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Palepoli: l’ermetismo maledetto di Usamaru Furuya

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Nulla è così perfettamente divertente come un cambiamento totale di idee“. Questo è un’aforisma di Laurence Sterne, padre di uno dei romanzi più bizzarri e sperimentali della storia della letteratura, Vita e opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo. Cosa collega un romanzo del XVIII secolo alla tematica principale di questo articolo?

Palepoli (パレポリ) è un’opera scritta da Usamaru Furuya ed apparsa nel 1996 sulla rivista di manga alternativo Garo. La storia di Garo meriterebbe di essere discussa in un articolo a parte, siccome il titolo è quello di una delle riviste più importanti della storia dell’editoria nipponica. Tuttavia, riassumendo i concetti che ruotano attorno a questa idea editoriale, Garo è l’ospedale psichiatrico del fumetto (come avrebbe detto Takashi Nemoto, grande voce della rivista), il cui stendardo è la sperimentazione. Questa è la parola chiave nonché il fil rouge che unisce il Tristram Shandy e Palepoli.

Cronologicamente Palepoli trova il suo esordio in un periodo delicato per la rivista d’avanguardia, dal momento che gli anni ’90 segnano la rovinosa caduta di essa. Da lì a poco, infatti, nel 2002, la rivista (creata nel 1964) troverà il suo fallimento, rimanendo, però, un tassello fondamentale della storia del manga così come l’opera in questione rappresenterà uno degli esempi più fulminanti dello sperimentalismo di Garo. Uscire dagli schemi, sempre; avvalersi dei precedenti canoni convenzionali e ribaltarli; sperimentare assiduamente distorcendo i luoghi comuni e magari aggiunge un umorismo caustico al perverso quadro creatosi: questi sono i presupposti di Garo ed, inevitabilmente, di Palepoli.

Palepoli, l’oscurità di un passato da rivoluzionare

Se c’è una cosa che bisogna immediatamente sottolineare è l’ermetismo di Palepoli, un’opera oscura ed enigmatica. Quello di cui Furuya si avvale è un linguaggio più che complesso, quasi mistico: un ermetismo orfico. Il tutto diviene più ironico se pensiamo all’ulteriore assonanza che intercorre tra la caratteristica del manga di Furuya e il romanzo di Sterne, il cui protagonista avrebbe dovuto chiarmarsi Trismegistus, come l’Ermete Trismegisto¹ che ispira la corrente poetica e non. Palepoli è un manga difficile, in cui i simboli prendono vita ed incarnano il flusso di coscienza che scorre per tutta l’opera. Il processo ermeneutico diventa fondamentale e le interpretazioni possono essere indecifrabili ed infinite. Furuya, però, ci ha fatto sapere che il tutto è ben ponderato e che l’opera è strutturata lucidamente: ogni cosa al suo significato. Non ci resta che appenderci al numero più che esiguo di verità che ci rimangono.

Un titolo perduto nelle profondità del passato

Già il titolo è tutto un programma. La parola potrebbe essere composta da palaios (παλαιός), ovvero antico, e polis (πόλις), che significa città: paleopoli, ovvero vecchia città (Παλαιόπολη). Basta una veloce ispezione all’interno del Dizionario universale della lingua italiana per imbattersi nella voce “Paleòpoli². In realtà le voci sono due, entrambe rimandano ad una realtà molto antica, più precisamente quella partenopea e quella dell’Asia minore, indissolubilmente legata al dio Bacco, figura fondamentale per l’orfismo e che più volte pulserà nella narrazione dell’opera.
Inoltre, il titolo Palepoli potrebbe essere collegato con l’omonimo album del 1972 degli Osanna, band di rock progressivo, formatasi, guarda caso, proprio a Napoli. Questi erano famosi per le loro coreografie e il loro immaginario disperso nei meandri di un tradizionalismo ancestrale.

Osanna – Palepoli, versione giapponese. Come si può notare i kanji sono i medesimi del titolo dell’opera. Inoltre anche la copertina è emblematica, pervasa da un minimal bianco e nero, che sullo sfondo trova un scorcio de La grande Torre di Babele di Pieter Bruegel. Soggetto che tornerà anche nel manga.

L’apolidia categorica di un fumetto sui generis

Se già il titolo ha avuto i suoi risvolti labirintici, la forma è ciò che rende l’opera impossibile da descrivere, contestualizzare e catalogare. Anche qui vi sono delle basi concettuali a cui possiamo avvinghiarci, ma queste finiscono per erodersi quasi istantaneamente. Palepoli appare indissolubilmente legato ad uno yonkoma, un peculiare formato di striscia a fumetti cristallizzato in 4 vignette. Però ascriverlo a questa categoria sarebbe riduttivo, dal momento che, fin da subito, si può notare che la distribuzione delle vignette non scorre all’unisono con quelle di uno yonkoma. Solitamente, il kishoutenketsu (ovvero la struttura narrativa del genere) segue un flusso verticale discendente, cosa che è assolutamente assente nell’opera di Furuya.

Comparazione della struttura: come si può vedere, Palepoli ha una quadripartizione che parte da up-right , prosegue con up-left , scende in bottom-right e si conclude in bottom-left

Per rafforzare la teoria è necessario citare l’aperto carattere sbeffeggiante del genere di Usamaru Furuya. Tramite il suo sperimentalismo estremo le tavole si muoveranno, cambieranno di prospettiva, i personaggi interagiranno tra di loro senza preoccuparsi minimamente dello schema vignettistico in cui sono racchiusi. L’autore si prende gioco della forma stessa del manga, annichilendo completamente i canoni formalistici del fumetto. L’opera è totalmente folle ed è preimpostata in una modalità complicata: nonostante possa sembrare assurdo, lo yonkoma è un genere molto difficile da gestire a causa della brevità del racconto e del claustrofobico schema a cui l’autore deve fare affidamento.

L’intruglio di stilemi artistici di un folle novellino

Seppur sia la sua prima opera pubblicata, Furuya dimostra di avere un talento abnorme fin da subito. Dopo aver rivoluzionato la tipica struttura del manga umoristico (che Furuya ha letto con attenzione, viste le reiterate citazioni a Sazae-san e altri fumetti), Furuya decide di abbattere anche le precostruzioni stilistiche. Ogni mangaka ha un suo stile e questo lo rende inimitabile. Usamaru Furuya in quest’opera non ha uno stile predefinito. L’artista si ispira, elogia, plagia, ruba gli stili di mangaka iconici, che hanno solcato le pagine di Garo anni prima. Ma non si ferma al nucleo nipponico, andando ad esplorare anche i reami dell’arte.

Umezu, Saito, Hagio, Maruo: tutti in un calderone

Uno degli esempi lampanti è sicuramente Kazuo Umezu, figura fondamentale della storia del manga e indiscusso maestro dell’innovazione di generi. In una tavola Furuya arriva a riprodurre in maniera praticamente identica (a meno che essa non sia una foto) una vignetta di Aula alla Deriva. Inoltre, è molto interessante notare come il personaggio di Takashi (una delle figure più ricorrenti all’interno dell’opera) assomigli moltissimi a Makoto-chan, che, con i suoi occhioni, la sua testa sproporzionata e il perenne moccio penzolante dal naso è divenuta simbolica mascotte del maestro dell’horror.

Per approfondire ulteriormente la figura stravagante di Kazuo Umezu: Kazuo Umezu: opere consigliate

Nell’opera troviamo condensati moltissimi altri stili. L’autore saltella freneticamente dall’hard-boiled tipico del gekiga, il cui eponimo potrebbe essere Takao Saito, al tipico stile shoujo, che trova esempio cristallino nell’opera di Moto Hagio, che Furuya cita attraverso Il Cuore di Thomas. Non mancano i richiami ad Osamu Tezuka e allo stile squisitamente kodomo, così come ci sono citazioni a Suehiro Maruo ed Hideshi Hino. Infine è encomiabile il rimando a due figure più marginali di Garo, quali Masashi Ueki ed Michio Hisauchi.

Un miscuglio letale di Picasso, Mantegna e Dalì

L’adolescenza di Usamaru Furuya è stata contornata da due costanti: l’arte e la danza. Laureatosi all’Università di Belle Arti, inizia a perlustrare con sempre più meticolosità il mondo della pittura, prediligendo soprattutto quella ad olio. Inoltre, si avvicina sempre di più al mondo della danza grazie a Saburo Teshigawara. Cerca di unire le due fonti in modo armonioso nel Mono-Ha³. Furuya balla in modo sempre più distorto e disegna illustrazioni per diversi manuali di entomologia e scienze naturali.

Tutto questo è in Palepoli, che come è già stato accennato altro non è che uno flusso di coscienza. Nelle sue tavole l’artista cita in maniera ossessiva pittori di ogni epoca. Di grandissimo impatto sono le citazioni alle illusioni ottiche di Salvador Dalì, che nell’opera emergono in molteplici occasioni. Verso la fine Furuya si avvale anche del cubismo, citando ovviamente l’arte del più grande esponente della corrente, Pablo Picasso. Dall’avanguardia contemporanea, all’arte rinascimentale e barocca è un salto che per Furuya è indifferente. L’artista varca i portali del tempo e cita il Cristo Morto di Andrea Mantegna, così come arriva a citare Michelangelo e Botticelli.

Una delle tavole più malinconiche e filosofiche dell’opera. Quattro scorci di un mare anonimo e deprimente, accomunati da Let It Be dei The Beatles in sottofondo. Furuya gioca con le apparenze e guardando attentamente si possono scorgere le figure di McCartney, Lennon, Harrison e Starr. Lo stesso artificio viene utilizzato da Dalì in moltissimi dipinti, tra cui Mercato di schiavi con apparizione del busto invisibile di Voltaire.

Il tentacolare maledettismo di un non-senso

Palepoli è un’opera latu sensu maledetta, perché non solo è macchiata da una realtà orrorifica ma è anche una critica che cerca di smuovere le basi artistico-sociali del Giappone. Maledetta perché oscura, maledetta perché anticonformista.

Quale sarebbe, quindi, il contenuto di Palepoli? C’è una storia o un filo conduttore? Seppur abbia le sembianze di una raccolta di strisce d’umorismo caustico, la risposta è presto detta. In Palepoli ci sono temi ricorrenti che andranno a creare una sorta di trama mal celata, ma il tutto è legato da rapporti causali che finiscono spesso in non-sensi. Questo non è un malus, tutt’altro: Palepoli non parla di niente, ma allo stesso tempo parla di ogni cosa. Il lettore noterà sicuramente dei dettagli e un fil rouge scorrendo in modo forsennato tra le pagine, ma di primo acchito siamo proiettati in un mondo senza logica. Qui sotto si approfondiranno i temi generali dell’opera cercando di delineare una trama.

Odore di morte e opprimente disillusione in una società abbietta

Base concettuale dell’opera, nonché di molti altri manga di Garo, è uno sferzante black humour. La primissima parola di Palepoli è letteralmente “morte“, realtà che impregna la gran parte delle pagine. Furuya gioca e costruisce storie sulla morte, rendendo il tutto divertente agli occhi del lettore inconsapevole. L’opera è stranissima e tutto sembra impercettibile: il tutto è talmente astruso che ad un certo punto il lettore può disancorarsi dalla caccia alle citazioni e leggere più tranquillamente.

Ma quello che non svanirà mai nell’opera è il profondo senso di disillusione che aleggia sulla società giapponese. Ecco che quindi Palepoli si ramifica: la seconda parola ad apparire è “salaryman“, una realtà tipicamente nipponica. Ogni racconto potrebbe rappresentare una freccia intrisa di veleno scoccata contro la società, una società opprimente, grigia e triste. L’ironia caustica di Furuya ci fa sorridere e ci sorprende, ma con una rilettura si può capire il tremendo odio che l’autore può trovare per la società chiusa.

Un elemento che ben si amalgama a questa macabra sequela è la quantità elevata di scene esplicite, che vanno dal gore al sesso. Una bellissima quanto emblematica tavola è la terza, Mother, tutta incentrata sull’incesto e sul suo valore sociale. Questi sono alcuni caratteri che rendono l’opera di Furuya una delle più macabre e sconfortanti.

Una delle prime tavole. Gli elementi caratteristici succitati sono lampanti nell’immagine. La solita dolce timidezza puberale presente in un numero indefinito di manga che viene totalmente perforata da una freccia. Quel Cupido muscoloso, inoltre, è una figura ricorrente.

Un misticismo religioso al rovescio

Un elemento tanto fondamentale quanto intrigante dell’opera è questo smanioso citazionismo al sacro e al mitologico. Furuya più volte interpella le divinità, spaziando dalla religione cattolico-cristiana a quella buddhista. Il tutto è immerso in una realtà mistica, che dona al fumetto un non so che di magico. La figura dell’angelo è la prima ad apparire infatti: l’enigmatica copertina mostra un essere angelico dalle ali dorati che sorregge un orsacchiotto (quello che si rivelerà essere Kuma); lo stesso discorso vale per il succitato Cupido muscoloso.

Se c’è una figura che l’artista adora disegnare è quella di Cristo. Questa è spesso oggetto di profanazione derisoria perché accostata a luoghi comuni giapponesi e realtà totalmente opposte a quelle sacre. Nonostante ciò non possa essere riconducibile alla blasfemia e all’iconoclastia, Furuya scherza con i simboli religiosi. Iconiche sono le tavole in cui Gesù viene equiparato ad un insetto, condividendo la tipica teca con ragni, scarafaggi e millepiedi. Oltraggio alla figura religiosa oppure ricordo di una (troppo osannata) venerazione infantile?

Non mancano nemmeno richiami alla religione buddhista. Ci sono tavole incantevoli dove vi è una ripetizione impressionante di Boddhisatva, ma anche espliciti richiami a Buddha stesso. Così come non mancano riferimenti alla cultura induista, proveniente esplicitamente del Śārīrakamīmāṃsāsūtra⁴ o comunque aventi a che fare con la Vedānta.

Infine, è giusto accennare il rilievo del folklore giapponese, la cui citazione più lampante è quella dedicata al Taketori Monogatari e allo Tsuki no Usagi⁵. Senza dimenticare le costanti citazioni bibliche e quelle dedicate alla Divina Commedia. Furuya raffigurerà in maniera simbolica e confusionaria il Paradiso, per esempio, riprendendo anche una famosa illustrazione di Gustave Doré (o Go Nagai?). Un mondo dai valori morali sporchi e terrorizzanti, se non assenti, ma costellato di divinità ed elementi religiosi.

Questa potentissima tavola racchiude la filosofia di Palepoli . Avvalendosi dell’illusione ottica, Furuya mostra la brutalità dell’esistenza intersecata con la speranza di una divinità, di una speranza in questo mondo. “Non c’è nessun dio?” implora, urlando, il disperato nell’ultima foto. Quello di Furuya è un mondo di impiccagioni, di roghi, di morte. Una violenza che deflagra come Hiroshima.

Sfrenato ed incontrollabile citazionismo

Questa sezione potrebbe essere semplicemente una lista chilometrica di tutte le citazioni presenti nell’opera. Perché, di fatto, il citazionismo di Furuya qui diviene estremo: sarà per reminiscenza dell’adolescenza o per un’istantanea buffa venutagli in mente sul momento. Questa tecnica non aiuta l’interpretazione, ma fornisce una chiave di lettura esilarante. Nel mare di citazioni il lettore si perde: c’è chi inizia una caccia ad esse e c’è chi si stufa di questa mania. In queste pagine si percepisce la cultura dell’autore, che prima di fare la sua opera avrà divorato libri e film.

Nelle prime tavole è come se ci fosse una brezza ringiovanente che riporta alle cantilene del passato. Ci sono i giochi dei bambini, come il Kagome Kagome, oppure la canzone My Grandfather’s Clock. Ci sono riferimenti ai manga dell’infanzia di Furuya come possono essere Doraemon, onnipresente e spesso stilizzato e storpiato all’inverosimile, oppure Himitsu no Akko-chan. In alcune tavole riprende il gioco dello shiritori, accostato, in alcune vignette, a Vincent e Jules di Pulp Fiction. Per restare in tema cinematografico è sorprendente il meticoloso rifacimento in stile puntinista di alcuni frame rivisitati di Psycho.

Esagerato e morboso sperimentalismo

Un altro punto di fondamentale importanza è quello dello sperimentalismo. Facendo l’accostamento con Sterne, si è potuta notare la natura originale delle due opere. Con il Tristram Shandy, Sterne trasforma la sua opera in un antiromanzo, arrivando a lasciare pagine completamente vuote, ad interporre pagine nere, a disegnare frecce e collegamenti così come arriva a chiedere l’aiuto del lettore stesso. In Palepoli è possibile vedere tavole molto simili, da quelle interattive a quelle che soverchiano lo schema normale. Furuya cercherà di uscire fuori dalle convenzioni in ogni pagina che disegna.

Qualche esempio. In un paio di pagine Furuya gioca con la prospettiva, i personaggi si muovono con la tavola stessa e sono consci del movimento di essa. Il Four Panel Kid gioca con lo stesso schema vignettistico, facendo dispetti ai malcapitati. Come precedentemente accennato, Furuya ruba gli stili altrui e spesso e volentieri li deride disegnandoci sopra schizzi e scarabocchi (è riuscito a rovinare la Madonna con bambino e il Cristo morto). Attraverso la sua arte sopraffina riesce addirittura ad emulare una vera e propria stele egizia, così come censura volutamente determinate pagine.

Più passano le pagina più aumenta la frequenza di tavole “in negativo“, tavole nere e più cupe. Ad un certo punto, verso la fine, Furuya inizia a colorare le pagine realizzando tavole fantastiche. L’autore arriverà a chiedere al lettore di annerire alcune sue tavole per scoprire che risultato otterrà (il Che cosa apparirà? del La Settimana Enigmistica), oppure chiederà al lettore di accarezzare un disegno di una ragazza ormai paonazza (tratteggia addirittura il contorno della mano). Un avanguardismo folle e malato che si avvale di uno sperimentalismo sempre più pregnante ed intelligente.

Che cosa apparirà? Una delle tavole più divertenti, demenziali e geniali dell’opera. Nella sua stranezza mostra il talento, la meticolosità e la follia dell’autore.

Un’esegesi?

A questo punto, è possibile trarre un significato teleologico dell’opera? Appare chiaro come Furuya abbia voluto mostrare la realtà disgustosa della società, passando all’interno della sua esistenza, e come, artisticamente, abbia concepito l’opera come un trapasso di stili e convenzioni.

In tutto questo può essere delineata una trama? Le interpretazioni offrono mille punti di riflessione per affrontare la tematica, qui sarà elencata una variante.
Siccome l’opera di Furuya si basa su un esistenzialismo allegorico, unendo i punti suddetti si potrebbe costruire una sorta di trama. Cronologicamente, infatti, il manga sembra avere un piano sequenziale e, come si percepisce nel finale, ogni elemento presentato in medias res viene a coincidere nelle tavole conclusive. A questo si deve aggiungere un profilo allegorico: la vita e i 25 anni passati di Furuya devono essere condensati in un disegno mistico. Eco che tutto è assonanza con la narrazione biblica.

Fattualmente Palepoli inizia come finisce, allo spioncino. Tuttavia, la prima parte dell’opera mostra il passato remoto dell’autore e tutto inizia con la mamma e con il papà (un velato riferimento alla Genesi?). Proprio in Father risiede la leva che rafforza questa ipotesi: il patrigno presentato nella tavola ha le fattezze di Hyoutan-tsugi, ricorrente personaggio dell’universo di Osamu Tezuka. Vediamo Takashi crescere, giocare con gli amici ed intrattene il primo contatto con il divino.
Nella seconda parte veniamo a conoscenza della ciclicità dell’opera e possiamo scorgere una citazione ad Elegia in rosso, capolavoro di Seiichi Hayashi. Kuma commette i suoi crimini ed appare per la prima volta la sequenza del garbage day. Infine, nell’ultima parte abbiamo una palese quanto sadica citazione al Garo e alla realtà lavorativa di Furuya. Il tutto si liquida in maniera repentina, con un finale che ricorda moltissimo l’Apocalisse.

Questo è soltanto uno dei milioni di livelli d’interazione che offre l’opera. Nella teoria esposta si può vedere una storia che avanza, dalle origini agli sviluppi del fumetto che coincidono anche con la maturazione artistica di Furuya. Una storia consequenziale che però si permea di un allegorismo religioso sfacciato e onnipervasivo. È compito del lettore sbizzarrirsi con le teorie.

Assidue ricorrenze in una trama inestricabile

Seppur sia un’opera composta perlopiù da racconti sconnessi tra di loro, vi sono alcune ricorrenze tra personaggi e tavole impostate nel medesimo modo. Ricorrenze non ripetitive e sempre geniali. In questa sezione verranno presentate le tavole più frequenti dell’opera, a cui seguiranno una breve analisi e approfondimento.

Takashi, un ragazzo speciale

Molto probabilmente personaggio più ricorrente, Takashi è spesso raffigurato come un ragazzino iperagitato, dannatamente bizzarro e costantemente rimproverato dalla mamma. Le storie che circolano intorno a lui sono talmente esilaranti e ai limiti della normalità che il lettore è indotto addirittura a pensare che il personaggio possa raffigurare l’autore stesso. Il che non è totalmente erroneo.

Nel corso delle giornate vedremo Takashi picchiare suo nonno, perché scambiato per un orologio, e la sua insegnante. Tramite quest’ultimo evento Furuya mostra un’autorità, quella della maestra, travalicata dal pugno di Takashi, che, una volta che la malcapitata sarà finita a terra sanguinante, riceverà gli inchini di tutta la classe. Significato altrettanto simbolico è quello che vede Takashi giungere ad una condizione quasi estatica. Alla fine dell’opera, infatti, si vede il ragazzino iniziare a levitare in cerca di una “risposta“, come in un vero percorso ascetico. Il viaggio porta il nostro ragazzino a raggiungere l’Atman, per cui il suo corpo abbraccerà la verità assoluta e spirituale dell’esistenza, il Brahman, divenendo un essere in totale equilibrio con sé stesso. Da qui al Kali Yuga, ovvero la fine del mondo induista, il passo è molto breve. Basta davvero soltanto un Taiyoken per spazzare via l’intero universo?

Ciò diventa ancora più curioso se si fa attenzione al retro della copertina. La copertina stessa sembra essere soltanto un’astrazione dalla mente di Takashi. Il mondo proiettato nella medesima, sembra essere introiettato nella mente del nostro soggetto. Sembra come se tutto sia stato creato e distrutto da Takashi.

La vita vista da uno spioncino

La narrazione inizia con un omicidio visto da uno spioncino: il lettore diventa testimone di un assassino, una morte che porterà con sé moltissime conseguenze nefaste ed inaspettate. Davanti all’abitazione, con fare minaccioso, si presenterà il boss del salaryman investito brutalmente, che, attraverso diverse trappole ed inganni, cercherà di ricavare un contatto del testimone. Nessuna risposta.
La seconda parte comincia come la prima, ma stavolta a morire, investito da un altro camioncino, è proprio il boss, ucciso insieme al suo impiegato. La storia si ripete, ed ecco che arriva il presidente della compagnia in cui operavano le vittime. Nessuna risposta.

In una linea cronologica incerta (data dalla mancanza di diversi elementi nelle differenti tavole) fanno capolino davanti casa figure sempre più strane. Un truffatore che dice di voler benedire l’edificio, ma finirà per maledirlo e per essere, poco dopo investito da un camion dell’immondizia. Yoshihiko, un salaryman che afferma di avere il sangue della fenice e caldeggia la clientela a bere il suo sangue per trenta milioni di yen. Le due ballerine Mimi e Lala, proprietarie del Dream Truck, furgone pieno di peluche carini, denunceranno colui che osserva da dietro lo spioncino per aver gettato un peluche spaventoso nel loro Truck, pena l’impiccagione (vedi Articolo 19 del Codice sui reati dello smaltimento dei rifiuti). Torna Yoshihiko, ma stavolta offre l’opportunità di avere un corpo indistruttibile, oltre a moltissime citazioni a Leiji Matsumoto. Arriverà a far visita persino una divinità

Insomma, una cittadina movimentata che si catapulta davanti all’abitazione, chi in cerca di risposte e chi in cerca di soldi. Che sia un artificio sornione utilizzato da Furuya per rappresentare l’indecenza della società giapponese?

Kuma, l’orsacchiotto assassino

Nel corso della narrazione, il lettore assiste alle efferate uccisioni di Kuma, un tenero quanto feroce orsacchiotto assassino. I detective, dopo dieci omicidi, riescono ad arrivare alla pista esatta: sbadatamente, Kuma è apparso in una foto! Nel seguente assassinio, avvenuto con brutalità inaudita, l’omicida lascia indizi ancora più palesi (da una bottiglia di miele vuota, al suo nome scritto con il sangue della vittima, alle sue piccole e tenere orme). Le opinioni degli investigatori sono da sempre divaricate: per uno è un pazzo assassino, per l’altro è troppo carino per essere un folle omicida.

Il caso si complica: nuove scomparse che non fanno che aumentare la scia di sangue che sta sommergendo la città. Kuma è di nuovo in azione, ma il suo modus operandi è stato compreso: Kuma uccide soltanto giovani vittime di notevole bellezza. Le ragazze dovrebbero davvero fare attenzione a questo pazzo furioso, ma in realtà, pur di essere riconosciute come belle, preferiscono la morte. Il caso è davvero spinoso e serve immediatamente un esperto nel settore: il tenente Colombo. Come andrà a finire questa macabra faccenda?

Infectious Germ X, la guerra delle malattie

Tocco di classe di Furuya che, in questo bravissimo racconto, mostra tutte le sue capacità narrative. In poche vignette riesce a creare una trama esageratamente intrigante e bizzarra, tutta basata su un tic nervoso. Così come adora fare, anche qui assistiamo ad un fumetto nel fumetto. Ma stavolta, avvalendosi dei pratici canoni del battle shonen e dei seinen manga thriller, Furuya crea una piccola perla, che necessiterebbe di un manga tutto suo.

Trama: Durante una tranquilla giornata scolastica, uno studente, per puro divertimento, decide di comportarsi come se avesse un tic nervoso. Con queste cose non si scherza: ed ecco che il ragazzo non può più farne a meno. Hic, hic, twitch, twitch. Il tic nervoso si espande a macchia d’olio, dagli studenti agli insegnanti: è diventato una vera e propria malattia, la malattia denominata “X”. Riuscirà il nostro protagonista a far espandere questa malattia anche all’assemblea di istituto? Nuovi obbiettivi; nuove sfide e nuovi nemici, tra Kamiya Tomojirou e Tsukiko…

Un’opera infestata dai demoni

Molto probabilmente una delle ricorrenze più esilaranti e geniali dell’opera. Tramite Il demone del rigetto Furuya mostra al lettore uno sperimentalismo metodico ed assolutamente sgangherato. In queste tavole si vede sovente Furuya realizzare la sua opera, o meglio, lo si vede chiaramente disegnare la tavola che il lettore sta leggendo. Immerso nel suo lavoro, l’autore non fa in tempo a notare che dietro di lui è apparso un fantasma, che, con malizia e stizza, non fa che rovinare le sue tavole. Le sporcherà, ci disegnerà scarabocchi, le stropiccerà, le taglierà.

Come si può intuire, tutte le azioni del fantasma saranno proiettate sulla tavola stessa, sulla tavola che il lettore sta leggendo. Il lettore potrà veder apparire la mano di Furuya sulla tavola, così come l’alone dell’ectoplasma stesso. Più ci si avvicina alla fine, più il rapporto tra l’autore e il fantasma diventa strano: quest’ultimo disegnerà numeri casuali su un paio di tavole, sfruttando l’assenza dell’autore. La pagina finale di questa ricorrenza vede un Furuya stremato dai dispetti del demone: come ultima provocazione, il fantasma dispettoso lascerà scritto su una tavola “Non hai talento, dovresti smetterla di disegnare. -Tezuka“. Il demone era davvero Osamu Tezuka? La critica di Furuya è contro tutti gli aspiranti mangaka, lui compreso? Ci potrebbero essere mille quesiti aperti sulla struttura di queste pagine. L’importante è notare come l’artista rompa la quarta parete in maniera intelligente e simpatica.

La settimana della spazzatura

Dalla seconda parte dell’opera in poi, in alcune pagine, in basso a sinistra, spunterà un individuo vestito in modo elegante che commenterà la tavola in modo acido e disinteressato. Non viene esplicitamente spiegato il mestiere di questo tizio severo, ma come figura potrebbe essere riconducibile allo stereotipo dell’editor o del caporedattore esigente, se non irritante. La parola che questa misteriosa figura pronuncia più frequentemente è “garbage“. Non importa che giorno sia, tutto quello che finisce sotto i suoi occhi è spazzatura, trash di diversi tipi ma sempre trash.

Il Lunedì, vedendo Mimi e Lala ballare (e rubare conigli e bambini?) vicino al loro Dream Truck, sarà il giorno della spazzatura carina. Il Mercoledì, all’insegna dello shoujo, sarà, quindi, il giorno della spazzatura sentimentale; il Mercoledì successivo sembra essere caratterizzato da discorsi filosofici intorno al cubismo, ma per il nostro personaggio in basso a sinistra è solo spazzatura astratta. Quest’ultimo è talmente spietato che arriverà a lamentarsi pure di una tavola completamente bianca, definendola paradigma del giorno della spazzatura invisibile.

Si percepisce dopo alcune tavole che l’intento di Furuya è quello di suscitare una reazione e un pensiero nel lettore. Un altro attacco alla società giapponese? Una società che vive fin troppo morbosamente attaccata al lavoro, avendo il paraocchi quando si parla di dibattiti artistici o cose carine? Oppure è una critica alla produzione editoriale, fin troppo severa e disinteressata alle idee degli autori?
Furuya tratteggia, in questa breve opera, momenti fatidici e bizzarri della sua esistenza. Non ci sono risposte, ma soltanto un sacco di domande ed allegorie.

Galleria di alcune delle tavole più iconiche

In Crash! and No Battery, così come in altri episodi, Furuya divide ogni quadrante della tavola in altre quattro parti, emulando un sistema di videosorveglianza. Rispetto alle altre tavole qui si nota chiaramente come l’autore abbia riprodotto fedelmente un crash di un telecamera e un suo improvviso spegnimento per mancanza di batteria. I momenti ripresi, avvenuti subito dopo una rapina sanguinosa, sono fedelmente documentati in una tavola spaventosamente realistica.
Tavola sorprendentemente allucinante. L’artista qui unisce due ricorrenze: una dea che sovente si palesa eterea davanti ai personaggi e il succitato demone. La commistione crea una pagina folgorante basata su un loop esilarante. Piccola curiosità: i due malcapitati vittima del malsano ciclo sono Furuya stesso e il suo editor Chikao Shiratori (importante personalità del Garo anni ’90).
Tavola enigmatica a causa delle scritte presenti e dello stile bizzarro. L’idea principale sembra voler essere quella di riprodurre il classico disegno reperibile vicino alle colonne della rivista. L’illustrazione, realizzata in maniera abbozzata, sembra risalente a Shinari di Hachiouji. Palepoli non smette mai di colpire con i suoi stili differenti e le sue pagine misteriose.
Questa è una tavola presente nella sezione finale di Palepoli, denominata Death Comi. Una serie di storie che ripercorrono alcuni dei manga più importanti della storia del fumetto giapponese, distorcendone totalmente la trama. In questo caso Furuya prende di mira l’opera di Yoshiharu Tsuge, una delle personalità più importanti di sempre all’interno della storia del manga: da L’uomo senza talento a Nejishiki.
Tavola che sublima l’opera. Dietro l’angelo raffigurato in copertina, stavolta gocciolante di sangue dalla coscia, si scorgono la miriade di personaggi presentati in Palepoli. Quello presente nell’opera è un popolo bizzarro e selvaggio, il popolo che si può osservare nella realtà di tutti i giorni. Palepoli è un’opera che, nella sua crudezza e spietatezza, rappresenta l’esistenza umana dell’artista, condita da surrogate metafore ed allegorie.

Note

¹ L’Ermete Trismegisto è una figura leggendaria della Grecia antica. Venerato come un santone, a questo personaggio è fatto risalire lo scritto del Corpus Hermeticum, un trattato di filosofia che si disperde nei meandri di un misticismo magico e di un embrionale pensiero neoplatonico.

² Paleopòli: geog. ant. L. Paleopolis. (Dal gr. Palaios “antico”, e polis “città”). Parte dell’antica Partenope, compresa nell’odierna città di Napoli, fondata sulle rovine o presso di quella.
Paleòpoli: geog. ant. Città dell’isola d’Andros, nella cui vicinanza eravi un tempio di Bacco, ed una fontana chiamata il Dono di Giove. Le acque di quella fonte, nel mese di gennaio, così favoleggiavasi, avevano un sapor di vino.

³ Mono-Ha, ovvero scuola delle cose, è una corrente artistica nipponica, diffusasi a cavallo degli anni ’60 e ’70, basata prevalentemente su installazioni rigorosamente a sfondo naturale e talvolta artificiale che mostrano una totale rivalutazione del concetto di arte.

Śārīrakamīmāṃsāsūtra, testo sacro della religione induista. Scritto in sanscrito, rappresenta il fondamento della dottrina Vedānta.

⁵ Il Taketori monogatari e lo Tsuki no Usagi sono due delle leggende popolari giapponesi più famose. La prima è basata sulla storia di Nayotake no Kaguya-hime, la bellissima principessa splendente, arrivata sulla Terra dalla Luna e ritornataci dopo la sua adolescenza. Lo Tsuki no Usagi è una credenza pareidolica basata sul coniglio lunare. Entrambe sono sempre molto accostate nella cultura nipponica.

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