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Narutaru: analisi

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Narutaru (なるたる), abbreviazione di Mukuro Naru Hoshi Tama Taru Ko, è un manga composto da dodici volumi, pubblicato tra Marzo 1998 e Ottobre 2003, scritto da Mohiro Kitoh (鬼頭 莫宏, Kitō Mohironato; 8 agosto 1966), famoso al pubblico anche per essere l’autore di Bokurano : Il Nostro Gioco.

Come ogni opera di Kitoh, anche Narutaru è un manga dalle tinte e dalle tematiche molto forti, rappresentate attraverso scene talmente cruente da essere degne di uno scritto del Marchese de Sade, a tal punto da essere censurato in diversi paesi nel mondo.

Esilarante fu la censura, e seguente interruzione, della versione francese di Narutaru. La casa editrice Glénat fece un clamoroso passo falso. Questa, basandosi solamente sui primi numeri del manga, evitò di indicare la classificazione per soli adulti. Difatti leggendo i primi capitoli di Narutaru, sembra di trovarsi davanti ad un’opera simile a Doraemon, solo più avanti l’autore mostra il suo lato oscuro.

SINOSSI

Narutaru una storia di alienante follia

Shiina Tamai è una ragazzina come tanti altre. Finita la scuola, va in vacanza nell’isola in cui abitano i nonni, e in seguito a un’apnea forzata in mare, annega. Mentre le ricerche del suo corpo diventano sempre più disperate, Shiina si ritrova sulla terraferma senza sapere come ci è arrivata. Ma durante la notte le appare una piccola creatura mutaforma che – dopo qualche istante – ricorda di aver visto sul fondo del mare, scambiandola per una bizzarra stella marina. Fra i due si instaura un bizzarro e inspiegabile legame mentre nei cieli del Giappone iniziano ad apparire strani oggetti volanti di natura completamente ignota…

Prende il via in edizione monografica mensile la più controversa e attesa serie di Mohiro Kitoh, che attraverso un filo narrativo solcato da misteri oltre l’umana comprensione, ci racconta le piccole, crudissime storie di ragazzini di oggi, a confronto con un mondo che non sembra in grado di dare loro un futuro. Per la crudezza dei temi trattati e di alcune scene presenti nei prossimi volumi, siamo costretti a consigliare la lettura a un pubblico adulto e consapevole

-estratta dal sito dell’editore italiano, Star Comics

COMMENTO CRITICO


Oltre alle controversie citate sopra, Narutaru è anche considerato un manga dalla difficile interpretazione. Una delle principali cause di ciò proviene dallo stesso Kitoh. Probabilmente non era molto sicuro di come rappresentare con carta e pennino ciò che aveva in mente, difatti la versione tankobon risulta essere completamente diversa da quella rilasciata in precedenza su rivista: cambi alle storyboards, intere tavole ridisegnate ed una cronologia degli eventi a dir poco stravolta.

Ciò nonostante, penso che il risultato finale non sia poi così disastroso, certamente la lettura non scorre in modo propriamente fluido, dato che può capitare di imbattersi in capitoli da 15 pagine o in altri composti da più di 150.

Tuttavia basta qualche nozione di religione e un poco di perspicacia per ricostruire il puzzle di Narutaru, e comprendere quindi il messaggio che Kitoh vuole trasmettere ai suoi lettori.

Inoltre è d’obbligo considerare Narutaru come un manga di crescita. Il doloroso passaggio dall’adolescenza alla vita adulta. È importante stabilire questo punto, altrimenti risulta impossibile dare una corretta interpretazione all’opera di Kitoh.

Dualismo ed eterno ritorno.

Il concetto di Yin e Yang in Narutaru

L’intera opera di Narutaru si fonda su due concetti fondamentali. Uno orientale ed uno occidentale, due culture che si abbracciano. Il concetto dello Yin e lo Yang; e l’antico simbolo dell’ Uroboro. L’immagine che apre questo paragrafo è esplicativa, non a caso Kitoh la utilizza come copertina dell’ultimo capitolo del manga.

Yin e Yang : Nella cultura tradizionale e nella filosofia cinese, binomio di termini indissolubili che rispondono rispettivamente alla nozione di due principi opposti e complementari dalla cui combinazione e interazione procede la totalità del mondo.


-ENCICLOPEDIA TRECCANI

Kitoh, difatti, porta all’interno di Narutaru il dualismo caratteristico del simbolo taoista. È palese come nel manga tutto nasca dalla ribellione giovanile verso la cinica società creata dalle generazioni precedenti. In sostanza, giovani contro adulti. Questi ultimi vengono rappresentati come dei veri e propri mostri. A partire dalle alte cariche dello Stato, dove l’unica cosa che conta sono gli interessi personali, passando ai semplici cittadini come il padre di Hiroko Kaizuka, che è degno suddito di chi lo governa, e finendo con il padre di Akira Sakura che abusa di sua figlia. L’unica “mosca bianca” è il padre della protagonista, Shunji Tamai.

Tuttavia la vera rappresentazione dello Yin e Yang all’interno del manga si trova nel contrasto tra le due correnti di pensiero/filosofie, con le quali i giovani vogliono cambiare il mondo lasciatogli dagli adulti. Costruirne uno nuovo e migliore, oppure distruggere tutto fino all’estinzione della specie. La prima è ovviamente quella intrapresa da Takeo Tsurumaru, mentre la seconda è quella scelta da Sudo Naozumi. Entrerò nel dettaglio di questi personaggi nei seguenti paragrafi.

Uroboro : Nella letteratura magica egizia di età ellenistica, animale simbolico a forma di serpente che morde o inghiotte la propria coda, realizzando la figura di un cerchio. La simbologia originaria dell’u. fu quella dell’eternità e del cosmo. L’immagine, che successivamente prese la forma anche di un drago, è anche usata per rappresentare l’avvicendarsi della vita e della morte.


-ENCICLOPEDIA TRECCANI

In Narutaru la figura del drago è ovviamente fondamentale. Ciò nonostante gli esseri denominati “cuccioli di drago” non hanno propriamente l’aspetto canonico del mostro leggendario. Difatti vengono chiamati in questo modo per ciò che rappresentano, e non per il loro aspetto. I cuccioli di drago sono la personificazione del malessere che i giovani provano verso una società che non li comprende. Inoltre, grazie al sacrificio del proprio possessore, un cucciolo di drago può evolvere e raggiungere il suo stadio finale, ovvero quello di drago, rappresentato come un’enorme bestia accompagnata da un/una otohime. Lo scopo dei draghi è quello di cristallizzare per l’eternità il dolore inascoltato degli adolescenti, un monito quindi all’indifferenza del genere umano. Un monito che, se non ascoltato, porta inevitabilmente all’estinzione della razza umana, come accade nel finale del manga. L’umanità che uccide se stessa, il drago che si mangia la coda.

Inoltre Uroboro è un simbolo molto caro anche a F. Nietzsche. Spesso, infatti, viene accostato alla teoria dell’ eterno ritorno, teoria filosofica incentrata sulla ciclicità del tempo, dove l’universo rinasce e rimuore, ripetendo eternamente un certo corso. Kitoh strizza sicuramente l’occhio a questa teoria quando scrisse il finale di Narutatu.

Come nell’immagine d’apertura a questo paragrafo, i due concetti di Yin/Yang e Uroboro sono fortemente legati tra loro. Difatti i possessori dei cosiddetti “cuccioli di drago” sono tutti ragazzini che frequentano le scuole medie, o al massimo quelle superiori. La domanda sorge spontanea. Perché solo adolescenti? E soprattutto, da cosa deriva questo loro potere? La risposta è ovvia. Dal disagio, dal malessere, dall’astio che hanno verso la vita e sopratutto verso gli adulti, come descritto precedentemente. Gli adolescenti manifestano con i cuccioli di drago il loro rigetto verso le contraddizioni insite nella nostra società. Anche per questo vengono chiamati Draghi d’Ombra, ovvio riferimento al concetto psicanalitico di “ombra” per l’appunto, definito prima da S.Freud e ampliato da C. Jung.

Ryugu-jo : Il tempio dell’anima.

Simbolismo in Narutaru

In Narutaru, il simbolismo dei draghi è in realtà ancora più ampio di quanto descritto nel paragrafo precedente. Difatti, per la creazione di essi, Kitoh prende ispirazione anche dalla tradizione del suo popolo. Non è casuale la scelta dell’autore di denominare con il termine “otohime” i personaggi che scelgono di fondersi con il proprio drago.

La parola otohime deriva dal mito di Urashima Taro, ampiamente noto e diffuso nella cultura giapponese. Tuttavia per comprendere il motivo per il quale Kitoh abbia scelto questo nome bisogna estrapolare, elaborare e poi reinterpretare alcuni concetti del succitato racconto popolare. Prima un breve sunto:


La leggenda narra la storia di un pescatore che soccorre una tartaruga malmenata sulla spiaggia da dei bambini e viene ricompensato con una visita al Ryūgū-jō, il Palazzo del Drago.
Trascorre per tre anni molti giorni felici in questo regno subacqueo. Alla fine, però, viene sopraffatto dalla nostalgia di casa e chiede alla principessa Otohime il permesso di farvi ritorno. Lei acconsente e gli dona una scatola tempestata di gioielli, raccomandandogli però di non aprirla mai, per nessuna ragione. Giunto a casa, scopre che nel mondo reale sono trascorsi oltre trecento anni e nessuno può ricordarsi di lui.
Caduto in depressione, si reca sulla spiaggia e si ricorda della scatola ingioiellata. La apre e fuoriesce una nuvola bianca. Così invecchia e muore, poiché la scatola conteneva la sua età reale. 


-WIKIPEDIA.ORG

Da questa antica leggenda, l’autore rivisita tre punti fondamentali:

  1. Il Ryūgū-jō , come tempio della divinità, ovvero, un oggetto inanimato.
  2. Otohime, la principessa del Palazzo, o meglio, l’anima del tempio divino.
  3. La scatola che contiene l’età reale del pescatore, che gli permette di vivere per l’eternità.

Cosa c’entra tutto questo con Narutaru? È Misono Tamai (la madre di Shiina) ad indicarci la corretta interpretazione.

Nei capitoli finali del manga, Misono, immersa nei suoi pensieri, prova ad ipotizzare quale sia il motivo che spinge i cuccioli di drago a fondersi con i rispettivi padroni, e a raggiungere, quindi, la loro forma definitiva. Misono afferma come i cuccioli di drago siano in realtà privi di un’anima, per questo cercano disperatamente di ottenerne una attraverso la fusione.

La mia ipotesi è che il cervello è il luogo dove nasce l’anima…il suo recettore…il luogo divino…lo spazio vuoto che accoglie l’anima.
I draghi incorporano le anime…al loro interno. Diventando così la memoria del pianeta.

-MISONO TAMAI (NARUTARU)

Rielaborando il pensiero di Misono attraverso il mito di Urashima Taro, se lei definisce il cervello di una persona il “luogo divino”, quindi come il Ryūgū-jō, le otohime sono quindi le anime che vengono accolte nelle menti delle persone. Sappiamo, inoltre, che i cuccioli di drago sono generati dall’inconscio delle persone che da forma al malessere esistenziale insito nelle loro menti. Questo malessere (cucciolo di drago) è possibile accettarlo, convivere con esso e addirittura farlo diventare un fido compagno. Di quanto appena scritto ci sono vari esempi in tutto il manga: Tsurumaru, Sudo, Norio, Ozawa, etc. Ovviamente ci sono esempi dell’esatto contrario, come quello di Akira Sakura, la quale non riesce a convivere con il suo dolore, ripudia a tal punto il suo cucciolo di drago da nasconderlo in uno zaino o chiuso in un armadio. Tuttavia, il peggiore dei casi è quando questo malessere è talmente insopportabile da spingere una persona a togliersi la vita. È proprio in questo scenario che avviene la fusione. Donare la propria anima al cucciolo di drago, così da farlo evolvere nella sua forma finale. Il cucciolo di drago accoglie l’anima tormentata della persona, immortalando per l’eternità quel periodo di malessere esistenziale così profondo. Come la scatola del mito di Urashima Taro, i draghi mantengono eterna la memoria del proprio padrone, un triste monito che resta intatto nelle menti dei familiari, degli amici, di una città, di una nazione o del mondo.

La fossa comune dell’umanità.

Narutatu emblema di un mondo corrotto e malsano

Narutaru rappresenta il grido di ribellione del suo autore. Probabilmente a trentadue anni suonati, Kitoh non aveva ancora estinto il suo disprezzo verso la società giapponese e verso il mondo adulto in generale. L’autore personifica tutto questo suo odio nei personaggi di Aki Sato e Tatsumi Miyako, che secondo lui incarnano il dualismo dell’adulto medio giapponese.

Aki Sato viene descritta come una donna cinica e calcolatrice, priva di qualsivoglia sentimento, di un egocentrismo tale da arrivare a fidanzarsi con un ragazzo dall’evidente disabilità intellettiva, solamente per spaventare, e di conseguenza tenere alla larga qualsivoglia spasimante, e quindi ogni legame affettivo.

Tatsumi Miyako racchiude in esso l’archetipo del giapponese medio. Un fiero nazionalista, a tratti infantile, che considera il Giappone la nazione migliore del mondo. Dalla stessa Sato viene definito il “tipico uomo giapponese”, che tira a lucido il suo aspetto esteriore, ma dentro è vuoto, morto. Secondo Sato (o per meglio dire, secondo Kitoh), in Giappone le persone vengono valutate soltanto “quantificando” le loro capacità. Di conseguenza, gli esseri umani non vengono considerati come individui unici, ma come mere parti intercambiabili, usa e getta, utili al funzionamento di quel meccanismo chiamato società.

Tutto quello poc’anzi descritto è di fondamentale importanza per comprendere il finale dell’opera di Kitoh. La società giapponese ha raggiunto un punto di non ritorno, i diversi draghi-moniti sono stati vani, grida di aiuto inascoltate, tanto che il pianeta si è trasformato lui stesso in un drago : Sheol.

Sheol è un termine ebraico che indica il luogo oscuro dove tutti i morti sono destinati, sia giusti che ingiusti, a prescindere dalle scelte morali fatte in vita. Una sorta d’Inferno molto simile all’Ade greco. Anche se l’accezione più calzante è stata data dal teologo Herbert C. Brichto, che sosteneva come il significato del termine biblico Sheol fosse molto più terreno, ovvero: la fossa comune degli uomini.

Un drago come Uroboro, o meglio, una fossa comune grande come un pianeta, scavata dagli uomini per gli uomini*. L’abiezione raggiunta dalla società è oramai irreversibile. L’unica soluzione è distruggere tutto il creato e ricominciare da capo. Per far questo c’è però bisogno di due anime pure: una lucente e caotica, ed una oscura e distruttiva. Lo Yin e lo Yang. Shiina Tamai e Mamiko Kuri. E citando le parole proprio di quest’ultima:

Questo pianeta è l’unione degli opposti. Due draghi…tu sei la mia luce, ed io la tua ombra.

-KURI MAMIKO (NARUTARU)

*Nota – La forma scelta da Kitoh per il drago Sheol non è casuale, ma fortemente simbolica. Questo viene rappresentato come delle gigantesche braccia umane che fuoriescono dal suolo terrestre (immagine del paragrafo). Il drago che resetterà la società umana possiede quindi la forma di braccia umane, l’umanità che viene distrutta per “mano” dell’uomo.

Shiina Tamai (Sheol)

Shiina Tamai

Shiina viene presentata come una ragazzina solare ed estroversa, senza alcuna malizia o cattiveria. Guidata dai buoni sentimenti e dall’altruismo. In una parola, pura. Tuttavia c’è una macchia nella sua anima che le impedisce di legarsi completamente al suo drago Sheol: il rapporto con sua madre.

Sappiamo tramite dei flashback che Misono, dopo la morte in circostanze misteriose della sua primogenita Misho, entra in una depressione profondissima, che la porta fino al punto di voler uccidere anche la sua seconda bambina, Shiina. Fortunatamente non riesce nel suo intento, tuttavia dopo questo atto, Misono decide di abbandonare la sua famiglia e di concentrare tutte le sue forze e le sue attenzioni nel lavoro.

Shiina, al tempo di questi fatti, era poco più di una neonata. L’assenza di una madre durante tutto il periodo della crescita diventa un fardello enorme per la ragazza, tanto che nemmeno in età adolescenziale riesce a perdonare il comportamento di sua madre. Shiina, inoltre, proprio a causa di ciò, sviluppa una forte complesso di Elettra, tanto da arrivare ad affermare di non voler sposarsi ed avere figli in quanto deve pensare esclusivamente a suo padre.

Questa macchia nella sua anima viene tuttavia rimossa nel finale dell’opera. Grazie alla sua amica Akira Sakura, Shiina riesce a scavare nel profondo del suo cuore e finalmente riesce a perdonare sua madre. Emblema di ciò è la questione del nome.

Dopo questo evento, l’autore comincia a scrivere il nome di Shiina in kanji al posto della versione fonetica* usata fino a quel momento. Questo è qualcosa che Kitoh ha fatto intenzionalmente per mostrare al lettore come Shiina abbia finalmente accettato e compreso il significato del nome che sua madre le ha dato. Con l’anima libera da ogni impurità, può finalmente legarsi al suo drago Sheol e finalmente dichiarare i suoi sentimenti a Tsurumaru.

Tuttavia, il risveglio dei poteri di Shiina non è “socialmente” accettabile, per questo si scatena una vera e propria caccia alla strega nei suoi confronti. Non le resta quindi che distruggere tutto il creato, grazie all’aiuto di Mamiko, e rifondare l’umanità su nuovi valori.

Un’ennesima rappresentazione delle frustrazioni di Kitoh. La società che non riesce a comprendere ed accettare il diverso, l’unica cosa che sa fare è etichettarlo e tentare di eradicarlo con ogni mezzo.

*Nota – Per tradizione i giapponesi hanno i propri nomi scritti in kanji (caratteri simili a quelli cinesi). Scrivono i loro nomi in katakana/hiragana solamente per far comprendere la pronuncia del loro nome alle altre persone, in particolar modo se nei loro nomi sono presenti kanji poco noti (ricordiamo che conoscere tutti i kanji è praticamente impossibile, sono migliaia).

Kuri Mamiko (Sheol)

Kuri Mamiko

Il personaggio di Kuri Mamiko è senza alcun dubbio il più ambiguo dell’intero cast. Compare di rado durante l’intero svolgimento del manga. Nelle poche scene nelle quali Kuri compare, Kitoh vuole mostrare la totale indifferenza che questo personaggio ha verso tutti e tutto.

Kuri non ha interesse negli esseri umani, neppure nella loro società, tanto meno nelle regole che questa impone. Gli esempi a sostegno di ciò sono molteplici: gira per casa nuda anche quando ci sono ospiti, mostra le sue parti intime a Bungo senza alcun pudore, non prova alcuna empatia per i due teppistelli uccisi a sangue freddo da Sudo, oppure quando si lascia abusare sessualmente da dei banditi senza opporre la minima resistenza.

Come accade per Shiina, anche Kuri ha difficoltà nel legarsi a Sheol. Il motivo di ciò non viene spiegato esplicitamente dall’autore, tuttavia è possibile ipotizzarlo. La prima volta che Kuri riesce a controllare il suo drago, è esattamente nel mentre viene stuprata dai succitati malviventi. Questo può far pensare che Kuri, essendo lo “Yin” e quindi l’anima distruttiva di Sheol, provi proprio in quell’istante una sete insaziabile di distruzione verso chi sta abusando di lei. Come ho già descritto nel capoverso precedente, Kuri era completamente indifferente a tutto ciò che la circondava, di conseguenza questa sua impassibilità non le permetteva di personificare l’aspetto distruttivo di Sheol.

Altra ipotesi, da prendere con le pinze, risiede nell’accezione di impurità dello Yin. Con questo si può supporre come Kuri abbia dovuto perdere la verginità, quindi la sua purezza, prima di poter controllare Sheol.

Il caos che crea, il nulla che annienta.

I personaggi di Shiina Tamai e Kuri Mamiko, personificazioni del concetto di Yin e Yang, risultano essere alquanto surreali, inverosimili. Più che personaggi di una storia, sembrano dei concetti astratti. Per questa ragione Kitoh costruisce all’interno della sua opera due fazioni opposte che raffigurano, in modo più “terreno”, il dualismo del suddetto simbolo taoista.

Ci pensa Naozomi Sudo, uno dei leader delle succitate fazioni, a darci la definizione di quanto ho appena scritto:

Io sono il nulla, mentre Tsumaru-kun è il caos. La distruzione che converge nel nulla, la creazione che si diffonde attraverso il caos.

-NAOZOMI SUDO (NARUTARU)

Takeo Tsurumaru (Hoshimaru)

Takeo Tsurumaru

Per comprendere appieno il personaggio di Takeo Tsurumaru, basta il titolo di un capitolo interamente dedicato a lui : Verso l’Homo Demens.

Il caos rappresentato da Tsurumaru non è altro che il puro istinto di sopravvivenza della specie. Un essere umano che non si pone più quesiti esistenziali, che non filosofeggia, che non ha interesse nel cos’è giusto o cos’è sbagliato, nelle leggi o nella politica. L’Homo Sapiens che ha costruito innumerevoli civiltà scompare, facendo posto all’Homo Demens, l’involuzione verso lo stadio animale.

Numerosi sono i fatti a favore di questa ideologia. Prima di tutto il modo con il quale Tsurumaru utilizza il suo cucciolo di drago. Difatti l’unico scopo di Hoshimaru, per l’intera durata del manga, è quello di proteggere Shiina, ovvero l’unica che può salvare l’umanità dall’estinzione.

Altro esempio è quando Tsurumaru afferma di provare interesse per le donne, non perché catturato dalla loro bellezza o dal loro fascino, bensì interessato alla loro capacità di procreare. Come un animale, non prova amore, soltanto l’istinto di riproduzione. Tsurumaru agisce fuori ogni schema razionale, una palla impazzita all’interno della società. Il caos che genera.

Naozomi Sudo (Trickster)

Naozomi Sudo

La nemesi di Takeo Tsurumaru, come da sua stessa ammissione. Il suo scopo è quello di portare la società umana sull’orlo dell’annichilimento. Obiettivo che raggiunge nel finale del manga, quando tramite le sue macchinazioni riesce a scatenare una guerra nucleare su scala mondiale. Il perché lo faccia è ampiamente descritto dalle numerose scene dedicate al suo personaggio. Sudo prova un odio smisurato nei confronti dell’umanità, tanto da aver presumibilmente sterminato la sua famiglia, da non avere interessi nell’interagire con altre persone, ne amicizia ne amore. Anche il rapporto con gli altri membri del suo gruppo sono a dir poco freddi. Il suo fine ultimo, l’annientamento della razza umana, è tutto ciò che conta per lui.

La chiave di lettura di questo personaggio ci viene data in una discussione intercorsa tra Bungo Takano e Mamiko Kuri. Quest’ultima parlando del cucciolo di drago di Sudo, e su come quest’ultimo sia l’unico a non avergli dato un nome, lo definisce in questi termini:

Io lo chiamo Trickster. Come la figura mitologica. Il distruttore del sistema sociale esistente…colui che stravolge il mondo…temuto e venerato allo stesso tempo…

-KURI MAMIKO (NARUTARU)

È esattamente questa la funzione di Naozomi Sudo all’interno della vicenda. La società umana è oramai giunta a un punto di non ritorno, per questo c’è bisogno di qualcuno che la stravolga, o meglio, che la porti alla disfacimento. La distruzione che porta al nulla.

Norio Koga (Vagina Dentata)

Norio Koga

Unico seguace di Takeo Tsurumaru, anche perché è umanamente assurdo seguire la personificazione del caos. L’unico motivo che può spingere una persona a farlo è l’amore, anche a questo serve la definizione di amor folle. Difatti Norio è perdutamente innamorato di Tsurumaru. Tuttavia non riesce a trovare il coraggio per confessargli i suoi sentimenti, in quanto lo reputa un amore impossibile.

Il timore di Norio non è insito nel fatto di condividere il medesimo genere sessuale del suo amato, bensì dalla sua ovvia impossibilità di procreare, ovvero tutto ciò che interessa a Tsurumaru.

È proprio questa frustrazione a dare origine al suo cucciolo di drago Vagina Dentata. Questo nome è un ovvio riferimento ad una nozione espressa da Sigmund Freud. Con il termine “vagina dentata” lo psicanalista austriaco indicava il complesso di castrazione. Tuttavia Kitoh strizza l’occhio all’interpretazione che ne diede Jacques Lacan. Per lo psichiatra francese infatti la castrazione rappresenta la “mancanza simbolica di un oggetto immaginario”. Nel caso di Norio è l’apparato riproduttivo femminile ovviamente, o meglio, il figlio che non può dare a Tsurumaru.

Emblematica è la sua morte. Norio onora fino alla fine il suo amore per Tsurumaru. Nonostante le indescrivibili sevizie subite, che lo portano lentamente alla morte, i suoi sentimenti non vacillano mai. Nel momento in cui esala il suo ultimo respiro, il drago di Norio simula una sorta di parto, si dilata per dare spazio ad un feto. Il suo desiderio di avere un bambino si realizza metaforicamente attraverso Vagina Dentata.

Il suo cognome è un’ennesima conferma, Koga difatti può essere tradotto con “bambino”.

Kazuyuki “Bungo” Takano (Hainuwele)

Kazuyuki Takano

Kazuyuki Takano è il braccio destro di Naozomi Sudo. In pubblico sfoggia una maschera di normalità impeccabile, tanto da convincere le persone, ed anche il lettore, sulla sua bontà d’animo. A mostrare la vera faccia di Takano ci pensa la persona che lo conosce meglio, Satomi Ozawa. Quest’ultima si rivolge con queste parole ad una sua spasimante:

Tu non lo conosci…Quando eravamo bambini, Kazuyuki prese in prestito la mia bambola. Aveva una sorellina, quindi pensai che lo facesse per lei. Era la mia preferita. Quando me la restituì, mi accorsi che le aveva tagliato via i piedi all’altezza delle caviglie…Questo è il suo vero aspetto.

-SATOMI OZAWA (NARUTARU)

In psicanalisi, il desiderio di amputare i piedi o le gambe di un’altra persona viene interpretato come la volontà di dominare, avere il controllo di quella persona. Il rapporto tra Takano ed Ozawa è esattamente il contrario di ciò che viene mostrato. Takano domina psicologicamente Ozawa, la tiene completamente sotto il suo controllo. L’appellativo “bungo”, con il quale spesso Ozawa chiama Takano, vuol dire maestro in tono onorifico, o meglio, in tono di sottomissione.

Ma qual’è il motivo che porta Takano a seguire il piano di morte di Naozomi Sudo? La risposta a questo arcano ci viene data dal nome con il quale ha chiamato il suo cucciolo di drago: Hainuwele. Questo nome deriva dalla divinità venerata nell’isola di Ceram, Indonesia. Letteralmente può essere tradotto con “la ragazza delle noci di cocco”. L’etnologo A. E. Jensen illustra il mito di Hainuwele in questo modo:

  • Il Mito – Hainuwele partecipò a un ballo che doveva durare nove notti in un luogo conosciuto come Tamene Siwa. In questa danza, era tradizione per le ragazze distribuire noci di cocco agli uomini. Hainuwele lo fece, ma quando gli uomini gliele chiesero, diede loro invece le cose preziose che era in grado di defecare. Ogni giorno lei dava loro qualcosa di più grande e più prezioso: orecchini d’oro, corallo, piatti di porcellana, pugnali da caccia e scatole di rame. All’inizio gli uomini erano felici, ma a poco a poco decisero che quello che stava facendo Hainuwele era perturbante e, spinti dalla gelosia, decisero di ucciderla la nona sera.
  • Il Simbolismo – Attualmente l’interpretazione del mito di Hainuwele pone maggiormente l’accento sugli aspetti antropologici sociali. Pertanto, sottolinea il fatto che, dal momento che li aveva defecati, i doni che la generosa ragazza Hainuwele distribuiva avevano un’origine sporca e, sebbene utili, profanavano le persone che li accettavano. Il modo misterioso in cui sono stati portati avanti i doni materiali indica la realtà che tutti gli oggetti elencati nel mito erano stranieri, non prodotti a Seram e quindi non disponibili sull’isola prima del colonialismo avvenuto nel XVI secolo. La varietà di regali di Hainuwele ha prodotto un elemento di corruzione, portando disuguaglianza, avidità e gelosia in una società approssimativamente omogenea, basata esclusivamente sulle noci di cocco fino a quel momento. Quindi i vari doni della ragazza possono essere interpretati come “denaro sporco”, inquinando e degradando chiunque lo accetti, provocando un conflitto socioeconomico e la deviazione da uno stato ideale. Quindi, la leggenda di Hainuwele era un mito che cercava di riorganizzare le incongruenze con cui le tribù autoctone di Seram si trovavano di fronte mentre gli elementi del cambiamento influivano sulla loro società.

Da questo mito è possibile comprendere la volontà di Takano nell’annientare tutto il creato. Secondo lui la globalizzazione ed il progresso in generale hanno portato solamente corruzione, facendo così cadere la società in un profondo stato di abiezione, dove l’unica soluzione rimasta è la sua completa distruzione. È da questo sentimento che nasce il suo cucciolo di drago. Un degno compagno di Sudo Naozomi, senza alcun dubbio.

Satomi Ozawa (Amapola)

Satomi Ozawa

Il personaggio di Satomi Ozawa è strutturato sull’avere poca autostima della propria persona. Come viene descritta da sua madre, Satomi è sempre stata una bambina introversa e con difficoltà ad esternare i suoi sentimenti. Il suo problema a relazionarsi con la società e con le altre persone è dovuto indubbiamente alla sua mancanza di autostima. Per questo ha vestito una maschera di superbia, in modo da poter aggredire il prossimo prima che siano gli altri ad aggredirla.

La debolezza caratteriale di Satomi è senza alcun dubbio dovuta al rapporto che ha con Kazuyuki Takano. Come ho già evidenziato nel paragrafo riguardante proprio quest’ultimo, Satomi è follemente innamorata di lui. Tuttavia la natura dominante di Takano la porta a vivere in un costante stato di sottomissione. Satomi non sentendosi mai all’altezza del suo amato, tenta disperatamente di provare ogni giorno della sua vita di essere degna di lui e quindi del suo amore. Satomi non ha il benché minimo interesse nel piano di distruzione di Naozomi Sudo, lei fa semplicemente parte del suo gruppo per provare a Takano quanto ho appena scritto.

Da questo sentimento prende origine il cucciolo di drago di Satomi, Amapola. Termine spagnolo che sta per “papavero”. Non a caso il suo aspetto è proprio quello di un fiore. Tuttavia la scelta di Kitoh non si ferma esclusivamente a questo, ma bisogna cercarla nel significato del papavero nelle varie culture. Nella tradizione giapponese il papavero rosso viene consigliato alle coppiette in quanto simboleggia un amore profondo e appassionato tra due persone. Questa è un’ulteriore conferma di come Satomi vede nella sua mente lei e Takano come una coppia di innamorati legati indissolubilmente. In occidente, d’altro canto, il papavero ha tutto un altro significato, infatti viene spesso associato al sonno o alla morte. Questi due simbologie racchiudono il personaggio di Satomi. L’amore che prova per Takano, un uomo che desidera l’annientamento della razza umana, può coronarsi solamente nella morte.

Tomonori Komori (Push Dagger)

Tomonori Komori

Nonostante compaia nel manga soltanto per pochi capitoli, Komori riveste un ruolo relativamente importante. Posto appositamente da Kitoh nella prima parte del manga, Komori detta la linea con la quale leggere ed interpretare Narutaru. All’inizio del secondo volume, Komori si rivolge ad Akira Sakura con queste parole:

Quando ti senti fuori posto in ogni luogo del mondo, come agisci?
Intagli te stessa in modo da adeguarti al mondo che ti circonda…? O scolpisci il mondo perché si adatti a te?!*

-TOMONORI KOMORI (NARUTARU)

La ribellione giovanile, il malessere dell’adolescenza, descritto con poche righe. Adeguarsi alla società o fare la rivoluzione? Il quesito esistenziale che permea l’intera opera di Kitoh. Attraverso di esso si può, e si deve, interpretare Narutaru.

Inoltre, il terribile destino che spetta a Komori, serve a mostrare come la rivoluzione non si possa fare da soli, ma solamente agendo in gruppo. Nonostante faccia parte della fazione di Sudo Naozomi, Komori continua ad agire per conto proprio. L’attacco a Shiina e Akira, che alla fine gli costa la vita, lo ha fatto di sua iniziativa. Sconfitto dalla sua superbia.

Densa di significato è anche la sua ultima apparizione nel manga. La scena mostra Komori legato ad un letto di una struttura governativa, catturato e sfruttato come cavia da laboratorio. La sua parziale fusione con il suo cucciolo di drago Push Dagger è simbolo del suo fallimento. Komori non è riuscito ne a rivoluzionare il mondo, ne a diventare un martire della lotta all’ambiguità del mondo.

*Nota – Ho tradotto, con molte license, dal manga inglese. Questo perché la versione italiana mantiene sì il senso della frase, ma si allontana troppo dalla forma originale. Difatti il verbo “to carve” (intagliare-scolpire), ripetuto più volte da Komori, viene totalmente omesso, ed è un peccato dato che era messo appositamente lì per dare enfasi alla natura del suo cucciolo di drago Push Dagger, che oltre al nome ha anche la forma di un pugnale.

Demoni o principesse?

Ovviamente non tutti i protagonisti di Narutaru ruotano attorno alle pseudo fazioni guidate da Sudo e Tsurumaru. Alcuni di essi vengono utilizzati da Kitoh con l’unico scopo di spiegare concetti inerenti alla trama principale o per argomentare più approfonditamente alcuni aspetti legati all’ambientazione del suo manga.

Difatti molti di loro compaiono sporadicamente nello svolgimento della trama, mentre per altri è palese come siano stati aggiunti, addirittura, successivamente alla conclusione del manga.

Misho Tamai (Otohime)

Misho Tamai

Dare un significato al personaggio di Misho Tamai risulta abbastanza complesso. Le uniche informazioni che la riguardano sono racchiuse in poche pagine dell’ultimo volume del manga.

Misho riveste senza dubbio un ruolo chiave all’interno di Narutaru. Può essere definita la causa scatenante l’intero intreccio della trama. Basti pensare a tutte le ripercussioni causate dalla sua morte su Shiina e l’intera famiglia Tamai.

Nei flashback che la riguardano, viene descritta come una ragazzina solare ed estroversa. Tuttavia, un giorno, Misho comincia ad incupirsi, ed in preda alla depressione compie l’estremo gesto. La causa del suo dolore esistenziale non è chiarissima, ma è possibile ipotizzarne due.

Il primo motivo di questa depressione, ed anche il più probabile, è quello che S. Freud denominò “gelosia competitiva o normale” :


…essenzialmente composta dall’afflizione, il dolore provocato dalla convinzione di aver perduto l’oggetto d’amore, e dalla ferita narcisistica, ammesso che questa possa essere distinta dal resto; infine, da sentimenti ostili verso il più fortunato rivale, e da una dose più o meno grande di autocritica che tende ad attribuire al proprio Io la responsabilità della perdita amorosa.
Anche se la chiamiamo normale, questa gelosia non è interamente razionale, ossia determinata dalla situazione attuale, proporzionata alle circostanze affettive e sotto il completo controllo dell’Io cosciente; anzi essa è profondamente radicata nell’inconscio, è la continuazione dei primissimi impulsi della vita affettiva infantile e trae origine del complesso edipico o da quello fratello-sorella del primo periodo sessuale.

-S. FREUD

In sostanza, Misho addossa tutta la colpa su stessa per la mancanza d’affetto dei suoi genitori nei suoi confronti. Sentendosi di troppo, decide di togliersi la vita.

Altra causa della depressione di Misho, molto meno probabile, in quanto si basa su di una sola immagine. In questa, Misho veste la divisa dell’istituto Banda, la stessa scuola d’élite che frequenterà anche Shiina. Subito dopo questa immagine l’autore mostra la spirale depressiva di Misho, quindi è possibile ipotizzare un possibile caso di bullismo.

Misho non riesce a superare questo dolore, dona così la vita al suo cucciolo di drago, diventando una Otohime. L’angelo custode di Shiina.

Hiroko Kaizuka (Oni)

Hiroko Kaizuka

Kitoh inserisce nel suo manga un personaggio che ha puramente lo scopo di spiegare al lettore la natura dei cuccioli di drago : Hiroko Kaizuka.

I capitoli dedicati a questo personaggio sono forse quelli più crudi dell’intero manga. In essi Kitoh estremizza (o forse nemmeno così tanto) due problematiche che possono destabilizzare, anche in modo irreversibile, l’esistenza di un adolescente: il bullismo ed il non-rapporto con i propri genitori.

Hiroko viene perseguitata dalle sue compagne di classe, in quanto più brava di loro a scuola. Queste la sottopongono a vere e proprie torture, non c’è termine più esatto per descrivere le scene del lombrico o della provetta. Nonostante tutto ciò, Hiroko cade ma si rialza sempre, grazie alla sua amicizia con Shiina. Le basta vedere il viso della sua amica per tranquillizzarsi.

Altro macigno che pende sulla testa di Hiroko risiede in tutte le aspettative che i suoi genitori, in particolare il padre, hanno per la sua carriera scolastica. Questi non pensano minimamente alla felicità di loro figlia, ma esclusivamente ad i suoi voti, all’ammissione in una scuola superiore, ed in seguito ad un’università di prestigio. Insomma, al suo stato sociale.

Ed è proprio per questo motivo che il padre proibisce ad Hiroko di frequentare Shiina. Reputandola una ragazzina con la testa fra le nuvole, è convinto che sia lei la cattiva influenza che sta causando il recente andamento scolastico di Hiroko, e non gli episodi di bullismo.

Proibita dell’ultimo, e unico, appiglio di felicità che le era rimasto, Hiroko crolla e da vita al suo cucciolo di drago. Con questo nuovo potere, nato dall’odio e dal risentimento, l’unico obbiettivo di Hiroko è quello di sterminare tutti coloro che le hanno fatto del male.

Una volta eliminati tutti, Hiroko è soddisfatta, la sua missione è completa. L’unico desiderio che le resta da esaudire, è morire. Sa benissimo di aver commesso qualcosa di imperdonabile, per questo Hiroko decide di rapire il padre di Shiina, per costringere la sua unica amica ad ucciderla, perché Hiroko vuole che sia solamente lei a farlo. Shiina non riesce, ma al suo posto lo fa Hoshimaru.

La storia di Hiroko è amara. Una ragazzina dall’animo gentile che viene trasformata in un mostro omicida dalle persone che la circondano. Non a caso il nome del suo cucciolo di drago è Oni, ovvio riferimento alle omonime creature della mitologia giapponese. Questi, inizialmente considerati benevoli dal popolo, si trasformano con il passare del tempo demoni infernali.

È inoltre emblematica la scena nella quale Hiroko discute con Akira Sakura, davanti casa di Shiina. Le due ragazze, nonostante abbiano una condizione simile, vedono il mondo che le circonda in maniera completamente diversa. Hiroko ritiene che siano gli altri ad avere qualcosa di sbagliato, mentre Akira pensa l’esatto opposto, ritiene che sia lei ad avere qualcosa che non va. Questo spiega perfettamente la spedizione punitiva intrapresa da Hiroko.

Akira Sakura (En-sof)

Akira Sakura

…la divinità dalla quale si genera Dio. L’inizio di tutte le cose…o meglio, l’origine di tutto il creato.

-AKIRA SAKURA (NARUTARU)

Queste sono le parole che usa Akira per spiegare a Shiina il significato del nome che ha dato al suo cucciolo di drago : En-Sof. Come lei stessa afferma, questo nome ha origine ebraica, nella Cabala con il termina Ein Sof si indica la natura infinita di Dio, incomprensibile all’uomo.

Akira è un personaggio di indubbia tristezza. Il nome che da al suo cucciolo di drago, non è un mero riferimento alla Cabala ebraica, ma è l’emblema della sua condizione. Nel corso del manga scopriamo come inizialmente Akira fosse una bambina felice ed estroversa, estremamente attacca a suo padre. Ma cosa la porta allora a trasformarsi in una ragazza così introversa ed insicura? La metamorfosi di Akira avviene a causa dei continui abusi sessuali, ricevuti proprio dal genitore al quale era tanto legata. È esattamente questo il motivo della nascita di En-Sof.

Con l’espressione: “L’inizio di tutte le cose, l’origine di tutto il creato”, Akira non si sta riferendo al significato religioso del termine, ma alla sua condizione esistenziale. L’abuso sessuale è l’inizio di tutto, l’inizio della sua spirale mortale, ed è inoltre l’origine di tutto il suo dolore. Dopo questo evento Akira non riesce più fidarsi di nessuno. Se suo padre è riuscito a farla soffrire così tanto, cosa potrebbe farle uno sconosciuto? Diventa così una ragazza introversa, e perde del tutto la sua autostima. Niente e nessuno può salvarla dalla sua condizione. Ne le lezioni di kendo per proteggersi da suo padre o dal prossimo, ne l’amicizia di Shiina, ne la filosofia di Sudo. La ferita è troppo grande e non può essere ricucita, nemmeno piegando 1000 origami a forma di gru*.

È questo quindi il significato di En-sof. Il dolore esistenziale di Akira è senza fine, come suggerisce il termine ebraico, e non può essere compreso e sanato da nessuna persona e da nessun gesto, nemmeno quello di uccidere suo padre, colui che l’ha generato. Per questo, nel finale del manga, Akira si getta dalla sua stanza d’ospedale, l’unico modo per liberarsi dal suo dolore esistenziale è la morte.

*Nota –Senbazuru (千羽鶴 ) è un’antica leggenda giapponese. Promette che a chiunque pieghi un migliaio di gru origami verrà concesso un desiderio dagli dei. Alcune storie credono che sia concessa la felicità e fortuna eterna, invece di un solo desiderio, come una lunga vita o il recupero da una malattia o un infortunio.

Jyun Ezumi/Kyoji Fukuyama (Mindclay)

Kyoji Fukuyama

È palese come la vicenda di Jyun Ezumi, o meglio, di Kyoji Fukuyama sia stata scritta successivamente alla stesura della storia originale. Kitoh dedica un unico capitolo (di oltre 100 pagine) a questo personaggio con l’unico scopo di spiegare ai suoi lettori il significato dietro la nascita delle otohime.

Voglio che tu assista alla nascita di un drago.

-KYOJI FUKUYAMA (NARUTARU)

Più che appartenere a Kyoji Fukuyama, queste parole rappresentano un invito da parte di Kitoh a comprendere il suo manga. In parte, è anche grazie a questo capitolo inserito appositamente dall’autore se sono riuscito a scrivere il paragrafo Ryugu-jo : Il tempio dell’anima, gli indizi sono svariati:

  • Come indica lo stesso nome, l’abilità di Mindclay è quella di materializzare qualsiasi cosa Kyoji pensi. Il cucciolo di drago come forma del pensiero, come espressione dell’anima del suo padrone.
  • Il suicidio di Kyoji. È indubbio che la motivazione dietro il gesto estremo di Kyoji sia l’amore, l’affetto verso sua cugina Shoko. Il dolore di Kyoji è vedere la difficoltà, l’inettitudine che Shoko ha nel convivere sociale. Per questo motivo, Kyoji si finge Jyun nello scambio epistolare con Shoko, nel tentativo di smuovere il cuore di quest’ultima, al punto da impersonarla anche nell’aspetto grazie al potere di Mindclay. Ciò nonostante, i risultati non arrivano, da qui l’idea di Kyoji di pianificare il suo suicidio come ultima mossa per far svegliare Shoko dal suo torpore esistenziale. Con quest’ultimo tentativo, Kyoji riesce finalmente nel suo intento.
  • Proprio in virtù del punto precedente avviene la trasformazione di Kyoji in otohime, confermando come questa trasformazione avvenga esclusivamente per chi sacrifica la propria vita per lo scopo che persegue.
  • Anche la forma finale di Mindclay, quella di sirena, è alquanto emblematica. Kitoh sceglie di rivisitare la fiaba di H. C. Andersen. Esattamente come Ariel sacrifica la sua vita per il sentimento d’amore verso il principe, anche Kyoji fa lo stesso per Shoko.

Una curiosità. In questo capitolo, viene mostrato un delfino in forma di otohime. Questo fa pensare come i draghi possano anche essere originati dall’inconscio collettivo o, addirittura, da esseri viventi non appartenenti al genere umano. Probabilmente un chiaro messaggio ambientalista dell’autore contro l’incessante caccia ai delfini, attività svolta regolarmente in Giappone.

Robert Franklin (Tarasque)

Robert Franklin

Con molte probabilità, anche la storia di Robert Franklin è stata scritta ed aggiunta successivamente alla prima stesura di Narutaru. Almeno in questo caso, Kitoh ha cercato di inserirla in maniera più omogenea rispetto al capitolo di Kyoji Fukuyama.

L’autore racconta le vicende di Robert Franklin, e di sua madre Jane, con uno scopo ben preciso, vale a dire quello di preparare psicologicamente il lettore al controverso finale del manga.

Kitoh costruisce la storia di Robert ispirandosi alla leggenda della Tarasca, dalla quale il suo cucciolo di drago prende anche il nome:

La creatura dimorava nella zona di Nerluc, Provenza francese, devastando il paesaggio in lungo e in largo, disturbando la quiete della popolazione. Il re di Nerluc decise, quindi, di attaccare la Tarasca con cavalieri e catapulte, ma non ebbe successo. Fortuna volle che Santa Marta si imbatté nella bestia, la incantò con inni e preghiere, e riportò in città il mostro addomesticato. La gente, terrorizzata, attaccò la Tarasca nonostante fosse innocua. Il mostro non oppose alcuna resistenza, e morì. Santa Marta quindi predicò al popolo e convertì molti di loro al cristianesimo. Dispiaciuti per quello che avevano fatto al povero mostro domato, i cittadini, appena convertiti al cristianesimo, cambiarono il nome della città in Tarascon.

-LA LEGGENDA DELLA TARASCA

Le similitudini sono evidenti. Robert rappresenta, neanche a dirlo, la tarasca che provoca inquietudine nella popolazione, mentre Shiina riveste il ruolo di Santa Marta, capace di domare il mostro. Altrettanto ovvio è il ruolo del governo giapponese, che invece di cessare gli attacchi continua imperterrito a voler eliminare la minaccia, anche se oramai innocua.

Tuttavia c’è una grande differenza tra queste due storie: il finale. La leggenda della Tarasca si conclude con il successo di Santa Marta nel convertire gli abitanti di Nerluc al cristianesimo; in Narutaru, d’altro canto, succede l’esatto opposto, in quanto Shiina viene uccisa dallo stesso popolo che tentava di salvare.

È proprio questo il punto sul quale Kitoh vuole che il lettore si soffermi. La società moderna è abietta a tal punto da uccidere una santa, ha raggiunto il punto di non ritorno, una condizione irreversibile. Nessuno può più salvare l’umanità, l’unica soluzione è rifondare.

Un taoismo nicciano.

finale di Narutaru

Il finale di Narutaru è considerato uno tra i più controversi dell’intera storia dei manga. Questo è dovuto in gran parte all’utilizzo eccessivo di simbolismi da parte di Kitoh, il quale, aggiunto ad una narrazione poco fluida e spesso fuorviante, ha portato molti lettori ad interrogarsi sull’effettivo significato di questo finale.

Ed è esattamente per questo motivo che ho cercato di scandagliare Narutaru in tutti i suoi aspetti prima di andarne a tirare le somme. Procedo, quindi, ad analizzare quelle trenta pagine del capitolo conclusivo che molti dubbi ha scatenato.

Nella scena iniziale troviamo Shiina mirare un panorama post-apocalittico. Da qui comincia un flashback che riassume cosa ha causato quello scenario desolato. Shiina e Mamiko, dopo aver salvato l’umanità dalla guerra nucleare grazie al loro drago Sheol, vengono perseguitate dalle stesse persone che hanno salvato, terrorizzate dai loro poteri sovrannaturali. Dando il via ad una vera e propria caccia alle streghe. Non solo nei confronti delle due protagoniste, ma anche di tutte le persone che sono dalla loro parte. Difatti a causa di queste persecuzioni rimarranno uccisi sia Misono Tamai, la madre di Shiina, che Takeo Tsurumaru. La stessa protagonista scampa alla morte solo grazie all’intervento tempestivo di Mamiko Kuri. Una scena fondamentale, dove viene evidenziata la completa incapacità di Shiina nel difendersi da sola. Il motivo di ciò risiede nella natura del suo personaggio, essendo Shiina la personificazione dello “yang” possiede solamente il potere di costruire o di generare; al contrario Mamiko, rappresentando lo “yin”, ha il potere di distruggere ogni cosa. E sarà proprio quest’ultima a provocare la fine del mondo per come lo conosciamo, in comunione con la volontà di Shiina, oramai stanca di provare a salvare chi non vuole essere salvato, a salvare chi vuole uccidere i propri salvatori.

Mamiko procede, quindi, a svolgere il suo compito: estirpare ogni forma di vita umana dalla faccia del pianeta. Finito l’annientamento, la ricostruzione spetta a Shiina. Tuttavia quest’ultima, diventata apatica dopo la scomparsa dei suoi affetti, appare riluttante all’idea di concedere un’altra occasione all’umanità. Mamiko riesce però a smuovere l’animo di Shiina mostrandole un disegno che lei stessa fece da bambina raffigurante una famiglia felice, la sua famiglia. Con spirito rinnovato, Shiina decide quindi di compiere la sua parte. Al che Mamiko le ricorda il suo vero potere, definendola la otohime di tutti i draghi. Difatti Shiina può attingere ai ricordi del pianeta (i draghi) per ricreare tutto ciò che vuole.

Il potere di Shiina deriva, ed è limitato, alla memoria del pianeta. Ricostituire l’umanità attraverso questo potere, significa semplicemente replicare il passato. Per questo motivo, Shiina, decide di non utilizzarlo, e guardando invece al futuro, sceglie di creare una società a partire dagli unici esseri umani non macchiati dagli errori del passato, ovvero i bambini che lei e Mamiko portano in grembo. Una scena emblematica, dove con forza l’autore mostra la sua volontà di voler superare il conservatorismo, il tradizionalismo della nostra civiltà.

Ulteriore conferma di ciò è insita nelle ultime tavole del manga. Narutaru si conclude nello stesso luogo dove tutto ha avuto inizio, la spiaggia dove Shiina incontra per la prima volta Hoshimaru. Ad indicarcelo è l’imponente torii che sovrasta la spiaggia. Ed è proprio in esso che è insito il messaggio dell’intera opera. Il torii, caratteristica struttura shintoista, viene inserito dall’autore per rappresenta simbolicamente uno dei pilastri su cui si è sviluppata l’umanità tutta: la religione.

Con questa nozione è possibile reinterpretare molte delle scene del manga. Ad esempio, nel primo capitolo, la scena nella quale Shiina quasi affoga nel tentativo di raggiungere il torii a nuoto, può essere interpretata come una metafora dell’individuo che tenta vanamente di soverchiare le tradizioni, la religione, le credenze radicate nella società alla quale appartiene. Il tentativo di Shiina è destinato a fallire perché non ha completato il suo percorso interiore, non ha ancora scacciato le ombre della sua anima. Solo nel finale, dopo un lungo percorso introspettivo, Shiina riesce a superare metaforicamente il torii, non a caso è ritratto sullo sfondo inclinato (come da immagine del paragrafo).

Nelle ultimissime tavole del manga, vengono raffigurati due adolescenti, un ragazzo ed una ragazza, che si baciano amorevolmente, come due moderni Adamo ed Eva. La loro somiglianza con Shiina e Mamiko è palese. Risulta scontato affermare che si tratti proprio dei loro figli. Sullo sfondo si scorge il torii quasi del tutto inabissato, a conferma dell’avvenuto superamento del tradizionalismo della precedente civiltà.

Tuttavia, non è da trascurare come Kitoh eviti di inserire un’ultima tavola raffigurante il torii completamente sprofondato nel mare. L’autore torna sui principi taoisti, lo yin e lo yang, nulla è tutto bianco o tutto nero, lascia quindi una macchia sulla società che verrà. Tutto ciò è probabilmente da ricondurre a come sono stati concepiti i bambini delle protagoniste. Shiina è rimasta incinta di Tsurumaru, il suo amato, quindi un figlio generato dall’amore. Mamiko, al contrario, resta incinta in seguito allo stupro subito a casa di Tsurumaru da un gruppo di malviventi, ovvero un figlio generato dal viziosità. Amore e odio, virtù e perversione, il dualismo insito nell’uomo non può essere cancellato.

IN CONCLUSIONE

finale escatologico per Narutaru

Narutaru lungi dall’essere perfetto, è un manga afflitto dalle incertezze del suo autore, una su tutte la paura di non essere compreso. Oltre alle indefinite modifiche fatte in corso d’opera, questa paura è palese nel suo utilizzare un personaggio per ogni concetto da esprimere. Kitoh facendo così pensava di rendere la sua opera più chiara e comprensibile, ma il risultato è stato l’esatto opposto. Un cast di personaggi troppo ampio che svia e appesantisce la lettura del manga.

Ciò nonostante Narutaru è pregno dello spirito del suo autore, che reputo la caratteristica principale di una qualsiasi opera d’arte. Sicuramente avrebbe potuto scriverlo meglio, ma questo non va ad intaccare la forte intimità del manga.

Concludo spendendo qualche parole sull’adattamento animato fatto nell’oramai lontano 2003. Questo ripercorre poco più della metà dell’opera originale, difatti copre soltanto fino al settimo volume. Bisogna inoltre aggiungere che non è una trasposizione esattamente fedele, sono infatti molti i personaggi o le scene tagliate del tutto. Nonostante questo sia il regista Toshiaki Iino, che lo sceneggiatore Chiaki J. Konaka, cercano e riescono a catturare lo spirito dell’opera di Kitoh in quei pochi episodi commissionati loro. Quindi per chi fosse interessato in Narutaru, usando termini cinematografici, la visione dell’anime è un buon trailer di presentazione al manga.

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