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Quattro chiacchiere con Bong Joon-ho e Naoki Urasawa: il sodalizio tra manga e cinema

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Un’intervista abbastanza datata seppur interessantissima realizzata con due degli artisti asiatici più importanti degli ultimi anni, Naoki Urasawa e Bong Joon-ho. Due mondi che collidono ma che si rivelano propedeutici l’un dell’altro, quello del fumetto e quello del cinema.

Il legame tra i due è sempre stato solido, lo si può evincere dalle recenti tavole che il maestro Urasawa ha dedicato all’ultima, spettacolare, pellicola di Bong Joon-ho, Parasite. Sul suo account Twitter il mangaka ha mostrato due illustrazioni realizzate per omaggiare il successo del film. Una mostra i protagonisti, con i rispettivi nomi degli attori, l’altro è un disegno per celebrare la vittoria degli Oscar.

L’intervista è stata girata poco dopo l’uscita nelle sale di The Host (괴물), film di Bong Joon-ho del 2006 divenuto in quegli anni un fenomeno sociale in Corea del Sud. Così come Naoki Urasawa, autore di Monster e 20th Century Boys, anche il regista coreano stava pian piano divenendo un’artista sempre più conclamato. Il dialogo dei due artisti che hanno attirato l’attenzione del mondo verte sui loro interessi comuni.

Chi sono i protagonisti?

Naoki Urasawa:
Nato a Fuchū il 2 gennaio 1960, Naoki Urasawa è uno dei più importanti mangaka viventi. Dopo la laurea in economia, l’artista si distinse, già nel 1982, con la vittoria allo Shogakukan New Comic Artist. Nel 1983 debutta con Beat!!. Trova il successo con Yawara! (1986) e Master Keaton (1988), realizzata insieme a Hokusei Katsuchika e Takashi Nagasaki, figura rilevante per la formazione dell’artista. Riscuotendo un apprezzabile scalpore, Urasawa inizia a lavorare da solo a due serie che gli cambiarono la vita: Happy! (1993) e Monster (1994), questo considerato dalla critica uno dei manga più belli di sempre. Con 20th Century Boys (1999) il suo talento è conclamato. Il 2003 è l’anno di Pluto, ultima opera realizzata prima dell’intervista. Di recente ha concluso Billy Bat (2008), iniziando Asadora! (2018).

Bong Joon-ho
Nato a Taegu il 14 settembre 1969. Laureato in sociologia ma da sempre appassionato di cinema, Bong Joon-ho inizia a farsi strada già nel 1994, con il suo terzo cortometraggio, Incoherence, realizzato durante gli studi alla Korean Academy of Film Arts. Il suo primo lungometraggio è Barking Dogs Never Bite (2000), che farà strada a Memorie di un assassino (2003). Bong Joon-ho è un regista maturo e promettente e a dirlo sono i riconoscimenti ricevuti. Poco prima dell’intervista è il turno di The Host, che mette in risalto la poliedricità dell’artista. Negli ultimi anni sono stati realizzati Madre, Snowpiercer, Okja e il successo di cui tutti hanno sentito parlare, Parasite, straordinario vincitore di quattro premi Oscar.

L’intervista

Tre giorni prima dell’arrivo nella sale giapponesi di The Host, la casa di distribuzione cinematografica PIA Corporation, conoscendo la grande ammirazione che Bong Joon-ho nutre nei confronti di Naoki Urasawa, ha invitato quest’ultimo all’anteprima del film. Al maestro è piaciuta molto la pellicola ed ha commentato dicendo: “Succederebbe la stessa cosa anche qui, nonostante i nostri siano Paesi completamente differenti”. Infine, ha accettato l’intervista insieme al regista. Quello che leggerete qui sotto è il contenuto di questa intervista esclusiva.

Gli inaspettati legami tra Bong Joon-ho e Naoki Urasawa

―― Bong Joon-ho è felicissimo di vedere per la prima volta il maestro Naoki Urasawa

Bong Joon-ho: Sono ancora molto nervoso. Ormai è da tantissimo tempo che vorrei farti alcune domande.

Naoki Urasawa: Grazie mille.

Joon-ho: Quante ore lavori al giorno?

Urasawa: Negli ultimi 20 anni ho disegnato senza sosta, ora sto prendendo una piccola pausa. Lavoro tutto il giorno, ovviamente senza considerare quando mangio e quando dormo.

Joon-ho: Hai intenzione di fare una pausa?

Urasawa: Ho sei scadenze al mese: quattro settimanali su Big Comic Spirits per 20th Century Boys e due bisettimanali su Big Comic Original per Pluto. Dovessi finire un capitolo a settimana non ce la farei mai.

Joon-ho: Leggo le tue opere da moltissimo tempo. Quando stavo scrivendo la sceneggiatura di Barking Dogs Never Bite, ormai già sei anni fa, parte dell’ispirazione mi arrivò da Happy!, che stavo leggendo in quel periodo. La stessa identica cosa è successa per Memorie di un assassino, ma stavolta l’ispirazione è arrivata da Monster. Ed è successo di nuovo durante le riprese di The Host, dal momento che rimasi tramortito dalla bellezza e dalla genialità di 20th Century Boys. Praticamente ti conosco da sempre e, ascoltando le tue parole in questo momento, ho avuto come l’impressione che t’impegni a più non posso fin da quando ti conosco.

Urasawa: Esatto. Ho pensato la stessa cosa dopo aver visto il tuo ultimo film. Sebbene sia vissuto e cresciuto in un paese totalmente diverso, molte tue rappresentazioni sono identiche a ciò che ho sempre pensato anch’io.

Joon-ho: In realtà è anche perché ho letto i tuoi titoli, opere di un cupo esistenzialismo incentrate sull’oscurità, sulla “notte” e sul male, tematiche che adoro. Mi son sempre chiesto se il suo intento fosse quello di raffigurare la vera essenza del “male” e il conflitto tra quest’ultimo e il “bene”. Avendo questa infarinatura generale alle spalle, ho letto Monster con più sicurezza e con i giusti anticorpi.

Urasawa: Non saprei. Forse è il contrario. Sento come se dovessi concentrarmi molto anche sull’umorismo per far sì che le mie narrazioni non sprofondino soltanto nel “pessimismo” più assoluto ma rimangano più o meno normali.

Joon-ho: Anche Memorie di un assassino è un poliziesco totalmente incentrato su una serie di omicidi irrisolti e sulla ricerca di un assassino che sembra introvabile. Tutto ciò mi ricorda il primo volume di Monster, soprattutto l’incontro nel cantiere tra Johan e Tenma: è la prima volta che si vede Johan adulto e, poco dopo, vediamo il nostro protagonista tormentato e zuppo a causa della pioggia battente. Quel posto era scioccante e travolgente. Adoro anche il nono volume, per non parlare dell’artificio metanarrativo del libro di fiabe che fin da piccolo ti è stato letto [si riferisce ad Obluda, Kierá Nemá Své Jméno, ndr]. Mi ha colpito anche la descrizione dell’oscurità e del male in quella parte. Penso che dobbiamo combattere tutto ciò che c’è di maligno ed oscuro in questo momento, ma non nego che quella parte così tetra sia molto affascinante.

Memorie di un assassino Bong Joon-ho Naoki Urasawa
Memorie di un assassino

Urasawa: Cose come il male sono troppo potenti. Spesso il regista e il mangaka hanno in mente scene molto simili: un punto in comune che hanno le nostre opere è sicuramente l’assidua presenza di gente che mangia (ride). Ogni tanto ho come la sensazione che si possa affrontare il male soltanto mangiando. Ho pensato che se avessi fatto mangiare i miei personaggi, questi avrebbero affrontato il male con più decisione (ride). Penso che la sensibilità sia simile.

Joon-ho: In 20th Century Boys, è pieno di scene in cui i personaggi mangiano. Anche se non c’è un impatto rilevante ai fini di trama, le scene che vedono le persone mangiare danno sempre impressioni molto forti. Anche in The Host ho ripreso molte scene in cui i personaggi mangiano. Per me, quell’atto ha un significato importante. Mangiare come atto di protezione per i più deboli. Alla fine del mio nuovo film, si vede Song Kang-ho che cena insieme ad un bambino con del riso caldo. L’atto del mangiare è strettamente collegato alla tematica della sopravvivenza.

In 20th Century Boys c’è una scena in cui Kanna mangia del ramen. Nonostante sia solo un’immagine di un manga, mi ha toccato davvero nel profondo quella scena. Il ramen giapponese è delizioso. Quando andai al Festival Internazionale del Cinema di Fukuoka lo mangiai durante tutti e tre i pasti (ride): ogni volta che lo assaggio capisco quanto sia squisito. Effettivamente questa tecnica può essere condivisa dal maestro Urasawa: ultimamente sto guardando molti drama e film così come sto leggendo molti fumetti e si percepisce chiaramente come regista o mangaka che sia, dietro quello scene, è lui il padrone di casa.

La capacità del maestro di collegare le scene è sorprendente. Certo, la parte che più mi ha emozionato è stata la storia, ma mi dà molta ispirazione anche lo sviluppo della scena. Penso sia incredibile riuscire ad arrivare all’apice di una sequenza, portandola a termine, per poi proseguire oltre. Così un fumetto può talvolta sembrare una vera e propria opera cinematografica. Guardi spesso film?

Urasawa: Adoro guardare film. Al giorno d’oggi è pieno di artisti che sono in grado di realizzare questo tipo di sequenze fantastiche. Penso che sia quello che fa il regista, ma allo stesso tempo credo sia un atto estremamente timido. Cioè, io mi imbarazzo quando esagero, sotto questo punto di vista. Tuttavia, penso sia molto importante. In che modo rifletti la timidezza nel tuo lavoro e cosa ne pensi?

Joon-ho: All’epoca ero molto empatico e comprensivo con me stesso. In condizioni estreme non perdi l’energia, ti sembra soltanto di percorrere una staffetta su una pista di pattinaggio su ghiaccio. Quando passi il testimone, il giocatore dietro di te spinge il giocatore davanti a te, giusto? Succede lo stesso nelle sequenze: in una tale situazione, piuttosto che perdere energia, la scena precedente dona il potenziale alla scena successiva, che viene spinta in alto. Sembra un vero e proprio trasferimento di energia. Soprattutto per le storie lunghe, è un po’ come se fosse una staffetta in cui la prima persona passa il testimone alla seconda e così via. Mi ha sempre ispirato questa figura.

Urasawa: In una scena di The Host, dopo la scomparsa della bambina, si vede il suo funerale. La scena, che potenzialmente dovrebbe essere triste, ha qualcosa di tragicomico. Mentre in 20th Century Boys passiamo dalla tragica morte di Donkey allo spuntino di Padre Luciano. Ogni tanto si viene a creare un reticolo tragicomico o comunque una struttura divertente che si espande anche a scene più tristi. Così funziona.

Joon-ho: Sembra che in Asia le persone siano abituate ad amalgamare e mescolare scene esilaranti con quelle deprimenti. Quando ho partecipato al Festival di Cannes, quella scena del film ha creato un po’ di confusione. Lì le scene tristi sono nettamente separate da quelle più rilassate, ma penso che i giapponesi la pensino in maniera differente.

20th Century Boys Naoki Urasawa Bong Joon-ho
20th Century Boys

Una strana esperienza adolescenziale. Come produrre un capolavoro?

Joon-ho: Quello che mi ha colpito di 20th Century Boys è che vengono raffigurati diversi periodi storici, si passa dagli anni ’60 agli anni ’70, per giungere fino agli anni ’90. I giochi che i personaggi fanno tra loro durante il periodo delle elementari mi ricorda moltissimo il mio passato, da piccolo anche io giocavo ai loro stessi giochi. Anche io stavo creando una base segreta. I dettagli e la loro sensibilità sono folgoranti nella tua opera. Quella che sto per fare è molto probabilmente una domanda che ti è stata posta molteplici volte: ciò che rappresenti in 20th Century Boys riflette la tua infanzia?

Urasawa: Soltanto un decimo della mia esperienza è raffigurato nella narrazione. Una vicenda che mi è capitato di vivere è stata quella di ascoltare la mia canzone preferita alla radio della scuola. Questo particolare l’ho voluto inserire nella storia.

Joon-ho: Un po’ come piegare un cucchiaio…

Urasawa: No, quello è Uri Geller (ride).

Joon-ho: È venuto anche in Corea. Il giorno dopo tutti strofinavano i cucchiai (ride).

Urasawa: Ho visto che in Corea ha fatto anche un trucco con un orologio! Ha fatto andare avanti le lancette ma dietro sembra esserci un meccanismo di surriscaldamento.

Joon-ho: Ma è ancora vivo?

Urasawa: È apparso su una “pubblicità” giapponese. È in buoni rapporti con Michael Jackson, lo sai? (ride)

―― Il regista accenna al fatto che The Host è stato ispirato da un incontro con un “mostro” avvenuto al liceo

Joon-ho: In Corea ci sono stati tantissimi articoli su questo argomento. Durante la mia adolescenza ribelle e solitaria fumavo molto, potrebbe essere stata un’allucinazione (ride). Son sicuro di aver visto qualcosa. Da casa mia si vedeva bene il fiume Han, sono convinto di aver visto un qualcosa di non ben identificato strisciare sul ponte per poi gettarsi in acqua. Questa divenne la mia prima immagine ispiratrice.

Urasawa: È una buonissima immagine per iniziare.

Joon-ho: Ma non avrei mai potuto affermare di aver visto quella cosa, sarei diventato lo zimbello del gruppo, mi sarei sentito quasi una vittima di bullismo (ride). Ho pensato di conservare questa immagine per poi realizzarci un’opera una volta entrato nel mondo del cinema, e così è successo. Le bugie non possono che portare ad altre bugie, sarei potuto diventare come Fukubei di 20th Century Boys (ride). Mi riferisco alla scena in cui il personaggio finge di andare all’Expo 1970 di Osaka. Forse avrei dovuto rivelare la mia visione, forse ero solo ossessionato dall’idea di realizzarci un film: è stato impressionante. Ad ogni modo, ho sentito la necessità di “completare” la mia bugia.

Urasawa: Anche a me è successo. In 20th Century Boys è presente la casa fantasma della collina dell’impiccato. Ho avuto la tua stessa esperienza: anch’io ho visto un fantasma. Ho visto un fantasma in una vecchia villa e subito dopo ho pensato che nessuno mi avrebbe creduto, quindi conservai quella terrificante esperienza solo per me. Al giorno d’oggi, ogni anno, quel luogo è visitato soprattutto per le prove di coraggio, ma molto probabilmente sarò stato io il primo a vivere quell’evento assurdo: avevo 18 o 19 anni.

Joon-ho: È più o meno lo stesso periodo in cui anche io ho visto il mostro. È quella l’età in cui si hanno le visioni? (ride)

The Host Bong Joon-ho Naoki Urasawa
The Host

Urasawa: Quando eri un bambino gli adulti non ti hanno mai detto di essere “disobbediente”?

Joon-ho: Sono sempre stato uno studente modello (ride). Non avevo mai fatto cose del genere. Il legame con i miei amici era ottimo, ma iniziavo a fare cose strane da solo, da dietro le quinte.

Urasawa: Anche io. Facevo cose sbagliate di nascosto.

Joon-ho: Io guardavo cartoni animati e collezionavo scarafaggi in bottiglie (ride). Inoltre, avevo anche un’insegnante che non sopportavo e ho iniziato ad architettare il delitto perfetto, trasformando le mie frustrazioni e i miei piani in una vera e propria storia. Durò troppo poco, venni scoperto intento a scriverla. In realtà a quell’insegnante capii di piacere molto. Quando hai scritto per la prima volta un manga?

Urasawa: Prima di entrare alle elementari, copiavo le tavole di Osamu Tezuka. Soltanto in seconda elementare iniziai a disegnare storielle sul mio taccuino.

Joon-ho: Io alle elementari copiavo le tavole di Doraemon e abbozzavo qualche manga. Volevi diventare un mangaka sin da quel momento?

Urasawa: A quel tempo ero il migliore della classe e tutti dicevano: “Urasawa diventerà sicuramente un fumettista”. Io pensai: “Bene, lo farò”. Qualche giorno fa ho trovato una lettera che scrissi a 15 anni destinata al me del futuro e recitava: “Voglio diventare un mangaka! So che è difficile e ora sono talmente occupato che sento di morire” (ride). All’età di quindici anni avresti lavorato sino a sentirti un vero relitto.

Joon-ho: È come se fosse una profezia. Anzi, adesso che ci penso è proprio identico al Libro delle Profezie di 20th Century Boys.

Realizzo quello che voglio realizzare, nessun altro lo farà per me

――Quanti anni aveva quando ha deciso di diventare un regista?

Joon-ho: Nel mio caso, quando ero al terzo anno delle medie, ho deciso che lavorare nell’industria cinematografica sarebbe stato il sogno di una vita, così ho iniziato a raccogliere materiale. Pensavo che sarebbe stato magnifico partecipare alla produzione di un anime oppure che sarebbe stato intrigante diventare direttore fotografico, ma è dalla terza superiore che sogno di apparire sul grande schermo. Alla fine sono diventato un regista, ma un altro lavoro dei miei sogni sarebbe stato il fumettista. Ma ho rinunciato, siccome nel disegno sono pessimo. Tuttavia continuo ad abbozzare qualche disegno quando realizzo i miei storyboard. È come se gettassi il mio rimpianto di non essere diventato fumettista in ciò che faccio. Oggi ho portato un mio storyboard di Memorie di un assassino per il maestro Urasawa.

Urasawa: Wow! Con questo puoi iniziare a scrivere manga in Giappone. Ovviamente così la tua vita si accorcerà.

Joon-ho: Vale la stessa cosa per i film in Corea (ride).

Urasawa: Dopotutto, se si lavora seriamente su qualcosa, la vita si accorcia sempre.

Monster 20th Century Boys Memorie di un assassino

Joon-ho: Quando ho tenuto un’anteprima di Memorie di un assassino in Giappone, Joji Matsuoka, il regista di Tokyo Tower – Mamma, io e, a volte, papà, è venuto a farmi visita. Mi disse che aveva visto un lavoro scrupoloso dietro il film e mi consigliò di prendere una pausa e di realizzare un film più breve la prossima volta. Essere un regista è un po’ come essere una riserva di carbone ed ovviamente ci sono dei limiti, quindi è sempre meglio dosare la quantità del proprio talento da utilizzare. Non ho ascoltato quel consiglio e mi sono messo al lavoro su un lavoro che era il doppio più impegnativo: ora sono davvero stanco. Anche Monster è un’opera enorme, ti sentivi sfinito dopo averlo realizzato? Se sì, come hai superato quel periodo?

Urasawa: Mh, siccome io stesso sono un lettore accanito di manga, sto cercando di trovare il giusto equilibrio per diventare il mangaka ideale. Forse sto solo recitando. Ecco perché penso che anche il regista debba vedere il suo operato come uno spettatore severo ed esigente.

Joon-ho: Per quanto mi riguarda, conosco bene i miei difetti, per cui, anche se dovessi rivedere la mia opera, mi verrebbe voglia di realizzarla da capo. Pare un’ossessione. Sono anche un grande appassionato di cinema e filmo quello che più mi piace. Ho qualcosa che voglio assolutamente filmare ma non ho nessuno che lo faccia per me? Lo faccio io e poi guardo lo scatto subito dopo.

Dobbiamo pensare a cos’è buono e cos’è cattivo

――Signor Urasawa, cosa l’ha colpita di The Host?

Urasawa: Definirlo “umanesimo” è riduttivo. Quando dico umanesimo intendo l’attenzione posta alla persona, come quando mangia e quando dorme. Questa ideologia è radicata all’interno dell’opera ed è una bellissima maniera per esprimere la “vita”, l’atto di vivere. È un’opera che pone in maniera pressante la domanda: “Qual è la cosa più importante?”

Joon-ho: Leggendo Monster e 20th Century Boys ci si accorge subito della binomia tra bene e male. Nelle opere del maestro Urasawa i concetti di “buono” e “cattivo” sono vivi e reali, tangibili se ci si avvicina, allungando la mano. I personaggi hanno tutti un loro livello di vivacità e realismo. Il “bene” deve combattere contro il “male” in una battaglia davvero molto importante. Ci è stato più volte mostrato in modo molto commovente.

Urasawa: Tuttavia ci sono dei momenti in cui non si riesce a distinguere il “bene” dal “male” ed è difficile sapere cos’è giusto e cosa sbagliato all’interno di un predefinito quadro sociale di un determinato periodo. In 20th Century Boys viene citata diverse volta la “giustizia”, ma cos’è precisamente la giustizia? La situazione sociale varia e muta, quindi mi chiedevo se ognuno di noi pensa come tutti gli altri alla medesima “giustizia universale”.

Joon-ho: Disegna opere con tecniche e dettagli che solo lei riuscirebbe a realizzare, compresa questa. Penso che sarebbe davvero interessare girarne un film.

Urasawa: Bhe, ma un manga sarà sempre un libro. Non si torna più indietro. Per questo bisogna sempre lavorare per raggiungere la fine, inoltre il film esce in una botta sola mentre invece 20th Century Boys sta uscendo a puntate. Con le mie capacità potrei essere in grado di lasciarlo incompleto. Ormai ho già scelto la mia strada e arrivo fino alla fine (ride).

Joon-ho: Sei un perfezionista.

Urasawa: Lo sei anche tu, no?

Joon-ho: Questo è vero ma le opinioni delle persone che mi circondano spesso mi fermano. Mi dicono che dovrei concludere il lavoro, quindi, anche se volessi continuare, devo bloccarmi.

Urasawa: Ma se trovi il ritmo giusto tutto andrà per il meglio. Per me è molto importante. Se riesci a sorridere ad ogni pagina che porti a termine allora è giusto continuare, questo è tutto ciò che conta.

Joon-ho: Anche io a volte mi sento così. Ma è una cosa talmente legata alla musica e e alla poesia che alle volte mi risulta impercettibile. Vorrei poter parlare con il maestro per altre sette ore, ma lo disturberei troppo. Deve continuare a disegnare 20th Century Boys, lo sto solo facendo distrarre. Non vedo l’ora di vederlo completo (ride).

Urasawa: Quando finirò l’opera ti prometto che torneremo a parlare.

Bong Joon-ho e Naoki Urasawa
Bong Joon-ho e Naoki Urasawa durante l’intervista…

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