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Recensione: Samurai Gourmet

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Di certo gli anime rappresentano una buona parte dell’industria dell’intrattenimento giapponese, o almeno rappresentano la maggior parte di quello che molti di noi guardano, ma il Giappone è famoso anche per un’altra cosa: i dorama. Per chi non lo sapesse, di solito quando si dice dorama ci si riferisce ad una serie TV orientale in live action. Sono famosi soprattutto nei Paesi dell’estremo oriente: Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Singapore, Hong Kong e Cina.

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Di recente anche Netflix si è buttato nel mondo di queste serie ed una di queste è Samurai Gourmet. In generale le serie targate dalla piattaforma americana e girate in Giappone sono decisamente originali soprattutto alcune che hanno a che fare con il cibo. Premetto che quelle che ho visto mi sono piaciute molto e, soprattutto questa, per buona parte si basa sulle sensazioni e sulle emozioni che di certo cambiano da spettatore in spettatore. Detto questo non perdiamo altro tempo e passiamo alla recensione.

Trama

Samurai Gourmet (野武士のグルメ, Nobushi no gurume) parla di un uomo di 60 anni, un ex impiegato di un’azienda (salaryman) ora in pensione la cui missione è provare tutti i migliori ristoranti che trova sulla sua strada. Ad accompagnarlo in quest’avventura ci sarà un samurai dell’epoca feudale creato dalla sua immaginazione che lo aiuterà a superare i momenti di difficoltà causati in particolare dalla sua insicurezza.

Regia e comparto tecnico

La regia in questa serie TV non è particolarmente elaborata, o spicca in qualche aspetto particolare, ma è nella media, non ho nulla di cui lamentarmi. I passaggi tra la vita normale e il mondo feudale non hanno nulla di speciale, avvengono quasi per caso, anche se sempre nello stesso tipo di situazioni. La regia non è elaborata anche perché è comunque una commedia e in generale non ha particolari pretese sotto questo punto di vista.

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Un’attenzione in più va sulla colonna sonora pensata per essere emozionante anche perché, come vedremo dopo, viene posto un forte accento anche su questo tema. La serie è disponibile solamente in lingua originale con i sottotitoli e anche il comparto audio è buono. Alla fine possiamo dire che la serie ha una regia normale o almeno per quelli che sono gli standard di Netflix.

Il cibo come veicolo di un messaggio più grande

Nonostante questa sia classificata come una commedia, probabilmente per il comportamento abbastanza esagerato del protagonista, la serie gioca molto su una sensazione generale di nostalgia che viene trasmessa elegantemente anche allo spettatore. Non mancano le critiche a problemi sociali giapponesi, che vengono espresse sempre seguendo lo stesso filo conduttore: il cibo. Per esempio la discriminazione degli stranieri e l’eccessivo attaccamento alle tradizioni anche quando si mangia, ma anche la voglia di rinnovamento dei giovani che a volte viene schiacciata dal peso delle tradizioni, appunto. Fortunatamente, la critica rappresenta solo una piccola parte dello show, cosa che riesce a non appesantirlo più del necessario.

E pensare che è partito tutto da una birra…

Penso che questa sia una serie che fa sorridere genuinamente, o almeno è quello che è successo a me, alcuni episodi sono divertenti, altri caldi e alcuni persino commoventi in un certo senso. Quando dico caldi intendo una sensazione particolare che è difficile esprimere a parole, ma posso dire che è quel genere di calore che avvolge il cuore, un calore “rustico” che un po’ manca nella società attuale. La capacità di fermarsi e mangiare in un luogo pieno di estranei, ma che è allo stesso tempo familiare. Un episodio in particolare riflette questo messaggio, ma non faccio spoiler.

Conclusioni e considerazioni personali

Come ho già anticipato all’inizio e come potete notare in tutto il corpo dell’articolo, questa serie si basa sulle emozioni e sensazioni provate dallo spettatore, quindi quello che ho provato io potreste provarlo voi come non farlo. Per questo penso che sia una serie da guardare assolutamente soprattutto a chi piace il genere. Sinceramente ho iniziato questa serie quasi per caso, ma devo ammettere di averla divorata in pochissimo tempo. L’unica cosa che penso sia un peccato è che non ci sia una seconda stagione, la serie dura decisamente troppo poco, ma per i più temerari c’è un’altra serie che è considerata il sequel spirituale di Samurai Gourmet: Kantaro – Il rappresentante goloso. Anche questa è una bella serie e di certo aspettatevi presto una recensione.

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