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Prison School: la Recensione

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Prison School è un manga scritto e disegnato da Akira Hiramoto e serializzato sul Young Magazine di Kōdansha dal 7 febbraio 2011. Una trasposizione animata è andata in onda in Giappone nella stagione estiva 2015, per opera dello studio J.C.Staff, e riportata come simulcast sulla piattaforma di streaming legale VVVVID. La serie è formata da un totale di dodici episodi sottotitolati e in seguito doppiati.

La versione cartacea si è conclusa con ventotto volumi alla fine del 2017 e nei suoi primi tre anni di pubblicazione ha venduto oltre 3.5 milioni di copie, vincendo nel 2013 il Premio Kōdansha per i manga. In Italia è edito da Star Comics.

Trama

Le vicende seguono le disavventure di cinque ragazzi, gli unici a frequentare la rinomata accademia Hachimitsu, un liceo femminile che nell’ultimo anno ha aperto l’ingresso anche agli studenti di sesso maschile. Questi ultimi dovranno tuttavia fare i conti con il proprio istinto di sopravvivenza, dato che l’istituto è caratterizzato da regole severe, tra cui il divieto, alle studentesse, di interagire con tutti i ragazzi.

Il gruppo, per non perdere la tanto ambita vita sentimentale scolastica, si vede ben presto costretto a smuovere la situazione. Le cose però si mettono male quando vengono scoperti a spiare i bagni femminili. La punizione consiste in un mese di prigionia e lavori forzati, il tutto sotto la supervisione del severo comitato studentesco.

Ma come si dice in questi casi: non sarà forse la “forza dell’amicizia” a fare la differenza?

Visione dell’opera

Prison School si è presentato come un anime privo di schemi. Il suo punto di forza è senz’altro l’alchimia che lega la presenza scenica dei personaggi con l’imprevedibilità delle situazioni bizzarre nelle quali si ritrovano di volta in volta e, basandosi esclusivamente sull’umorismo dei primi, è riuscito a costruire un contesto nel quale l’intrattenimento la fa da padrona.

Anche per coloro che non apprezzano particolarmente la componente ecchi, che chiaramente è presente in maniera marcata, provocatoria e a tratti esagerata, la visione difficilmente risulterà pesante da sopportare, questo grazie alle trovate comiche e una scelta azzeccata del cast.

Il gruppetto di amici, intorno al quale ruoterà la maggior parte degli eventi principali della serie, è composto da cinque individui “problematici“. Questi dovranno appoggiarsi gli uni agli altri, facendo valere il rapporto di solidarietà e fratellanza, nell’intento di riuscire a portare a termine, possibilmente senza perdere troppa dignità, il primo anno accademico.

La caratterizzazione di ognuno di loro sicuramente è ben curata, questo sempre nell’ottica di dover coinvolgere e intrattenere lo spettatore nel miglior modo possibile. La sinergia che dimostrano nel corso della loro avventura scolastica metterà a dura prova il comitato studentesco, unito nell’intento di “far cadere” la resistenza maschile in modo da garantire l’incolumità delle studentesse all’interno dell’istituto. Per riuscire in questo loro obiettivo, dovranno dunque far leva sulle debolezze dei singoli ragazzi.

Solo fanservice?

A primo impatto, Prison School può sembrare un insieme di immagini pensate e realizzate solo per soddisfare un certo tipo di pubblico, dato che non è certamente comune avere in un anime tutto questo quantitativo di scene esplicite che accompagnano la visione per tutta la durata della serie.

Sicuramente non è il primo titolo (e non sarà l’ultimo) a privarsi delle comuni restrizioni che caratterizzano un anime “family friendly”, ma come detto in precedenza, c’è una sostanziale differenza: l’uso complessivo che fa del fanservice è sostanzialmente creativo e comico, questo nell’intento di portare un contenuto che sia il più originale possibile.

Il modo in cui riesce a unire il genere con la spontaneità delle scene mostrate è ciò che lo contraddistingue maggiormente. Detto questo, è bene sottolineare che molte di quelle proposte sono comunque esagerate, e, alla lunga, l’insistenza che il titolo pone su questa componente potrebbe stancare.

Comicità o sentimentalismo?

È lecito aspettarsi qualcosa sul piano “sentimentale” ?

Il lato sentimentale che hanno voluto costruire si è velocemente sgretolato. Hanno posto le basi per poter far leva su questo aspetto (e direi che c’erano tutti i presupposti per elaborare qualcosa di carino) ma si è deviato l’obiettivo finale, semplificando e annullando completamente il tutto per far posto a una semplice e pura comicità.

Tra i personaggi che spiccano troviamo sicuramente Hana, una studentessa del terzo anno che frequenta il comitato studentesco. Lei svolge apparentemente un ruolo secondario nella narrativa, ma ha una notevole evoluzione sul piano caratteriale. Il suo è uno “scoprire” l’altro lato di se stessa, quello adolescenziale, cercando di capire i nuovi sentimenti che sta provando.

Col passare degli eventi, Hana stringerà sempre più i rapporti con Kiyoshi, il protagonista della serie, e passerà gran parte del suo tempo tempestata da un conflitto interiore. “È lecito provare attrazione per un ragazzo del genere”?

Dall’altro lato abbiamo Chiyo, la figlia del preside dell’istituto, nonché la sorella minore di Mari, la presidente del consiglio studentesco. Il rapporto che Kiyoshi instaurerà con Chiyo lo si può riassumere come un tentativo vano nel voler trascorrere una vita scolastica il più possibile “normale”, ma qualunque strada il primo deciderà di intraprendere, rimarrà comunque vittima della comicità della serie nel quale è stato inserito. Ciò priva in maniera quasi forzata lo sviluppo di un qualsiasi aspetto sentimentale dell’opera.

La relazione con il manga

Il mio rapporto con questa serie, tuttavia, è andato lentamente scemando e la risposta è piuttosto semplice: la finalità che assume Prison School deve essere chiara, questo è un titolo sul quale non ci si può aspettare un’evoluzione a livello di trama.

Dall’adattamento animato viene difficile valutare il tutto, perché giustamente è rimasto inconcluso, ma il proseguo sulla versione cartacea mi ha lasciato non pochi rammarichi. Il calo di qualità è netto e alla lunga gli eventi sono risultati monotoni.

Il manga di Prison School, dalla seconda metà in avanti, ha perso la sua “innocenza” iniziale, risultando privo di un contesto ben definito, presentando personaggi snaturati ed un susseguirsi di scene mal gestite e scritte in maniera frettolosa – o almeno questo è quello che mi ha fatto trasparire.

Calo che, casualità o no, è iniziato nel periodo nel quale l’anime stava attraversando il suo massimo splendore. L’impressione lasciata è stata quella di voler cavalcare l’onda di successo scaturito dalla trasposizione animata, forzando una continuazione non necessaria dell’opera, e sempre dal mio punto di vista, fallendo completamente nella realizzazione.

In conclusione

La serie è indubbiamente una boccata d’aria fresca per tutti coloro che vogliono occupare il proprio tempo con un’opera leggera che sappia intrattenere. In più offre una varietà di situazioni e sketch comici dai quali difficilmente si può uscirne illesi, nel senso positivo del termine.

Il titolo si differenzia molto rispetto a tutte le altre commedie scolastiche in circolazione. È un prodotto che all’apparenza può sembrare pieno di cliché, ecchi, e situazioni forzate solo con l’intento di attirare gli spettatori, ma a differenza della concorrenza, in questa serie, le scene “osé” risultano ben integrate nel contesto nel quale Prison School si va a collocare.

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