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Interstella 5555: il dimenticato elogio alla musica di Leiji Matsumoto

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L’animazione giapponese ha un carattere peculiare che spesso, e soprattutto in Occidente, tende ad emergere: si ritrovano mondi perduti racchiusi in cassette impolverate di film ormai relitti. Come in qualsiasi altro contesto, anche nel mondo della cinematografia d’animazione giapponese, vi sono delle opere che sono passate immediatamente in sordina. Interstella 5555 – The 5tory of the 5ecret 5tar 5ystem ( インターステラ ) è uno di questi.

Interstella 5555 è un film d’animazione nippo-francese del 2003. Il progetto nasce dalla commistione di un apparato musicale ed uno cinematografico, che insieme danno vita ad un’opera di rara bellezza. Infatti il film vede la collaborazione tra i Daft Punk, il rivoluzionario duo della musica elettronica, e il grandissimo maestro Leiji Matsumoto, papà di pietre miliari del manga come Capitan Harlock e Galaxy Express 999.

Questo articolo ha l’intenzione di ripercorrere quello che è il viaggio narrato nella pellicola e quella che è stata una delle comunioni più riuscite a livello di estetica, narrativo e musicale negli ultimi anni.

Alla scoperta di Discovery

Prima di entrare nel nucleo, è necessario avvincarsi a quello che è il mondo variopinto e futuristico creato dai Daft Punk, di cui Discovery è forse il punto più alto. Senza la base musicale questo film non sarebbe mai potuto esistere, o forse, non sarebbe potuto mai risultare così meraviglioso.

Chi sono i Daft Punk? Descrivere la carriera e i successi dei Daft Punk ai pochissimi che non conoscono il famossissimo duo dai caschi robotici sembra un’impresa mastodontica. Thomas Bangalter e Guy-Manuel de Homem-Christo sono riusciti a far ballare tutto il mondo sfornando una collezione di hit sfruttando il loro vastissimo repertorio musicale. Attraverso la loro musica, hanno creato un immaginario rivoluzionario, dalle tinte futuristiche alle sfumature di un’estetica stroboscopica. Il loro approdo alla musica ha segnato in modo irriversibile il mondo della musica elettronica, facendo elevare a livelli mai visti questa corrente musicale. Per essere così esperti ad utilizzare la consolle, dietro la maschera potrebbero celarsi uomini, alieni, robot, oppure potrebbe non esserci niente.

Emersi con The New Wave, negli anni a seguire iniziarono a pubblicare senza sosta singoli, melodie totalmente diverse da quelle a cui l’orecchio del pubblico era abituato ad ascoltare (There are no rules, anymore). Dalla commistione delle canzoni che il duo riteneva migliori nacque un progetto totalmente originale, Homework. L’album aveva sonorità stranianti e inusuali e sembrava appena uscito da una fabbrica del suono. Poi la svolta… Discovery.

Che cos’è Discovery? Uscito il 9 Marzo del 2001, Discovery segnerà per sempre la discografia dei Daft Punk, diventando uno degli album del duo più ascoltati di sempre. Le tonalità si fanno più eleganti e l’ascoltatore è attorniato da questa suggestiva atmosfera quasi celestiale, venendo inebriato da testi dolci ed un ritmo virtuoso che non smette mai di sorprendere: la formula perfetta dei Daft Punk. Ed è proprio per Discovery che si chiese l’aiuto di Leiji Matsumoto, era appena nato il barlume di Interstella 5555.

Una produzione galattica

L’incotro con Leiji Matsumoto

Discovery è un album intriso dell’infanzia dei due compositori. Come specificato da Bangalter, il progetto, un vero e proprio concept album, aveva l’intenzione di riprodurre la giovinezza tra il ’75 e l’85; giovinezza che si esternava in più medium, dalla televisione, alla musica spaziando per giocattoli e avventure compiute tra amici. E chi più di Leiji Matsumoto poteva influenzare quel tempo? Con le sue geniali e altrettanto sofisticate creazioni (come Capitan Harlock, il magnum opus di Matsumoto), il genio dell’artista giapponese ha saputo plasmare la realtà e donare dai più piccoli ai più grandi dei grandissimi viaggi interstellari! Non sembra un’assonanza con ciò che, a distanza di anni, verrà ad essere Discovery?

Fu così che i Daft Punk, accompagnati dal loro collaboratore Cèdric Harvet, presero il primo volo diretto a Tokyo subito dopo aver terminato il loro progetto. Quest’ultimo prevedeva come tema centrale la cultura dell’industria musicale ma il tutto veniva amalgamato da un forte influsso fantascientifico. Il trio riuscirà a convincere il maestro Matsumoto a realizzare un film insieme a loro? Senza esitazione Leiji Matsumoto, che aveva già ascoltato la musica del duo, diede l’assenso al progetto, divenendone supervisore. Queste le sue parole:

In un certo modo mi sento come predestinato per aver lavorato con i Daft Punk. Fin da bambino adoravo disegnare vignette ascoltando la musica ed ad essa adattare le scene. Ora, a cavallo tra ventesimo e ventunesimo secolo, sento che ciò che facevo da bambino può divenire una realtà. Questo progetto potrà collegare il mondo della musica e il mondo dell’animazioni in un dolcissimo legame.

In prosieguo di tempo…

Subito dopo l’unione del maestro Matsumoto, vennero contattati Shinji Shimizu (storico produttore di Toei Animation) e Kazuhisa Takenouchi (famoso direttore di Dragon Ball), rispettivamente per le animazioni e per curare la direzione del progetto. Matsumoto, innamorato della figura femminile e dei cavalieri dei romanzi cavallereschi francesi del Medioevo, ha immaginato subito un viaggio in cerca di una quest precisa. Così ha spiegato Leiji Matsumoto durante un’intervista:

[…] Ho citato loro l’idea di un viaggio. Questa non venne recepita con il massimo dell’entusiasmo, soprattutto perché tutti si prefigurarono un viaggio bucolico. Appena ho sviluppato l’idea, rendendola più futuristica ed aggiungendo temi più cari al gruppo, tutto lo staff è rimasto meravigliato.

Dopo che i canoni generali vennero delineati, si procedette alla realizzazione più dettagliata di alcuni video musicali. Infatti, Interstella 5555 non nasce in modo subitaneo come pellicola d’animazione, rivelandosi semplicemente un’estensione minuziosa di quelli che furono i primi quattro video ad uscire. Video tutti uniti da un leitmotiv caratteristico: una trama incentrata su degli alieni che vengono umanizzati“. I video animati vennero prodotti per inaugurare l’album e vedono come soggetti le prime quattro canzoni di Discovery: One More Time, Aerodynamic, Digital Love e Harder, Better, Faster, Stronger. Ma senza il reale progetto cinematografico il tutto sarebbe rimasto nella nebbia.

Due anni dopo Discovery, Insterstella 5555 era completato. Un film dalla durata di 68 minuti, completamente muto ma innestato sul disco dei Daft Punk, che ne diveniva la colonna sonora e, aiutando chi guarda ad immergersi in un viaggio onirico, guida la trama del film.

I Daft Punk con il maestro Leiji Matsumoto.

5 stelle in un viaggio ai confini dello spazio

Queste sezione è dedicata allo svisceramento dei capitoli dell’opera, coincidenti, per l’appunto, con le canzoni di Discovery. Si analizzeranno gli eventi nel modo più minuzioso possibile, cercando di unire il filo narrativo del film con le citazioni di Matsumoto e il progetto iniziale dei due musicisti.

Prima di cominciare, il film intervalla la presentazione con le parole che Leiji Matsumoto ha detto durante l’intervista di rilascio della pellicola insieme ai Daft Punk – l’intervista è la stessa della citazione ne L’incontro con Matsumoto, poco sopra. Immediatamente dopo, sorvolando milioni e milioni di costellazioni, si viene catapultati all’interno di un tunnel galattico, che ci porterà in qualche reame alieno remoto. Poco prima di immergersi nella narrazione si intravede un dorato simbolo sfuggente dalla forma di un basso elettrico. Dove si verrà proiettati?

Atto I: One More Time

One more time
We’re gonna celebrate
Oh yeah, all right
Don’t stop the dancing

[Sample: Eddie Johns More Spell on You]

Su un pianeta di una galassia anni luce distante dalla Terra si sta tenendo un coloratissimo ed effervescente concerto.Tutti si stanno divertendo spensierati, ballando a ritmo della meravigliosa musica: famiglie, fidanzati, amici, dai più grandi ai più piccoli, chi dalla platea e chi dalla propria abitazione. In pochi minuti siamo proiettati in uno spettacolo idilliaco contornato da luci variopinte, dai colori sgargianti e dai sorrisi di tutti gli abitanti.

I riflettori sono tutti puntati su di loro: un quartetto che dirige la musica magistralmente, incitando la folla e facendosi trasportare ardentemente dalla musica. Acclamatissimo, il quartetto è formato da un piccolo batterista dalla folta chioma castana, da un tastierista afro, un bellissimo ragazzo biondo alla chitarra elettrica e come bassista un’incantevole fanciulla dai lunghi capelli dorati. Il primo atto è la rappresentazione estatica di un concerto che si perde tra il ritmo e i colori, che, in quei minuti preziosi, formano la potenza di tutti i cittadini. Qui ci si accorge di come la musica non fa che rispecchiare la realtà delle immagini, infatti la canzone riprodotta dalla band non è altro che One More Time.

In tutto questo, però, mentre anche gli addetti alla sicurezza del pianeta si stanno rilassando a suon di musica, si avvicina minacciosa una nave spaziale intrusa. Da essa esce un telescopio in grado di captare suoni ed immagini. All’interno di essa, in perfetto stile Leiji Matsumoto, si intravede una sagoma minacciosa le cui gestualità sono poche ma chiarissime: con le dita tiene il ritmo della musica che lo ha tanto colpito, per poi premere un bottone e sogghignare. Dalla nave spaziale fuoriescono navicelle che in un battibaleno assaltano il pianeta, mentre tutti sono ignari. Gli intrusi sono incappucciati, tutti vestiti di nero, con inquietanti maschere e attrazzati con fucili all’avanguardia. L’attacco è ormai completato, quando la sicurezza scopre dell’invasione.

Atto II: Aerodynamic

[Sample: Sister Sledge Il Maquillage Lady]

I rintocchi di Aerodynamic segnano l’inizio del secondo capitolo e l’infiltrazione è accompagnata da immagini che preannunciano il disastro. La quasi catartica One More Time è terminata. Un membro della squadra nemica riesce a raggiungere un reattore, che spegne facilmente premendo qualche pulsante. I rintocchi sono conclusi, è tempo di far partire il beat funky della canzone. Una volta partita, i nemici appaiono nel luogo del concerto come ombre insidiose e gigantesche e, incutendo terrore nel pubblico, sparano gas soporifero dai loro armamenti. I terrificanti mascherati si calano giù dallo stadio come solo in un perfetto attacco premeditato è possibile e fanno addormentare la bellissima bassista, il tastierista e il batterista. Il giovane ragazzo bionda inizia a correre in una fuga forsennata, cercando di trovare aiuto.

Facendosi spazio con calci e pugni riesce a fuggire e, quando la maggior parte dei nemici, in costante crescita, sembra essere seminata, ecco che viene intercettato. Il nemico estrae da una valigetta blindata un temibile fucile balestra. Il nostro protagonista è intento in una corsa da crepacuore, quando viene colpito, in modo efferato ma completamente sleale, alle spalle, cadendo inerme ed addormentandosi. La squadra in nero colleziona gli strumenti musicali della band, mettendoli in un’apposita navicella munita di barriera infrangibile. Lo stesso succederà per i membri della band, ormai completamente ammansiti.

La missione è compiuta e l’invasori lasciano il pianeta come se nulla fosse realmente accaduto. Il capo della squadra nemica stavolta ride e si esalta alla visione del successo del suo piano che ha qualcosa di diabolico. Il popolo, dopo poco, si sveglia confuso: la festa è finita in modo improvviso. Ma, catapultati alla torre di comando, uno degli addetti alla sicurezza, con molta fatica, riesce a premere un pulsante per richiamare l’attenzione di qualcuno. Qualcuno il cui simbolo è lo stesso simbolo dorato dell’inizio. Qualcuno che può rappresentare un barlume di sperenza.

Atto III: Digital Love

Last night I had a dream about you
In this dream, I’m dancing right beside you
And it looked like everyone was having fun
The kind of feeling I’ve waited so long

[Sample: George Duke I Love You More]

Il terzo atto è racchiuso in un inno all’amore, ma un inno all’amore un po’ strano. Digital Love è la canzone di un ragazzo immerso in un viaggio onirico, in cui balla a ritmo di musica con la sua amata, che, tuttavia, sembra non ricambiare. Una dolcissima ode a quel sentimento tanto complesso quanto profumato che è l’amore, che sia reale o che sia solo un bellissimo sogno. Ed il tema ritorna in maniera palese.

Il segnale, infatti, raggiunge un navicella galleggiante vicino ad un pianeta lontano. Qui incontriamo Shep. Un ragazzo che, con la sua tuta d’astronauta e le note della canzone tra le labbra, sta pulendo con un’aspiratore molto innovativo la sua navicella. Il giovane è totalmente perso nel ritmo della musica, talché mima una chitarra elettrica avvalendosi dell’aspiratore ed, addirittura, ballando, rischia di allontanarsi dalla nave. Il nostro astronauta rientra nella sua astronave e, dopo essersi tolto la tuta e aver bevuto una bevanda, si getta sul suo letto. Shep ha una serie di dischi e poster nella sua “stanza”, ma quello a lui più caro è sicuramente quello raffigurante la bellissima fanciulla dai capelli d’oro.

Osservandolo si addormenta e subito dopo parte una sequenza straordinariamente bella per via dell’estetica e dell’atmosfera. La ragazza dai capelli d’oro gli tende la mano e lo accompagna in un modo pieno di fiori, un paradiso dove solo loro, in inimità, possono stare insieme. Shep cerca di dare un bacio alla sua amata ma viene improvvisamente svegliato dall’allarme. Ricevuto il segnale, gli viene spiegata nel dettaglio la situazione e, in modo frenetico, come un nuovo Capitan Harlock, si precipita a salvare i suoi amici.

Intanto, nello spazio profondo, la nave nemica tiene in ostaggio i protagonisti addormentati e, inseguita dalla navicella di Shep, attraverso un tunnel galattico. L’astronave passa agilmente in mezzo al tunnel per poi giungere proprio sulla Terra, dove, venuta a contatto con l’atmosfera terrestre, si trasforma in aeroplano. L’aereo atterra e nasconde in un hangar i corpi appena catturati, Shep invece incontra molte più difficoltà. In una scena che ricorda quella di Giove di 2001: Odissea nello spazio, l’eroe supera il portale per perdere il controllo e schiantarsi, con una fragorosa esplosione, sul nostro pianeta.

Atto IV: Harder, Better, Faster, Stronger

Work it, make it
Do it, makes us
Harder, better
Faster, stronger

[Sample: Edwin Birdsong Cola Bottle Baby]

In questo atto è lampante come Harder, Better, Faster, Stronger coincida con le scene della pellicola. La canzone, dal ritmo molto accattivante, ispira, attraverso l’uso sequenziale di verbi e parole, una vera e propria catena di montaggio. I personaggi vengono trasportati in un laboratorio e, ancora inermi, vengono totalmente spersonalizzati. Venendo analizzati e modificati mediante macchinari all’avanguardia, gli alieni dovranno diventare più umani possibili.

Vengono denudati dei loro costumi e completamente “scannerizzati”, per far sì che un’interfaccia riesca a prendere il pieno possesso dei loro dati fisici. Il passaggio brutale è direttamente il successivo. Quasi come se fosse una lobotomia, ai quattro vengono stretti dei marchingegni in grado di alterare i loro ricordi. Con una minuzia incredibile viene dettagliato questo lavaggio del cervello. I protagonisti verranno privati dei loro vecchi ricordi, per acquisirne nuovi fallaci. Le loro memorie verrano archiviate in un vero e proprio CD (memory disc).

Con altrettanta meticolosità viene mostrato un altro passaggio terribile, che segna incontrovertibilmente la spersonalizzazione dei nostri protagonisti. La differenza più sostanziale che intercorreva tra gli umani e loro era la pelle, il cui colore è blu. Ora, attraverso uno strumento diabolico, la loro carnagione blu viene trasformata in una più facilmente riconducibile all’umanità. Pigmenti e melanina cambiata, ora si procede per renderli delle vere icone: abiti sgargianti, capelli fantasiosi e accessori provocanti. Tutti e quattro saranno muniti di occhiali con un apposito microchip incorporato e assumeranno le parti di ciò che svolgevano quando erano felici, i loro ruoli nella band. Alla fine, i quattro nuovi umani si risvegliano e incontrano il loro rapitore, che con un ghigno malefico scruta in loro un piano malvagio.

Atto V: Crescendolls

[Sample: Little Anthony & The Imperials Can You Imagine]

Crescendolls. Questo sarà il nome della nuova band, coincidente perfetttamente con il nome della canzone. Quest’ultima ha una delle sonorità più accese e movimentate dell’album, catturerebbe nel ballo chiunque. A ritmo di “Hey, everybody y’all” le scene si svolgono in sequenze felici e dinamiche.

Però, tra Harder, Better, Faster, Stronger e Crescendolls, vi è un intermezzo in cui viene mostrato qualcuno in un lusuossimo attico ascoltarsi One More Time (la versione “umanizzata”), restando particolarmente colpito e contattando subito quello che è diventato in modo forzato e diabolico il loro manager. Da qui una sequenza di scene irrefrenabili dove emerge il lusso più sforzoso d’una ricchezza ostentata. Il rapitore, un uomo di mezz’età basso e tozzo, accompagna la sua nuova band alla RCompany, la casa discografica del signore visto all’inizio dell’atto. Questo si accorge subito di come i musicisti siano estremamente smorti e impassibili, ma fa finta di niente. La band entra in studio e, davanti agli occhi di tutti, si esercita sul brano, facendo un successone. Ma tutto, ormai, è disincantato, pallido, inespressivo.

Che siano prove in studio, che siano shoot fotografici, che siano apparizioni in pubblico, l’unico che ride è soltanto il malvagio manager. In questo atto, appunto, nascono i Crescendolls: che, per sorte avversa, ricevono lo stesso successo che godevano gli alieni sul loro pianeta. Tutti ascoltano i quattro nuovi volti della musica, la canzone passa costantemente in radio ed appare su tutti i teleschermi. One More Time ha rapito i cuori di tutti gli umani, è fantastica, è Cool! Mysterious!! Marvelous!!!

Qui nascono i nuovi nomi e i nuovi profili dei quattro, progettati in maniera dettagliata. La bellissima ventiquattrenne Stella di Memphis come bassista. Il rocker ventisettenne Arpegius di Londra come chitarrista. Baryl, il ventenne di Monaco alla batteria (identico a Tochiro Oyama di Capitan Harlock) e l’afro Octave, trentaduenne di Brookyln, come vocal e tastierista.
Le scene della band che si esibisce in concerto sono molto simili a quelle viste in One More Time, senza il brio e l’energia dei quattro, che però riescono a coinvolgere l’intero globo, da Pisa a Rio de Janeiro, in discoteca e nei bar. Firmacopie, eventi speciali, apparizioni: tutte vissute come se fossero marionette, controllate da un avido e crudele burattinaio. One More Time scala le classifiche, tutti si divertono tranne gli artisti stessi, divenuti cartelloni pubblicitari ambulanti. Una verità inconfessabile che si insinua spesso nella nostra realtà.

Atto VI: Nightvision

[Sample (non verificato): 10cc I’m Not In Love]

Intanto, più alta dei grattacieli, un’ombra incappucciata scruta tra le luci della città
Sta piovendo, e parte Nightvision: una traccia molto particolare, lenta, quasi nostalgica, che frena la narrazione frenetica e trascina tutto in una notte malinconica. I quattro non hanno più le forze per continuare ad autografare cartoline: sono stanchi, pressati all’inverosimile e soprattutto malmenati se riluttanti. Gli assonnati personaggi vagano per il lussuoso attico come zombie oppure inermi, si lasciano quasi andare nel sonno, finché non entra il manager. Stella continua a guardarsi la mano, una mano totalmente diversa, abile nel suonare il basso ma di un’altra specie. Fuori piove ancora.

Dallo sfarzoso grattacielo passiamo alla putrida periferia. L’uomo incappucciato di prima si aggira tra i viottoli sudici abitati da clochard, inseguito dalla polizia. Una volta seminata la minacciosa sirena, si ritrova davanti ad una visione sconvolgente. Da uno dei teleschermi della megalopoli vede quattro cantanti acclamati suonare un pezzo familiare. Le sue mani tremano dalla disperazione, per poi diventare un pugno, avvolto da coraggio e rabbia. Il figuro dal mantello strappato è Shep.

Atto VII: Superheroes

Something’s in the air

[Sample: Barry Manilow Who’s Been Sleeping in My Bed?]

Superheroes è un’altra traccia molto concitata, caratterizzata da un ritmo molto veloce e frenetico e, da come suggerisce il nome, ispirata dalla figura del “supereroe“. Qualcosa, quindi, è nell’aria. L’atto inizia con un elicottero che si fa largo tra i palazzi per raggiungere un affollatissimo stadio, ricolmo di macchine e strapieno di persone: una gigantesca arena da cui traboccano milioni di fan dei Crescendolls. Ciò fa intuire che quella sarà una notte importante.

Lo stadio è gremito di fan, da chi indossa gli stessi vestiti della band a chi brandisce in maniera vistosa cartelloni d’incitamento ed elogio. I riflettori del palcoscenico vengono puntati sul terribile manager, che in quest’occasione prenderà le redini del direttore d’orchestra. Gli strumenti luminosi sono sul palco, si aspettano solo i musicisti. A countdown terminato emergono in maniera esplosiva i quattro attesissimi personaggi. Tutti gridano, ballano, cantano e sorridono. Tranne che loro quattro. La scena è efficacemente curata perché ricorda moltissimo l’atto primo, ma con l’evidente distorsione delle facce dei protagonisti.

Ad un certo punto, un piccolo pallino nel cielo precipita sempre più vicino. Attraverso una paio d'”ali” ed un jet pack, Shep fa il suo teatrale ingresso, ergendosi sopra il pubblico incredulo (che tra l’altro inizialmente crede sia parte dello spettacolo). L’alieno, attraverso un laser, distrugge i micro-chip attaccati agli occhiali dei protagonisti: tutti, meno quello di Stella, che viene protetta da un manager tanto più scioccato quanto più innervosito.

Shep, Arpegius, Octave e Beryl scapperanno e riusciranno a trovare in modo fortuito un macchina lasciata incustodita. Parte l’inseguimento degli scagnozzi, nonché bodyguard, del manager. Questi ultimi accerchieranno il van guidato da Shep, ferendo l’alieno gravemente ma nonostante ciò, a loro volta, i nemici verranno investiti da un enorme tir. I protagonisti riescono a seminare il pericolo, ma i bodyguard non sono morti: si scoprirà che sono dei “cyborg” molto simili a Terminator. Nel frattempo Shep gronda di sangue…

Atto VIII: High Life

[Sample: Tavares Break Down for Love]

Anche High Life è una canzone estremamente movimentata ma molto più melodica ed armoniosa, che riesce a rispecchiare in maniera perfetta la vita sfarzosa delle celebrità. Infatti è proprio questo il tema principale: la bella vita. L’atto inizia con la “ricostruzione” dei due agenti feriti durante l’inseguimento, per poi disperdersi in una serie di eventi che mostrano la succitata vita agiata. Lussuosissime limousine, gallerie di moda, sfilate contorniate dai flash delle foto, brindisi e così via.

Subito dopo la sfilata, il manager e il produttore della casa discografica sono raggiunti dallo stilista che viene intravisto durante la sfilata. Questo tiene in mano un pregiatissimo vestito acquamarina destinato a Stella, la quale ha uno sguardo sempre più malinconico ed esausto. Stella, che in certo qual modo è obbligata ad indossarlo, si prova l’elegante e magnifico vestito ed è subito raggiunta dal suo crudele capo. Qui, quest’ultimo perderà dal vestito una carta, la cui dicitura riporta: “DarkwoodManor 05/05 05:55“. Sembra essere qualcosa di davvero prezioso, indi per cui Stella se ne approfitta e la nasconde nel seno.

La giornata è ancora lunga ed infatti la limousine si reca a quello che è uno sfarzosissimo adattamento animato dei Grammy Awards, qui chiamati The Gold Record Awards. Ci sono un numero incredibile di fan e di star, da cantanti rock a gruppi blues. Chi vincerà il prestigioso “Disco d’Oro“? I Black Bird, i Trilogy, i Daft Punk (sì, c’è proprio uno spassoso cameo dei Daft Punk) o i The Crescendolls? Il premio, come è facile percepire, va agli ultimi e, tra gli scroscii di applausi, ciò che rimane del progetto The Crescendolls corre sul palco ricevendo l’ambito disco.

C’è però un fotografo, che gira tra le scene già da prima, che, intrufolandosi, riesce ad annullare l’effetto del chip che controlla un ormai sfinita e depressa Stella: è Baryl (con una tuta che ricorda moltissimo Harlock). Il manager ha gli occhi puntati sul premio e Stella riesce a fuggire, seguendo l’amico e saltando su un taxi guidato da Octave. Missione compiuta.

Atto IX: Something About Us

It might not be the right time
I might not be the right one
But there’s something about us I want to say
‘Cause there’s something between us anyway

[Sample (non verificato): Oliver Cheatham Get Down Saturday Night]

Con Something About Us il duo ci propone un’altra dolcissima cantilena, molto più lenta e decantata di Digital Love. Così come quest’ultima, anche Something About Us parla di una relazione di coppia scheggiata ed aleggia una tristezza mista ad amara speranza. Come è già successo in altri componimenti più pacati e malinconici, anche qua piove. La Luna risplende in cielo e le luci della città si fanno sempre più lontane per il taxi, che raggiunge una violenta periferia. Stella è attonita, non capisce dove si trova e quanto sia pericoloso il posto in cui si trova. A rassicurarla Baryl e Octave.

I tre raggiungono un cantiere disperso e Stella rimane ancora inerte. Qui i cinque si rincontreranno ed, inquadrato uno Shep morente, partirà il verso della canzone. Quest’ultimo, infatti, sembra proprio essere l’ultimo canto del nostro eroe, la poesia dedicata alla sua amata prima di morire. I quattro sono angosciati alla visione del loro amico in uno stato così doloroso. Shep esprime le sue ultime volontà, vuole vicino Stella, la vuole prendere per mano. E, proprio come in Digital Love, si viene catapultati in una sequenza delicata e paradisiaca. Shep e Stella viaggiano in un reame onirico e si sorridono a vicenda. La morte, però, ruberà il ragazzo troppo presto.

Tra le mani di Stella apparirà una piramide con un circonfuso di luce all’interno, questo prenderà forma di una band “giocattolo” che suona, la loro band. Il nostro eroe è deceduto, ma ha lasciato il suo ricordo più gioioso nelle mani dei suoi eroi.

In questa immagine è possibile vedere il reame incantato in cui Shep, nei suoi viaggi onirici (ma non troppo), abbracciava la sua amata.

Atto X: Voyager

[Sample: Oliver Green Get Down Saturday Night]

Cosa succede adesso ai nostri eroi? Hanno perso il loro caro amico e sono costretti a viaggiare errabondi su un pianeta che non conoscono. Tuttavia, a bordo di quel furgone trovato occasionalmente, iniziano a scappare e, scappando, ad esplorare. Contemplano paesaggi variopinti e si meravigliano della Terra e di ciò che può offrire, magari spettacoli naturali mai visti prima. Solo dopo capiamo che i quattro erano alla ricerca di un dignitoso posto dove dare giusta sepoltura all’amico caduto.

Un albero che sorge su di una collina irradiata di luce. Un paesaggio paradisiaco attorniato da candidi fiori. Vi è quasi una scissione tra la scena e la canzone, stavolta. Voyager ha un ritmo incalzante seppur molto rilassante, non si adatta in maniera perfetta alla tristezza che potrebbe convenzionalmente evocare la scena: invece crea un mix di costernazione e speranza. Giunta la sera, i nostri protagonisti sono ancora sul tumulo a pregare: da qui un polvere dorata si alzerà nel cielo e, proveniente da sottoterra, farà germogliare bellissimi fiori. Nel cielo si staglierà l’anima di Shep che saluterà i propri amici in una scena immensamente poetica.

Durante il viaggio di ritorno, il furgone incontra un enigmatico bivio e l’oggetto donato da Shep prima di morire si illuminerà: siamo nei pressi di Darkwood. Ed ecco che, sorpresi dal bagliore del segnale, il furgone prende la strada a massima velocità, tra i fitti boschi d’ombre e le oscure vette delle montagne aguzze.

Atto XI: Veridis Quo

[Sample (non verificato): Cerrone Supernature]

Veridis Quo, cosa dovrebbe significare? Se Voyager interpreteva un “viaggio“, questa volta è rilevante considerare la meta. Infatti, il titolo della canzone potrebbe chiaramente essere un riferimento alla frase latina Quo vadis?, che traslitterata significa, appunto, Dove vai?. Questa frase legata alla religione, è usata soprattutto per indicare un particolare fine. Altri pensano sia semplicemente una trasformazione latinizzata di Discovery (da Veridis Quo, a Very Disco).

Il maniero di Darkwood appare tra le montagne innevate, minaccioso ed arcigno. Il furgone vi arriva davanti, dopo una salita impervia. Da questo promana una luce rossa diabolica, mentre fuori si gela. Il gigantesco portone sembra impossibile da aprire, ma ecco che, nuovamente, il regalo di Shep aiuta a decodificare una password criptica. Sono dentro la immane dimora, lussuosa quanto gotica ed oscura: sulla parete una incisione di quello che sembra il manager. Attraversato il porticato e percorse le scale a chiocciola arrivano al punto più alto del castello, mentre fuori è tempesta. Entrando in quello che sembra uno studio, viene accesa una lampada che aprirà un passaggio segreto: una enorme biblioteca si palesa di fronte ai ragazzi. Sul leggio un tomo, c’è scritto Veridis Quo. Qualcuno si è accorto degli infiltrati proprio quando quest’ultimi sfogliano il libro e scoprono la recondita verità.

Il manager crudele non è altro che Earl de Darkwood, figlio di quello che sembra un alchemista. Quest’ultimo troverà la sua morte insieme alla moglie a causa di una navicella spaziale che si abbatterà sul castello, riempendo di vendetta e risentimento il figlio. A pagina 333 si scopre che de Darkwood ha svolto delle ricerche sulla succitata porta galattico-dimensionale e da lì ha iniziato a navigare nello spazio con quella stessa fatidica astronave. I suoi viaggi miravano all’unico scopo di prelevare “alieni” per trasformarli in veri e propri geni della musica: il piccolo Wolfgang Amadeus Mozart, Jimi Hendrix, Ella Fitzgerald, Janis Joplin, Jimmy Page. Tutti talenti immensi accomunati dal successo e dalla disgrazia di essere finiti preda di un uomo ricolmo di astio ed egoismo. Un individuo che vede nel talento un fine di arricchimento e basta.

A pagina 555 vi è il Conquest of the Universe: 5555 dischi d’oro per arrivare a conquistare il mondo. I nostri eroi vengono scovati e portati nell’antro dove si sta svolgendo una celebrazione evocativa. La grotta è tappezzata di dischi d’oro e finalmente la cerimonia porterà il risultato ambito, ma questo solo usando un’ultima volta Stella. Mettendola all’interno di una colonna, Darkwood recita un incantesimo per ricevere l’ultimo agognato disco d’oro. In tanto, alle sue spalle è guerra: volano pugni e tutti iniziano a combattere. Arpegius raggiunge Darkwood che, strattonato, allenterà la presa del disco, che inesorabilmente cadrà nel magma. La stessa fine toccherà a lui e a tutti i suoi seguaci, gettatisi nel magma per proteggere un anelito egoistico e maligno.

Atto XII: Short Circuit

[Sample (non verificato): The B.B. & Q. Band Dreamer]
[Sample (non verificato): Drexciya Water Walker]
[Sample (non verificato): Prince The Ballad of Dorothy Parker]

Dopo aver cercato di trattenere Darkwood prima che questo commettesse il gesto fatale, Arpegius e gli altri scappano da un incandescente maniero pronto ad esplodere. Il maniero viene distrutto, insieme all’ultimo fiore che Stella teneva con sé come ricordo di Shep, in una deflagrazione. I protagonisti sono però riusciti a prendere il Veridis Quo e a pagina 483 è spiegato come riacquisire i ricordi e tutto il progetto che prevede il Memory Disk. Il furgone si reca dalla RCompany, dove, affronto, v’è il produtture discografico di prima. Bisogna entrare e riappropiarsi delle proprie memorie.

Nella hall principale una guardia guarda ansioso Francia – Giappone, mentre il furgone fa il giro dell’isolato. Octave è pronto ad infiltrarsi. Ruberà il costume di un impiegato delle pulizie per farsi spazio nel pericolo grattacielo pieno di insidie. Octave perlustrerà a fondo il palazzo e, giunto all’archivio, troverà i memory disk dei The Crescendolls. Tuttavia, immediatamente dopo, viene scoperto ed inizia l’inseguimento. L’alieno verrà accerchiato e, spaventato, cercherà di spiegare il suo piano: il gesto viene frainteso, le guardie pensano abbia una pistola ed un teaser colpisce il malcapitato. Questo, riversatosi per terra in preda ad un dolore lancinante, riacquisirà il suo naturale colore blu.

Il produttore, vista la scena e raccolti i fogli strappati dal Veridis Quo inerenti al Memory Disk, capirà tutto. La polizia arriverà a tutto gas a proteggere il palazzo. Intanto al maniero distrutto una stranissima entità prende forma, per poi fuggire. La situazione sembra essere peggiore di quella prospettata, quasi un cortocircuito.

Earl de Darkwood e una trasposizione animata di quella che dovrebbe essere Janis Joplin. Questa sequela di scene rappresenta uno snodo nevralgico per la trama e la critica del film.

Atto XIII: Face to Face

There’s not much I know about you
Fear will always make you blind
But the answer is in clear view
It’s amazing what you’ll find face to face

[Sample: Electric Light Orchestra Evil Woman]
[Sample: Electric Light Orchestra Can’t Get it Out of My Head]
[Sample: Surface Falling in Love]
[Sample: Kenny Loggins & Jim Messina House at Pooh Corner]
[Sample: The Adam Parsons Project Old and Wise]
[Sample: The Adam Parsons Project Silence and I]

In alcune escavazioni si reperisce la navicella di Shep. I medici, vista l’emergenza, portano via di corsa Octave in ambulanza. Nella Special Edition News Bulletin!! viene annunciata la Operation Goodbye Crescendolls. Infatti, il produttore si è informato a fondo sulla faccenda del memory disk ed ha annunciato pubblicamente le vicissitudini accadute. Moltissimi poliziotti indagano all’interno del maniero e reperiscono materiale molto utile. In ospedale, Octave non sembra rispondere. Molti piano sottoterra, invece, Arpegius assiste alle operazioni dei dottori intenti far emergere le varie memorie dei protagonisti, mutando quella a loro volta mutate.

In un altro luogo, in un congresso della IASO (quella che sembrea ricordare le Nazioni Unite) si discorre sulle scoperte di Darkwood inerenti al wormhole e alle vie delle spazio. Nel frattempo, Octave si sveglia e rivede i suoi amici, blu. I quattro escono sul balcone dell’ospedale e ad attenderli un migliaio di fan, chi pitturato di blu e chi scuote ancora i vecchi cartelloni. Una città intera, preoccupata per loro, che li acclama.

Quindi è venuto il momento di lasciare il paese ospitante. Gli eroi hanno indosso costumi da astronauta e tutti ringraziano il produttore, niente sarebbe nato senza la sua ragionevolezza e bontà. Salutato il pianeta Terra, il razzo decolla e tutti esultano per essere stati partecipi a questo grande sogno. Dal razzo si stacca la navicella che, seppur senza Shep al comando, ospita i quattro eroi contenti.

Atto XIV: Too Long

At last the long wait is over, the weight is off my shoulder
I’m taking all control, yeah
My, my mind is set so free, I’m where I want to be
To get the best of me

[Sample: Rose Royce First Come, First Serve]
[Sample: Maze Running Away]

Il viaggio sembra andare bene, è tutto sotto controllo. Raggiunto Giove, non resta che attraversare il portale. I quattro nello spazio sentono la pressione addosso, cosa potrebbe riservare questo tunnel galattico? La paura è un’altra, però: non sanno che alle loro spalle li sta inseguendo l’oscura entità di prima. Che sia lo spirito malvagio di Darkwood ancora mosso dalla brama di potere e vendetta? Durante il percorso non c’è nessun pericolo, finché non ci si accorge della presenza anomala.

L’ombra nebulosa e tentacolare cercherà di avvinghiare la navicella: da questa emergerà lo spirito di Darkwood avvolto dalle tenebre, che inghiottirà la nave. All’interno dell’ombra sembra tutto perduto, finché un bagliore non investe la minaccia, allontanandola per sempre: è Shep, che dall’alto continua a proteggerli.

Il tunnel, nel mentre, è stato sorpassato e il viaggio intergalattico continua. Ora che sono tutti più tranquilli, si può visitare la camera del rimpianto Shep. Stella guarda il poster tanto amato da questo e le sequenza di Digital Love iniziano a susseguirsi. I personaggi sono estremamente abbattuti: la loro felicità e la loro tranquillità è stata sradicata da un vecchio malvagio. Un viaggio che, seppur a lieto fine, ha rappresentato un fardello pesantissimo per i protagonisti. Presi dalla tristezza, però, sentono ancora più potente il richiamo della musica.

Il pianeta alieno avverte una strana presenza in avvicinamento, chi direbbe mai che si tratta proprio della navicella di Shep con a bordo i loro quattro musicisti preferiti? Too Long inizia a cambiare ritmo, diventando sempre più incalzante e le guardie del pianeta scoprono che la nave ospita i loro conterranei. Il ritorno tanto atteso è avvenuto etutti sono ancora increduli di quello che sta avvenendo.

Quale buona occasione per festeggiare di nuovo a suon di musica? Le sequenze sono simili a quelle di One More Time ma hanno un contenuto e sapore diverso: sono molto più luccicanti e grintose. E, come sempre, tutti ballano: dagli alieni più piccoli al terrestre più grandi. Non importa in quale parte del globo tu risieda, di quale pianeta o galassia tu faccia parte: la potenza incommensurabile della musica unirà sempre tutti quanti. Dopo il concerto e i balli sfrenati è giunto il momento di ringraziare Shep, il vero eroe della storia: non ha esistato minimamente a scontrarsi con il pericolo per salvare i suoi amici e lo ha fatto con il sorriso sul viso, sino alla fine. Ecco perché ha ricevuto una grandiosa statua come riconoscimento: la statua del protettore del pianeta.

Il film finisce con il disco di Discovery che gira, la musica si fa sempre più vicina ed ecco che ci ritroviamo in una stanza completamente piena di oggetti a tema Interstella 5555. C’è lo stesso dono di Shep su una mensola, Alive 1997 dei Daft Punk e i pupazzi di Arpegius, Stella, Octave , Baryl, Shep, Darkwood e molti altri. È davvero tutto nato dalla mente di un bambino intento a giocare?

Una favola senza tempo e senza spazio

Interstella 5555 è, quindi, un viaggio che si disperde nel reame onirico rimanendo comunque attaccato alla realtà, qui a tratti disincantata. Trascendendo dall’opera in sé e ricollegandoci al valore economico del marketing, la pellicola rappresenta un tributo fenomenale a Discovery. Un film nato per promuovere un album che diventa un vero e proprio progetto cinematografico, secante con moltissimi problemi di diversa appartenenza.

L’estetica dell’infanzia

Come affermato più volte, Discovery è un disco completamente inabissato nella coscienza dei due artisti da giovani. Vi sono moltissimi rimandi allo stile anni ’80 generalmente inteso, così come fitte citazioni alle infanzie dei due musicisti più nello specifico. Questo effetto ha subito caratterizzato al massimo l’opera, dalle musicalità all’estetica, dal synth-wave ai colori sgargianti e stroboscopici. Come vuole una delle citazioni sull’album dei due artisti: “Discovery rappresenta la fase di scoperta che si sperimenta nell’infanzia, dove tutto è un gioco, anche il mondo della musica“. Ecco perché vengono riprese, come si può notare dai samples, moltissime melodie di canzoni anni settanti ed ottanta, senza una distinzione o catalogazione specifica: semplicemente perché quelli sono i suoni dell’infanzia.

Questo album offre uno sguardo gioco, divertente e colorato alla musica. Si tratta dell’idea di guardare qualcosa con una mente aperta e di non fare troppe domande. Riguarda la relazione vera, semplice e onesta che hai con la musica quando sei aperto ai tuoi sentimenti.

Thomas Bangalter (Fonte: ROBOPOP)

Questa corrispondenza con l’infanzia è palese anche per ciò che concerne lo stile grafico di Insterstella 5555. Il film, infatti, è caratterizzato in maniera pressante di luci e scene che ricordano moltissimo gli anime degli anni ’70 ed ’80. Togliendo le chiare citazioni a Capitan Harlock (il vestito di Baryl e la postazione sull’astronave di Shep, giusto qualche esempio), lo stile è squisitamente futuristico, ma quasi nostalgico. Le sequenze delle scene sono molte fluide e la loro caratterizzazione, nella sua vivacità, non stanca mai. Tecnicamente impeccabile, se notiamo il fatto che vengono mostrati ambienti tra di loro completamente differenti. Tutto ciò rende Interstella 5555 uno degli esempi di Gesamtkunstwerk più riusciti degli ultimi decenni.

La critica al settore musicale

Come si evince già dal secondo atto, per poi rischiararsi sempre più nitidamente, tutto il film contiene al suo interno una pesantissima denuncia sociale. Daft Punk e Leiji Matsumoto hanno unito le forze per concentrarsi su un argomento sempre spinoso e delicato, che ormai da decenni accompagna morbosamente il mondo della musica. Spesso la felicità dell’artista viene compressa ed annichilita dagli attori dietro di lui, marionettisti nell’ombra che non vedono altro se non beneficio personale e ricchezza. Da case discografiche tiranniche e demagogiche a manager egoisti, la musica viene mortificata, seppellendo con sé anche talento e creatività. Tutto ciò, tuttavia, passa in modo viscido in sordina, nascondendosi dietro il contingente successo delle marionette.

Burattini che sfornano hit che spesso non vorrebbero mai aver creato, perché totalmente distanti dalla loro concezione di arte e completamente pregne di monotonia e grigiume colorato da qualche melodia e ritornello accattivante. Spesso succede che questo fenomeno risulti impercettibile anche perché mascherato dal fare accondiscente e dai sorrisi falsi degli stessi artisti, che ad un certo punto arrivano al collasso. Sembra impossibile interagire con questo fenomeno, perenne ed avvinghiato con fare bramoso alla musica stessa: queste catene sono difficili da spezzare.

L’unico modo, e non importa quale sia l’universo in questione e la missione malvagia dietro tutto ciò, è ribellarsi, rinunciando a parte della propria figura e del proprio successo. La pellicola presenta questo versante, nonostante il lieto fine sia amereggiato da una tristissima perdita (la morte, non a caso, di chi ha liberato i 4 cantanti dalle grinfie del male). L’ingegno di tutto lo staff dietro l’opera è stato quello di donare alla medesima una vastissima tematica su cui discutere perché sempre aperta, una tematica pericolosa quanto invisibile. E anche se la musica colora il mondo, vi saranno sempre meste gocce di disillusione dietro di essa.

Alcuni rimandi intertestuali…

Dopo la digressione critica rivolta alla realtà musicale, infine, è giusto citare qualche piccola curiosità inerenti i vari collegamenti tra finzione e realtà.

  • È ironico notare come tutto il film, alla fine, sembra essere una rappresentazione giocosa dell’immaginario di un bambino. Questo riconduce in modo saldo e conforme ad un parallelismo con il succitato discorso sull’infanzia. Così come un bambino plasma mondi e realtà diverse, senza impegno e con gioia, così hanno fatto i Daft Punk con questo album.
  • Un sotto-tema fondamentale è anche quello della memoria, tematica che si ricollega con la “leggenda” più famosa del gruppo. Il 9 settembre 1999, alle 09:09, mentre i due stavano lavorando ad un nuovo brano, il sampler esplose. Dopo il risveglio dall’esplosione improvvisa, avevano perso memoria di ciò che stavano facendo e tutti i dati inerenti al loro progetto. Inoltre, erano divenuti robot. L’assonanza con il memory disk e con il viaggio alla scoperta del passato perduto è abbastanza lampante.
  • Infine è utile ricordare uno dei temi più cari al duo: l’identitàumana“. Come spiegato nell’intervista precedente all’uscita della pellicola, “siamo diventati robot, ma il nostro cuore pulsa ancora come quello degli umani“. Continuando quasi la tradizione di David Bowie, nel caso di Interstella 5555 il discorso trasla agli alieni. L’unico strumento che riesce ad unire le persone si rivela essere la musica. Questo, tuttavia, è un discorso molto più complesso, non affrontabile in questa sede. Per questo un vivo consiglio è continuare ad approfondire la filosofia e la musica del gruppo da Human After All in poi.

La cosa meravigliosa della musica e dell’animazione è che entrambe riescono ad attraversare le barriere, i confini, le culture, le lingue, le generazioni e le etnie umane.

Comments

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  1. Ciao, complimenti per l’articolo su questa gemma dell’animazione giapponese.
    Un film non per tutti, ovviamente, anzi, direi per pochissimi vista la rapidità con cui è caduto nel dimenticatoio.
    Secondo me un piccolo capolavoro, in pieno stile matsumotiano.
    Grazie ancora per questo bellissimo articolo.
    Francesco

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