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Midnight Diner: Tokyo Stories

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📌 INTRODUZIONE

Midnight Diner: Tokyo stories (in giapponese Shinya Shokudō 深夜食堂) è una serie tv che appare per la prima volta nel 2009 sulla televisione giapponese.

Nel 2016 Netflix ha annunciato di volerne produrre la quarta stagione e l’ha resa disponibile in molti Paesi, tra cui l’Italia. Visto lo stragrande successo ottenuto in tutto il mondo, il colosso dello streaming americano si è cimentato nella produzione di una quinta stagione.

La serie televisiva giapponese diretta da Joji Matsuoka, basata sull’omonimo manga di Yaro Abe, si concentra sulla vita di un locale notturno nel quartiere Shinjuku di Tokyo, il suo chef e le vite dei suoi clienti.


Quando le persone giungono a fine giornata e si affrettano verso casa, inizia la mia giornata. La mia tavola calda è aperta da mezzanotte alle sette di mattina. La chiamano “la tavola calda di mezzanotte”. Se ho abbastanza clienti? Più di quelli che ci si aspetterebbe.

Master

👨🏻‍🍳 L’OSTE

Quello appena citato è il saldo motto del titolare-chef dell’izakaya1, in cui viene quasi interamente ambientata la serie.

Certamente possiamo affermare che il personaggio interpretato egregiamente da Kaoru Kobayashi sia essenziale, quanto enigmatico.

Chi è? Difficile, se non impossibile stabilirlo con certezza. Durante la serie non viene palesata alcuna informazione sulla sua persona, né trasudano dalle sue parole possibili indizi.

Ha un solo tratto estremamente distintivo, che ci permette di congetturare sulla sua identità: una cicatrice che lambisce il viso per tutta la sua lunghezza, passando per l’occhio sinistro.

Forse è un ex-yakuza in cerca di redenzione oppure la ferita è frutto di un mero incidente? Nessuno lo sa. Non lo conosciamo, e mai ci sarà dato sapere qualcosa sulla sua storia, ma questo riserbo aggiunge ancora più mistero alla sua figura.

Di fatto, sia per noi che per i clienti è uno sconosciuto, che non lascia mai trapelare nulla sul suo passato, ma nonostante questo, la sua cheta presenza dà un senso di sicurezza e tranquillità, che si riverberano sullo stato d’animo dei personaggi.

Frequentemente troveranno un’epifania ai loro problemi, su sollecitazione degli sporadici ma saggi consigli del master2. 

Il titolare come abbiamo già detto è un uomo di poche parole, che però si esprime attraverso la bontà dei suoi manicaretti.

“Si dice che chi è bravo a cucinare non possa essere una persona cattiva”.

inuyasha, episodio 13 “l’enigma della luna nuova. inuyasha dai capelli neri”

Lo sguardo che connota lo chef è estremamente avvolgente, profondo e accogliente.

Allo stesso tempo tuttavia quello stesso sguardo si affila e inquisisce i clienti, incalzandoli a prendere la giusta decisione, procrastinata a causa della loro pavidità. Non c’è bisogno di parole superflue, ciascuno sa in cuor suo quale è la giusta scelta da fare, serve solo un Virgilio che li guidi e li dia coraggio, affinché non si sentano soli nelle difficoltà.

Non ci si sente giudicati, il master ormai ne ha viste e sentite troppe.

Perciò i personaggi utilizzano i momenti più bui della notte, per andare a “confessarsi” dal loro barista di fiducia, da cui mai e poi mai proverranno commenti di merito, che farebbero sentire a disagio i propri clienti.

Quello dell’izakaya è a tutti gli effetti una sorta di laico confessionale, amministrato da un empatico signore di mezza età.

Il master fuori dall’izakaya

🪢 STRUTTURA NARRATIVA

La serie è costituita da un’antologia di episodi autoconclusivi, che propongono ogni volta nuove vicende sulla base di svariati temi che ricorreranno soventemente come amicizia, amore, legami famigliari etc… 

Lo schema della trama verticale è sempre lo stesso:

  1. Introduzione di un nuovo personaggio, che ordinerà un piatto particolare, ovviamente inedito, ricollegato ad un antico ricordo;
  2. Il ricordo riesumerà in seguito emozioni dimenticate su cui riflettere, da cui originerà l’intreccio narrativo. Il motivo scatenante della vicenda infatti è sempre un malessere che trova radici profonde nell’animo del protagonista, che viene riportato alla luce;
  3. Conclusione, nella quale i nodi verrano solitamente sciolti a seguito di una rigorosa presa di posizione e coscienza rispetto alla propria situazione.

🎥 APPUNTI TECNICI

La regia è veramente semplice e ridotta all’osso. Non merita di ampia analisi, anche perché essendo un progetto low budget, il comparto tecnico è parzialmente deficitario.

Non che questo sia un problema insormontabile, abbiamo già visto come altre serie poco finanziate siano deliziose nella loro semplicità.

Esempio lampante ne è “Samurai gourmet” (sempre nipponica), che per i temi e la centralità del cibo si avvicina molto a “Midnight Diner: Tokyo Stories”.

Nonostante la sua apparente elementare semplicità, questa serie riesce comunque a catturare il lettore e lasciare qualcosa nel suo cuore. 

Un simpatico signore offre del sakè per fare conoscenza
  • Le inquadrature rispettano logicamente il contesto: sono generalmente primi, primissimi piani e mezzi busti, riprese di personaggi seduti a mangiare e a conversare al bancone. 
  • I colori sono molto sobri e poco pungenti, sbiaditi quasi. Si raffreddano quando si esce dalla Taverna, mentre si riscaldano quando si è dentro. Non si sa se è voluto l’effetto, ma sicuramente vanno a sostenere la teoria che fuori dal locale, la vita di tutti i giorni sia più tetra.
Una delle sporadiche scene in cui si mostra una location esterna alla Taverna

E se l’utilizzo di determinati colori fosse voluto?

Cioè mi spiego meglio: se il punto di vista fosse quello dei personaggi, che vedono il mondo esterno cupo e freddo e non aspettano altro di trovare conforto nella calda e accogliente Taverna?

Bene, per alcuni potrebbe essere una sovrainterpretazione, ma al sottoscritto piace pensare così.

Sarebbe una splendida ipotesi!

🎶 VIETATO SKIPPARE INTRO

Durante l’introduzione alla puntata abbiamo una ripresa dall’alto di una magnifica Tokyo notturna, che non trova mai quiete.

La città però è tanto vivace, quanto ipnotica e chi ha avuto il piacere di visitarla, lo sa bene.

Le innumerevoli sgargianti luci dei negozi e dei locali abbagliano la moltitudine di cittadini, che per motivi di lavoro o di svago pullulano per le vie della metropoli.

I cittadini di Tokyo non sembrano avere dignità nella loro singolarità di persona, ma si confondono nella grigia collettività della folla-gregge.

Auto e taxi si imbottigliano nel traffico davanti ai semafori.

Infine, incontrovertibile apice della frenesia, volto a suggellare questo insieme operoso: l’incrocio di Shibuya, il più affollato del mondo.

L’Incrocio di Shibuya

Spostandosi di pochi metri, lontano dai bagliori della città, ci intrufoliamo in uno dei mille ammalianti yokocho3, tipici di Tokyo, dove il master sta preparando tutto il necessario per aprire il suo locale.

La mezzanotte sta per scoccare e l’inizio della puntata è alle porte.

Lo yokocho in cui è situato l’izakaya

La sigla che accompagna l’introduzione alla puntata è Omoide, di Tsunekichi Suzuki.

Omoide significa ricordi.

Mai canzone potrebbe essere stata più azzeccata. La voce è così dolce e calda da commuovere al primo ascolto. Essa è una sorta di rilassante e nostalgica nenia, che ammette colui che guarda alla sfera di intimità del locale, come se fosse un habitué.

Testo e traduzione in inglese di “Omoide” di Tsunekichi Suzuki

Volete davvero ancora skippare l’intro?

🥢 IL CIBO

Il menù che il locale ha da offrire consta di solo quattro portate, ma la politica dello chef è quella di preparare qualsiasi piatto desiderino i clienti, purché disponga degli ingredienti per realizzarlo. Non è raro che aficionados portino essi stessi la materia prima, affinché il cuoco li delizi della loro vivanda preferita di cui sono tanto innamorati.

Il cibo assume un’importanza essenziale per il racconto.

Esso è un talismano mistico, la cui sola visione suscita trepidazione.

Ebbene sì, questa è l’ennesima constatazione di quanto i giapponesi tengano alla loro cultura culinaria, proprio come noi italiani.

Il pasto è un momento sacro, coadiuvato dalla convivialità di altre persone.

Di certo non vedrete mai un cliente iniziare il pasto senza pronunciare il fatidico itadakimasu4 e simulare un impercettibile inchino, volto a mostrare riconoscenza nei confronti di chi lo ha preparato. Ovviamente anche se da soli o se lo chef è girato.

Il cibo è un grande unificatore, a tavola non ci sono distinzioni. Tutti mangiano, nessuno escluso. Esso è l’unico elemento che accomuna tutti, livella le divergenze e incanala le emozioni sulle papille gustative.

La preparazione stessa delle ghiottonerie ad opera del master racchiude al suo interno una delicatezza e morbidezza inusitate, che si attagliano sulla serenità che il momento racchiude. Il rumore delle pietanze che entrano in contatto con le piastre si estrinseca in un appagante sfrigolio, che mette l’acquolina in bocca a chi lo guarda.

Non accingetevi mai alla visione se siete a dieta!

L’impegno e la dedizione che il titolare utilizza in quei movimenti meccanici e abili infondono una magnetica attrazione.

Lo chef trasmette agli stessi clienti un senso di sicurezza, i quali in lui trovano una salda ancora di salvezza per le proprie turbe.

I clienti pregustano il cibo fin dal momento in cui esso gli viene servito sulla tavola. E poi una seconda volta quando finalmente possono banchettare.

Alla fine di ogni episodio, ci saranno i personaggi principalmente coinvolti nella vicenda, che a voce, spiegheranno come si prepara praticamente il piatto mostrato all’inizio, mentre lo chef cucina come in un vero e proprio video-ricetta.

Le portate non sono estasianti, non servono complesse preparazioni (anche semplici mini würstel tagliati a forma di polpo suscitano appetito), perché il cibo rappresenta in verità un ponte comunicante con un antico ricordo. Quello che si vuole veicolare è un sapore genuino e familiare, accompagnato dalla reminiscenza di tempi passati.

🍻 E DA BERE?

L’accompagnamento di questi golosi spuntini è quasi sempre rappresentato da birra o sakè. 

L’alcol aleggia sempre come utile disinibitore, che di frequente viene utilizzato per alleggerire le farraginose conversazioni (è risaputo che solitamente i giapponesi non sono proprio estroversi…), ma che se abusato può diventare un potenziale pericolo da scongiurare.

Per questo il cuoco ha imposto la granitica regola della consumazione di massimo tre birre a testa.

👥 PERSONAGGI 

Il cast dei personaggi è davvero variegato e molto esteso.

Questo perché a parte quattro o cinque avventori abituali, ogni puntata introduce delle nuove figure mai viste e che probabilmente mai ricompariranno. Personaggi a volte estemporanei, a volte ricorrenti, un po’ come la clientela di un vero ristorante, fatta di clienti abituali e occasionali.

Nonostante questo ognuno ci lascia un messaggio o un sentito valore.

Nella Taverna trovano spazio persone, che generalmente non si mostrano alla luce del giorno. Di notte, invece, possono uscire allo scoperto, trovando ristoro in un luogo sicuro, lontano da pregiudizi e maldicenze: nullatenenti, yakuza5, scapoli, nubili, travestiti, anziani e chiunque sia generalmente tagliato fuori dalla vetrina della società capitalistica contemporanea (specialmente giapponese).

La variegata “fauna” della Taverna

Un senso di umanità sembra legare questa catena sociale, costruita tra le persone che siedono attorno al piccolo bancone.

Individui, che pochi momenti prima non sapevano l’esistenza l’uno dell’altro, si scambiano consigli e (perché no) anche pettegolezzi, come se fossero amici di vecchia data.

💭 MANGA

Come già detto, la serie trae ispirazione dall’omonimo manga di Yaro Abe, pubblicato dal 2007 e ancora in corso in Giappone. È un seinen editato su Shogakukan, che ha ottenuto la vittoria del 39° Japan Cartoonist Awards Grand Prize. 

In Italia è attualmente pubblicato da Bao, con cadenza semestrale. L’edizione Bao raccoglie due volumi originali alla volta, con primo sedicesimo a colori, pagina d’apertura in pergamena serigrafata in bianco e sovraccoperta in carta naturale, come l’edizione originale. 

I disegni sono classici del tratto del maestro, cioè stilizzati al massimo e assolutamente semplici. Lineare e genuina è la trama, lo stesso vale per le tavole.

Per motivi di lunghezze differenti, ovviamente, la stragrande maggioranza delle storie del manga sono inedite rispetto alla trasposizione cinematografica. 

Il volume è diviso in “Notti” (capitoli molto brevi), ognuna delle quali racconta una storia distinta e autoconclusiva.

Se dovessi consigliare il momento più propizio per la lettura, sarebbe sicuramente prima di andare a letto, dato il senso di pacatezza che induce a chi ne fruisce, come una goccia di Bach.

A parere del sottoscritto, si consiglia primariamente la visione della serie su Netflix e poi se si vuole approfondire a tutto tondo l’argomento, una integrazione con l’opera cartacea, perché il bianco su nero svilisce la rilevanza centrale del cibo e della sua preparazione, che vengono sicuramente più esaltati tramite mezzo video.

🧗🏻‍♀️ ESPERIENZA

La serie Netflix riproduce per gli occidentali, l’opportunità di percepire un mondo con il quale è impossibile entrare in contatto, se non si è esclusivamente giapponesi.

Le relazioni interpersonali sono un territorio oltremisura inesplorato in Giappone, si mostrano assurde ed inutilmente complicate, se filtrate dall’ottica di un estero, ma risplendono della propria affascinante bellezza, se analizzate sotto la matrice della cultura orientale.

Uno sforzo, quello di pensare diversamente dal come si è abituati, che deve essere messo in conto, per chi si vuole cimentare in questo tipo di esperienza.

Ebbene si, non è eccessivo chiamare esperienza la visione di una serie, che catapulta chi la guarda in una full immersion di venti minuti circa in un mondo tutto giapponese.

Assolutamente imprescindibile la fruizione, per chi si ritiene un amante del Sol Levante e della sua tradizione culturale.

Chi ha già visitato il regno della spiritualità, inoltre, sicuramente ritroverà molti riferimenti a quelli che sono luoghi comuni per i giapponesi, assolutamente inusuali per altri popoli.

Tre avventrici abituali vestite con i tradizionali kimono giapponesi

🎑 ATMOSFERA

I tokyoti trovano il loro cantuccio nella Taverna di mezzanotte, dove il tempo sembra fermarsi nel quadrato di una sorta di tavola calda, che trasmette il proprio tepore umano anche al di fuori dello schermo.

In quella tavola si respira un’aria diversa, estranea allo smog e all’oppressione della stancante metropoli. Una luce sempre accesa, calda e accogliente illumina il piccolissimo locale, che riunisce i clienti in un’accorata giovialità. 

L’atmosfera dell’izakaya è idilliaca.

Esso è un locus amoenus, dove le tortuosità della vita sembrano trovare sosta e lasciare spazio ad una apertura talvolta inconsapevole del proprio animo.

Non c’è giudizio nella Taverna.

In un tempo in cui ci si sente tacciati di qualsiasi passo falso, la Taverna di mezzanotte rappresenta un piccolo Eden, avulso dai nefasti paradigmi giudicanti della società contemporanea. 

“Foto ricordo”

🎐 SILENZIO

Come tutte le serie orientali, il silenzio rappresenta una prerogativa essenziale.

Lunghi momenti vengono lasciati alla contemplazione delle proprie emozioni represse durante la routine, ma che nell’izakaya tornano prepotentemente a richiedere il proprio scotto.

Il silenzio si erge a requisito qualitativo da superare, al fine di essere ammessi ad una apertura della propria emotività rispetto ad un estraneo. 

Ah! Quasi dimenticavo: la visione della serie è possibile solamente in lingua originale con sottotitoli, ma alla luce di quello che ci siamo detti non vedo come questo non possa che migliorarne la suggestiva fruizione assoluta. 

NOTE

  1. Izakaya” (居酒屋) è un termine giapponese, composto dalle parole “i” (sedersi), saka (bevanda alcolica) e ya (negozio), che indica un tipico locale giapponese in cui si servono bevande accompagnate da cibo;
  2. Master” è il termine con cui i clienti chiamano il titolare della Taverna;
  3. Yokocho” (ヨコチョ) viene letteralmente tradotto come “vicolo”, “strada secondaria”. Gli yokocho sono stretti e affollati, e si trovano sempre in prossimità di grossi snodi ferroviari, stazioni della metropolitana molto frequentate, spesso sotto i binari stessi del treno. Per approfondire in merito si consiglia l’illuminante articolo: https://magazine.esemdemi.it/yokocho-ecfc5545c16a;
  4. Itadakimasu” (いただきます) superficialmente è tradotto con “Buon appetito”. In realtà itadakimasu è un modo umile per dire “io ricevo qualcosa e ringrazio per quello che ricevo”, in questo caso il cibo, che mi appresto a mangiare o condividere con i miei commensali. Per questo motivo, in Giappone è abbastanza comune dire itadakimasu anche se si mangia da soli;
  5. “Yakuza” è il nome della più famosa organizzazione criminale giapponese a stampo mafioso.

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