppo, all’interno di queste famiglie dalla relazione genitore-figlio travagliata e difficile, avvengono fatti spiacevoli, vero?

Oshimi: Se avessi dei bambini degenerati sicuramente li amerei, ma questo non significa che io non possa capire ciò che anima lo spirito di un genitore che uccide il proprio figlio. Alcuni aspetti penso di comprenderli appieno.

Sì, provi determinate cose, sia che tu compia o non compia l’atto estremo.

Oshimi: Esatto, penso che tutti riescano a capire anche questo tipo di emozioni recondite.

Questo succede quando, per esempio, abbiamo un nostro caro costretto a letto e dobbiamo occuparci di lui. Naturalmente ce ne prendiamo cura con grande attenzione, ma è indubbio che spesso vorremmo essere da tutt’altra parte perché stanchi oppure infastiditi.

Oshimi: Sono sicuro che in alcuni momenti in molti potrebbero pensare: “Spero che tu possa morire presto”. Tuttavia, nessuno è buono o cattivo al 100%, e talvolta non ci si rende nemmeno conto di questo rilevantissimo dettaglio. Con questo in mente, spero che i lettori prestino la massima attenzione al carattere e alla personalità di Seiko.

Anche in questo caso siamo davanti al filtro di Seiichi?

Oshimi: Naturalmente. Non può essere altrimenti. Comunque sia, alla fine non è importante il modo in cui si affronta la lettura. Il punto principale non è capire se a Seiko è successo qualcosa di traumatico in passato che l’ha resa la madre di adesso. Quindi, tutto sommato, potrebbe essere intrigante leggere l’opera da una prospettiva che non sia quella della risoluzione del mistero.

Penso che le persone comuni diventino mostri non tanto a causa di esperienze traumatiche pregresse quanto piuttosto a causa della loro stessa paura di essere considerate mostri.

Oshimi: Tutti dovrebbero essere persone normali, vero?

L’abbandono delle tematiche adolescenziali

Mi interessa molto lo sviluppo futuro dell’opera. Sono molto curioso di sapere cosa succederà a Seiichi e Seiko. Seiichi sembra morbosamente protetto da sua madre, ma d’altra parte questo, talvolta, sembra aver comunque bisogno di sua madre.

Oshimi: Dovrei allontanare Seiichi da sua madre o dovrei farlo rimanere con lei? Non so quale sia la risposta corretta. Spero solo di sistemare il tutto una volta completato il lavoro.

Stai cercando di aggiustare le parti ancora irrisolte?

Oshimi: Penso che fondamentalmente sia un mio problema. Come elaboro la parte irrisolta del rapporto genitore-figlio? C’è ancora un tassello che non riesco a comprendere, e sto cercando la risposta. So che ci sono moltissime altre persone che vivono esperienze analoghe, ma se si fosse trattata di una storia altrui non l’avrei mai disegnata in questo modo. Beh, sto disegnando quest’opera con l’intenzione di ritirarmi.

Ah.

Oshimi: Penso sempre che dopo quest’opera possa ritirarmi.

Capisco (ride). È come se volessi chiudere definitivamente il ciclo di manga dedicato all’adolescenza.

Oshimi: Sì, ho intenzione di concluderlo totalmente.

A proposito, tua madre ha letto l’opera?

Oshimi: So che ha letto il primo capitolo. Mi chiedo se si allontanerà da me una volta letta tutta l’opera (ride). Se dovessi essere disconosciuto, tutta la questione sarebbe risolta.

Non credo finirà così (ride). Forse può sembrare inopportuno, ma credo che percepirai il rapporto genitore-figlio in maniera nettamente diversa una volta venuti a mancare i tuoi genitori.

Oshimi: Sì, da quel momento in poi penso di poter raggiungere la giusta sensibilità per aggiungere il decesso di un genitore all’interno di una mia opera.

Qualunque cosa accada, penso che per te sia una sorta di rete di sicurezza siccome ti aiuta nella creazione delle tue opere.

Oshimi: Dev’essere una seccatura per le persone intorno a me. Penso di essere proprio uno fallimento (ride).

Solitamente a fine intervista chiedo sempre di dare un consiglio al lettore, ma che ne dici se stavolta diamo un consiglio alle mamme che ci leggono?

Oshimi: Oh (ride). Per cortesia, leggete la mia opera. Nel senso, leggetela fino in fondo.

Tracce di sangue

Note

1L’intervistatore si riferisce a “まんが秘宝 男のための青春まんがクロニクル”, un mook pubblicato da Yosensha in cui si esplora l’universo manga, soprattutto sotto l’ottica del genere “young adult“. All’interno della pubblicazione è possibile reperire un’intervista di Oshimi (e di moltissimi altri autori), in cui l’autore rivela moltissime informazioni interessanti sul suo passato e sulle sue ispirazioni, da Garo ai manga erotici.

2Come affermato dallo stesso direttore editoriale, Jung-hyun Park, Bessatsu Shounen Magazine nasce come alternativa al Weekly Shounen Magazine. Seppur nelle primissime pubblicazione esso non traspare per ragioni pubblicitarie, l’elemento caratterizzante della rivista era lo stesso “dark fantasy” che a distanza di tempo consacrò tanto Oshimi quanto Isayama. Sempre Park si esprimerà, dicendo: “Volevo che la disperazione mostrata nelle pagine dei volumi attraesse i lettori a sognare”.

3La trasmissione radiofonica in questione è “荻上チキ Session22”, diretta dal critico Chiki Ogiue ed in onda su TBS Radio, dal lunedì al venerdì dalle 22:00 alle 00:55. Durante la puntata del 12 febbraio 2014, il condutture ha intervistato Oshimi, che si è esposto sul tema della balbuzie presente in “Shino non sa dire il suo nome” e su “I fiori del male“.

4Da quanto riportano i dati, all’inizio della sua pubblicazione, la popolarità della seria era “low-flying“. Si è registrato un vertiginoso aumento di popolarità dopo il dodicesimo capitolo, “Il punitore di se stesso”, contenuto nel secondo volume.

5È tanto sorprendente quanto curioso notare le divergenze nell’origine del personaggio di Sawa Nakamura: in alcune vignette, presenti nel volume italiano, Oshimi spiega che modello del personaggio è stata una sua scorbutica compagna di scuola, la quale, tramite messaggio, lo definì un “insetto di merda”; invece, in una serie di interviste rilasciate esclusivamente in giapponese, Oshimi dichiara esplicitamente che il modello per Sawa Nakamura è sua moglie, che, dopo aver litigato ed essere scappato di casa a piedi scalzi, gli scrisse, irritata, il seguente messaggio: “Non ti vergogni ad andare in giro così? Sembri un insetto di merda”.

6In questo caso Oshimi si riferisce allo “Kishōtenketsu” (起承転結), il sistema alla base del processo e della struttura narrativa di una qualsiasi opera letteraria asiatica. “Ki” (起) coincide con l’inizio della vicenda, mentre “Sho” (承) si riferisce alle avversità incontrate durante lo svolgimento di trama, con il conseguente incrinarsi degli eventi. Infine, “Ten” (転) è pressoché la risoluzione delle difficoltà ed il climax della storia, il cui finale viene rappresentato dal “Ketsu” (結).

7L’intervistatore nello specifico utilizza un modo di dire, che, tradotto nella maniera più efficiente possibile, può significare “essere trasportati dal pennello” (筆が乗る).

🌐 Fonti:

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