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Ecco perché dovresti leggere Pokémon Adventures

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L’uscita imminente di Pokémon Scarlatto e Pokémon Violetto ha ravvivato l’interesse di molti fan sui mostriciattoli tascabili di Game Freak. Io stesso, negli ultimi mesi, ho deciso di approfondire maggiormente l’universo dei Pokémon. Anche se da bambino giocavo ad alcuni titoli della saga principale, precisamente quelli per Nintendo DS, il mondo Pokémon non esercitava su di me quel fascino, quasi morboso, che spesso riscontravo nei miei coetanei e non solo.

Col senno di poi, posso dirmi soddisfatto di essermi avvicinato solo ora a certe opere secondarie, come il manga Pokémon Adventures, di cui ho recentemente concluso il primo arco narrativo. Infatti, l’opera in questione (che vorrei oggi presentarvi non sotto forma di recensione, bensì di consiglio di lettura) risulta essere ben più profonda e stratificata sia dei videogiochi che della serie animata. Se mi fossi approcciato al manga ai tempi in cui giocavo ai giochi per Nintendo DS, forse, non l’avrei potuta apprezzare come ho fatto ora, data la tenera età che avevo.

Prima di parlare di Pokémon Adventures, però, vorrei fare un breve riassunto della genesi del franchise più redditizio al mondo, in modo da comprendere meglio perché si sentì la necessita di un adattamento.

La nascita di Pokémon

Tajiri Satoshi

Tutto iniziò dalla passione di un bambino. Tajiri Satoshi, cofondatore e primo presidente di Game Freak, nacque il 28 Agosto 1965. Visse la maggior parte della sua infanzia a Machida, in provincia di Tokyo. All’epoca, Machida era una città pressoché rurale, il che permise al piccolo Tajiri di coltivare la sua passione per gli insetti insieme ai suoi amici d’infanzia, tanto da guadagnarsi il titolo di “Dr. Insetto”.

A seguito dell’ampliamento delle aree urbane, però, le zone utili alla caccia degli insetti vennero ridotte drasticamente. Proprio per questo, Tajiri volle creare un mondo dove poter catturare mostriciattoli di ogni sorta, così come faceva lui con gli insetti. Il suo obiettivo era permettere ai bambini delle generazioni successive di sperimentare la sua passione, nonostante la riduzione delle aree verdi.

La prima generazione Pokémon

Tajiri aveva anche un’altra grande passione: quella per i videogiochi. Una delle cose che più riscuotevano il suo interesse era l’innovativo cavo dati del Game Boy. Si trattava, come si può facilmente intuire, di un piccolo cavetto, che permetteva a due giocatori di collegare le loro console portatili e scambiarsi dati. Qualcosa che, ad oggi, ci sembra ovvio e scontato, ma che, all’epoca, era stato rivoluzionario.

Sfruttando questa nuova tecnologia, nel 1996, Tajiri sviluppò i primi due titoli della storia dei Pokémon: Pokémon Rosso e Pokémon Verde (che divenne Pokémon Blu negli adattamenti occidentali). I due giochi erano pensati per avere ognuno dei mostriciattoli esclusivi, in modo che i giocatori fossero costretti a cercare un amico con la copia opposta per completare il gioco.

Inutile dire che fu subito un successo. I giochi di questa generazione, così come quelli delle generazioni successive, non presentano sangue o altre forme di violenza, in modo da permettere la diffusione al più vasto pubblico possibile, anche e soprattutto ai più piccoli.

Ad oggi, il franchise di Pokémon è il più redditizio al mondo: soltanto nello scorso anno fiscale, Game Freak ha fatturato 204 miliardi di yen (1,48 miliardi di euro) tra videogiochi, serie animata, film, carte collezionabili, manga e tanto merchandising. Tra tutte queste opere, però, oggi voglio parlarvi della meno nota:

Il manga Pokémon Adventures

Il Prof. Oak dà il pokédex a Rosso
Il Prof. Oak dà il pokédex a Rosso

Nel marzo del 1997, Shogakukan pubblica sulla rivista CoroCoro Ichiban! il primo volume di Pocket Monster Special. Arrivato in Italia soltanto nel 2002, con il nome di Pokémon Adventures, ebbe una riedizione nel 2016, a cura di J-Pop, intitolata Pokémon – La grande avventura. L’opera fu disegnata da Mato nei primi nove volumi e da Yamamoto Satoshi nei restanti, per le sceneggiature di Kusaka Hidenori.

L’obiettivo di Kusaka era quello di riproporre il mondo dei pokémon in maniera più profonda e stratificata rispetto a ciò che si vedeva nei videogiochi. Nei primi titoli del gioco, infatti, a causa delle limitazioni tecniche del Game Boy, i pokémon venivano mostrati sotto forma di sprite in 2D, con poche e brevissime animazioni, perciò il giocatore non aveva possibilità di conoscere come questi si comportassero nel mondo esterno, se non leggendo quelle poche righe che vi dedicava il pokédex (una specie di enciclopedia interna al gioco).

In effetti, è proprio da questo che parte il manga. Come nei videogiochi, il protagonista Rosso ottiene un pokédex all’inizio della storia e parte all’avventura, con il compito di catalogare tutti i pokémon presenti nella regione fittizia di Kanto. Da qui si dipana una storia che segue due linee principali: da una parte, il sogno di Rosso di diventare il più forte allenatore di pokémon al mondo, sconfiggendo la Lega Pokémon e completando il pokédex; dall’altra, la lotta contro una famigerata banda di criminali nota come il Team Rocket.

Il nuovo Rosso presentato dal manga

Anche se queste sembrano le stesse premesse narrative dei giochi, dai quali il manga è tratto, è bene notare che il manga si concentra maggiormente sulla formazione psicologica dei personaggi. Il Rosso dei videogiochi, infatti, non parla e non si esprime pressoché mai, confermandosi in una tendenza, prettamente videoludica, caratterizzata da protagonisti inespressivi.

Questa scelta veniva fatta per permettere ai giocatori di identificarsi meglio coi personaggi giocabili. In questo periodo, essi erano poco più che un tramite tra il mondo reale e quello fittizio e non prendevano alcuna scelta che non gli fosse impartita dal giocatore stesso, rimanendo in silenzio durante i dialoghi (il protagonista di The Legend of Zelda venne chiamato Link proprio a sottolineare questo “collegamento”).

Ben diverso è il Rosso del manga, presentato sin dall’inizio con i suoi pregi e difetti. Inoltre, Rosso cambia radicalmente nel corso della storia, imparando dai propri errori e maturando una diversa consapevolezza del mondo circostante, un mondo ben più crudo e realistico di quello a cui i giochi e le altre opere che seguiranno ci hanno abituati.

Le differenze con la serie animata e i videogiochi

Non è un caso che, nello stesso anno, ad un mese di distanza, nacque la ben più famosa serie animata Pokémon (Pocket Monsters in Giappone). Le due opere hanno in comune l’obiettivo di mostrare i pokémon in un mondo tridimensionale, approfondendo le conoscenze su ogni mostriciattolo, ma lo fanno in maniera molto diversa.

Come molti di voi ben sapranno, la serie animata ha, innanzitutto, un target più ampio rispetto al manga. Dal videogioco trae il rifiuto alla violenza esplicita, al sangue e ai riferimenti alla morte, in modo da essere fruibile da un pubblico di più piccoli. Il manga, invece, appare decisamente più crudo e violento. Gli allenatori sono spesso coinvolti direttamente nelle lotte pokémon, soprattutto nelle scene in cui i protagonisti affrontano il Team Rocket.

Questo elemento concorre a rendere l’opera decisamente più naturale del videogioco, eliminando tutte quelle regole ben poco permissive (poter avere massimo sei pokémon, dichiararsi sconfitti quando i propri pokémon sono esausti, attaccare a turni, …). D’altronde, il Team Rocket è una banda di criminali e non ha nessun interesse nel seguire delle regole.

In Pokémon Adventures ogni secondo è importante per vincere una lotta
In Pokémon Adventures ogni secondo è importante per vincere una lotta

Gli stessi pokémon selvatici, in maniera ben più sensata di come accadeva nei giochi, non seguono le regole della lotta. Capita spesso, infatti, che Rosso debba trovare degli escamotage per attirare i mostriciattoli nelle proprie pokéball, dato che questi non aspetteranno immobili di riceverle sulla testa, magari difendendosi attaccando rigorosamente a turni.

Parlando dei pokémon in sé, poi, si nota un’attenzione maggiore per i piccoli dettagli di ogni mostriciattolo. Molti di questi, nel manga, hanno mosse peculiari, spesso mai mostrate nei giochi e nell’anime, che sfruttano caratteristiche anatomiche e/o biologiche uniche. Un dettaglio non da poco, che invoglia il lettore a conoscere sempre meglio il mondo che gli viene presentato.

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Conclusioni: un diverso punto di vista

In conclusione, trovo che Pokémon Adventures sia riuscito a mostrarci un punto di vista assolutamente innovativo sul mondo dei pokémon, sia nella storia che nello stile di disegno. In effetti, lo stesso Tajiri Satoshi trovò il manga molto più vicino alla sua idea di Pokémon rispetto al videogioco e alla serie animata.

Il primo cofanetto di Pokémon - La grande avventura
Il primo cofanetto di Pokémon – La grande avventura

Consiglio quindi vivamente la lettura ad ogni appassionato e anche a chi si sta approcciando a questo universo per la prima volta. Io ho letto i primi tre volumi della riedizione italiana edita da J-Pop, Pokémon – La grande avventura, di cui ho parlato in precedenza, dove i volumoni sono raccolti in pratici cofanetti che dividono le varie generazioni Pokémon. Ad oggi, sono presenti 7 cofanetti e 23 volumi, che adattano la storia fino all’arco narrativo di Nero e Bianco.

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