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Com’è nato My Hero Academia: gli editori Hitoshi Koike e Kengo Monji si raccontano

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Con questo articolo inizierà una serie di interviste incentrate sulla realizzazione dei manga targati Weekly Shonen Jump. Alcuni dei più importanti editor dei manga più influenti degli ultimi anni risponderanno ad una serie di domande per spiegare la genesi, la pubblicazione e la serializzazione di un manga e tutto ciò che gravita dietro a questo lungo processo. La volontà è quella di tradurre le interviste che si trovano offerte gratuitamente su Manga Plus non solo per spiegare la creazione di un manga ma anche per far comprendere come lo sviluppo di un’opera implichi più volti e non soltanto quello del mangaka.

L’intervista

My Hero Academia ha rappresentato negli ultimi anni uno dei successi più grandi di casa Shueisha. Le avventure di Midoriya e dei mille altri eroi hanno saputo sorprendere tutto il mondo, ottenendo una prestigiosa serie di riconoscimenti e premi, sia in patria che fuori dal Giappone. Il manga, spesso accostato ai comics americani, è riuscito a scalare le classifiche grazie allo stile ironico e al tratto accattivante di Kohei Horikoshi. Come è nato questo questo titolo stupefacente? Ce lo spiegheranno Hitoshi Koike, il primo editor del manga, e Kengo Monji, il secondo editor dell’opera.

Chi è Hitoshi Koike? Editore presso il Dipartimento editoriale di Shonen Jump+, ha collaborato con Riichiro Inagaki e Yusuke Murata per la stesura di Eyeshield 21, con Mitsutoshi Shimabukuro per Toriko e con Kawada per la pubblicazione di Hinomaru Zumou.

Chi è Kengo Monji? Assistente presso il Dipartimento editoriale di Shonen Jump, ha collaborato con Tsugumi Ohba e Takeshi Obata per Bakuman., con Tadatoshi Fujimaki per Kuroko no Basket e con Yoshihiro Togashi per la pubblicazione di Hunter×Hunter.

La storia dietro la serializzazione di My Hero Academia

Koike: Dopo che Kohei Horikoshi concluse la sua seconda serie, il nome “Boku no Hero” − uno one-shot che rimase nel cuore di Horikoshi − venne fuori durante una discussione riguardo a che cosa scrivere come terza serie. Avendo un debole per la storia, Horikoshi provò una forte urgenza di tradurre quelle idee in una vera e propria serie, e questo fu il nostro punto d’inizio. Dopo qualche rifinitura, la storia è stata finalmente serializzata.

My Hero (僕のヒーロー), ovvero il prototipo di My Hero Academia (僕のヒーローアカデミア). La foto si può trovare nel quinto volume di Crazy Zoo, precedente opera di Kohei Horikoshi.

È stato l’amore per gli “eroi” che ha spinto Horikoshi a creare il manga?

Koike: Ho sentito che adora moltissimo Spider-Man di Sam Raimi. Nonostante ciò la sua prima seria ruotava attorno ad uno zoo [Crazy Zoo], mentre la seconda era simile ad una space opera [Barrage]. Per quanto concerne il cinema, le due serie ricordavano molto l’atmosfera di Star Wars, per questo penso che il tema degli “eroi” sia sempre stato uno dei più amati da Horikoshi. Ovviamente penso che l’influenza dei comics americani e delle opere come Ultraman e Kamen Rider abbia contribuito al suo “amore per gli eroi”.

Il concetto generale era, entro un certo limite, impostato fin dall’inizio?

Koike: Certamente, Horikoshi aveva già un concetto generale nella sua testa. È soltanto questo, come scritto e riportato in alcuni posti tipo le copertine dei volumi, ci furono moltissimi prototipi che vennero scartati… alcuni vennero cambiati durante i nostri incontri, e Horikoshi stesso, a volte, respingeva alcune sue idee. Ecco come è venuta a crearsi la storia. Come editor, in ogni caso, devo orientare i lavori direttamente sulla linea del “mainstream“. Detto ciò, ho creduto nel talento di Horikoshi, sarebbe risultato il più divertente se avesse scritto in modo più “tradizionale”! Anche se potrebbe essere soltanto la mia immaginazione, credo che Horikoshi abbia desiderato disegnare in modo “tradizionale” in cuor suo.

Alcune bozze che mostrano i prototipi di My Hero Academia. In Giappone si possono osservare rimuovendo la copertina del volume. In Italia. per mancanza di sovraccopertina, alcuni di essi si trovano all’interno del volume.

Che tipo di discorsi intrattenevi con Horikoshi durante la lavorazione del concetto generale?

Koike: A volte si trattava soltanto di conversazioni, altre invece erano chiacchierate incentrare su come disegnare alcune scene ed in altre occasioni ancora abbiamo parlato del character design. Spesso siamo andati avanti all’infinito per il concept, mente alcune volte abbiamo lavorato ad esso finendo le storyboard. Questa procedura varia a seconda del titolo e dell’autore. Con My Hero Academia, nonostante si basasse su una storia completa, l’opera è molto vicina a rappresentare qualcosa di completamente nuovo… Il primo capitolo è stato quello su cui abbiamo faticato di più e non appena siamo passati al secondo e al terzo capitolo, il tempo necessario è stato ridotto gradualmente. Ci sono voluti più di sei mesi per scrivere il primo capitolo (circa otto o nove mesi), mentre per il secondo episodio sono stati necessari due mesi, ed il terzo capitolo ci ha preso soltanto una settimana.

La serie è stata approvata alla sua prima revisione?

Koike: Sì, la serie è stata approvata alla sua prima revisione.

Monji: Le opinioni erano diverse. Sebbene tutti affermassero che l’opera era interessante, le opinioni erano divise tra coloro che pensavano che la “serie necessitasse un gruppo di correzione” e chi pensava che “la serie fosse buona così come il gruppo che se ne occupava”. Penso che nessuno abbia bocciato l’opera ma ci fu chi pensava che la serie avesse bisogno di una lavorazione ulteriore.

Koike: In definitiva, comparato con ciò che venne presentato durante la revisione, non molto è cambiato nei primi tre capitoli, poi pubblicati sul Jump. Nella storia, Deku ‑ il protagonista ‑ usa il suo quirk soltanto dal terzo episodio. Ci furono molti dubbi su questa scelta. Molti di questi ribadivano come il protagonista della serie avrebbe dovuto utilizzare i suoi poteri fin dal primo capitolo. Credo che le opinioni divergessero per il fatto che All Might non informa Deku dell’eredità del suo potere fin dal primo capitolo, perciò molti pensarono che fosse meglio rendere la prima parte più compatta e scorrevole. Di questa scelta discutemmo anche io ed Horikoshi stesso, e avremmo voluto farlo non appena fosse stato possibile. Comunque sia, a causa del numero di pagine, non abbiamo avuto altra scelta se non lasciare i capitoli come appaiono al momento. Nei nostri cuori, avremmo voluto che la serie prendesse pieno vigore soltanto dal terzo episodio in poi, e Horikoshi disse anche: “Non cambierò nulla”.

Tu puoi diventare un hero!“. Così si conclude il primo capitolo di My Hero Academia, con le parole che Deku desiderava più di qualsiasi cosa. Scelta affrettata o finale ben premeditato?

Le opinioni di Horikoshi e del signor Koike sono state rispettate?

Koike: Non è proprio così… durante la conferenza abbiamo deciso di iniziare, ad ogni costo. Dopodiché, abbiamo ricevuto le storyboard presentate e ci è stato detto di decidere da noi che cosa fare esattamente. Abbiamo di lasciare tutto così com’era. Cose del genere succedono spesso.

Quali sono state le vostre sfide e su cosa avete rivolto maggior attenzione durante il processo di creazione dell’opera?

Koike: Horikoshi ha parlato spesso di queste cose in alcune occasioni, tipo interviste, ma dopo la sua seconda serie, era depresso. Siccome la sua seconda serie non è andata in serializzazione per lungo tempo, pensava in maniera testarda che non ci sarebbe mai stata una seconda chance per lui. Tuttavia, con tutta sincerità, io volevo leggere il prossimo titolo di Horikoshi e l’ho incoraggiato, dicendogli che non era il caso di pensare quelle cose. Quelle non furono soltanto parole spensierate, siccome credevo vivamente nel fatto che avrebbe potuto creare un titolo valido se solo avesse avuto la giusta motivazione. Piuttosto che fargli disegnare un titolo importante, sapevo che sarebbe stato meglio fargli disegnare un titolo che lo avrebbe eccitato, rendendolo abbastanza confidente da arrivare a dire “Non è interessante?”. Non potevo sapere di tutto il successo che avremmo avuto, all’epoca ero concentrato sul motivarlo per far sì che continuasse.

E proprio quando la serie ha preso il decollo, l’editor è stato sostituito. Ci sono state discussioni?

Monji: Sono subentrato quando le storyboard per il primo capitolo della serie erano ancora in corso e la serie non era ancora apparsa sul magazine. Temo che, rispetto a me, Horikoshi era in una situazione ancora più problematiche. Subito dopo aver superato quel periodo psicologicamente distruttivo, non appena ha preso inizio la sua serie e quando finalmente stava pensando “Bene! Facciamolo”, si è ritrovato a lavorare con uno sconosciuto. Penso abbia avuto un periodo terribile. Conoscendo il tutto, mi sono detto “Diamo il massimo per guadagnare la fiducia di questa persona”.

E per quanto riguarda il signor Koike?

Koike: Ovviamente avrei voluto continuare la serie. Fatto sta che, a causa dei problemi di amministrazione, ho dovuto indietreggiare. Quando il responsabile è cambiato, ho guardato Monji e ho pensato: “Bene”. Nonostante tutti lo dicano, io avevo già in mente chi poteva essere il candidato per quella posizione. Pensai ad una persona relativamente giovane, con due o tre anni di esperienza. Guardando quel gruppo, sapevo che c’erano persone molto promettenti, ma ero preoccupato nel cercare qualcuno che avrebbe saputo combinarsi in maniera efficiente con la bravura di Horikoshi. Quando è stato scelto Monji, ho tirato un sospiro di sollievo. Ad essere sincero, credevo non avesse grandi possibilità nell’essere scelto, dal momento che era già un nerbo del dipartimento editoriale. L’opera ha iniziato la serializzazione a Luglio, il cambiamento è avvenuto il mese prima. Sebbene il tutto fosse avvenuto con grande anticipo, avevo comunque difficoltà nel comunicarlo con Horikoshi. Nonostante ciò non ho finito per dirglielo all’ultimo momento.

All’inizio, ti consultavi con il signor Koike?

Monji: Sì, dal momento che le storyboard dei primi tre capitoli erano già complete.

Koike: Noi tre abbiamo avuto un incontro per prendere delle decisioni sul quarto capitolo.

Monji: Quella fu l’unica volta in cui partecipammo tutti e tre insieme. Penso che le tempistiche del cambiamento abbiano creato moltissimi problemi per Horikoshi. Ma anche quello è fato, e ogni tanto non possiamo fare niente per cambiarlo.

Koike: Effettivamente ho davvero causato moltissimi contrattempi a Monji ed Horikoshi all’epoca.

Dopodiché il signor Monji ha preso il comando fino al volume 18. C’è stato qualcosa su cui hai voluto puntare l’attenzione?

Monji: Come ha detto anche Koike, anch’io ho pensato fosse meglio portare l’opera verso un assetto tradizionale, e stava intervenendo in modo persistente. A parte quello, ho fatto anche attenzione ad alcune tavole grottesche, per far sì che non divenissero troppo disturbanti per i lettori. Dopotutto, Horikoshi non solo disegna benissimo ma anche grandi capacità di design, riuscendo a far risaltare in maniera perfetta quei dettagli. Comunque sia, molti lettori potrebbero trovare la serie difficile da leggere se dovesse esagerare. Non l’ho mai obbligato a fermare ciò che stava disegnando dicendogli “Disegna questo!”, gli ho, invece, semplicemente ricordato qua e là di non abusare di questi particolari, affinché non rendesse la serie troppo macabra.

Discutete tra di voi prima di introdurre un nuovo personaggio?

Monji: Qualche volta sì. Prima di iniziare My Hero Academia, Horikoshi ha, in una certa misura, creato una lista, completando quasi tutta la classe A. Oltre a quello, abbiamo disegnato prendendo spunto dalle impostazioni precedentemente discusse. Ed ovviamente, durante i nostri incontri, c’erano spesso conversazioni del tipo “Vorrei inserire un personaggio in questo modo…” e “Allora perché non facciamo così…”. Dal momento che Horikoshi è uno straordinario character designer, non avevo voce in capitolo nella maggioranza dei casi.

Quale pensate possa essere stata l’ispirazione di Horikoshi e del suo “straordinario design“?

Koike: Credo sia la stessa cosa per tutti gli autori; è la loro vita che diviene fonte d’ispirazione per le loro tecniche di design. Credo che il tutto risieda in ciò che si vive durante l’infanzia e la gioventù, dai titoli come Doraemon e Anpanman, fino ai poster dei più svariati prodotti, passando per gli ultimi film di Hollywood.

Monji: Penso che tra tutti gli autori con cui ho collaborato fino a questo momento, Horikoshi sia quello che scarabocchi di più. Sebbene creda che ad ogni mangaka piaccia disegnare, ho avuto come l’impressione che Horikoshi stesse disegnando da tutta la vita.

Avete qualche momento memorabile vissuto insieme ad Horikoshi?

Koike: Per me, è stata memorabile la conversazione fatta subito prima dell’incontro che avrebbe deciso la serializzazione. Dopo aver completato le storyboard, ho constatato con Horikoshi, “È davvero questo l’opera che vorresti portare sul tavolo?”. Non volevo sforzarlo a scegliere un titolo con cui non si sarebbe trovato d’accordo, per questo ho casualmente chiesto se era quello che voleva davvero. Alla domanda lui rispose: “Non è ovvio?”. Seppur possa sembrare folle, rimasi deliziato dopo aver sentito quelle parole dall’autore che fino a qualche mese prima aveva totalmente perso la fiducia in sé stesso dicendo cose tipo “Non sarò mai più in grado di scrivere sul Jump“. Disse con vigore: “Non vi è motivo per cui non debba mostrare il mio lavoro. Sei serio?”. Non penso nemmeno che Horikoshi ricordi quella conversazione. Probabilmente starà pensando “Di cosa sta parlando questo qui?”, leggendo questo messaggio, ma io fui davvero molto contento quella volta.

E tu, signor Monji?

Monji: I nomi degli assistenti sono scritti nella sezione “Assistants” alla fine di ogni volume. Ero davvero emozionato quando Horikoshi mi aggiunse alla sezione. Dopotutto, come ho già detto, il tutto è partito con un “Perché improvvisamente è cambiato il mio editor?”.

Redattore responsabile, Monji. È grosso“. Queste sono le parole che appaiono alla fine del volume 5. Monji è il personaggio stilizzato in alto a sinistra.

Quale pensi sia stato il motivo del successo oltreoceano?

Monji: Penso si tratti di un buon mix di elementi che lo hanno saputo rendere interessante. È stata una buona idea scaturita dall’unione del tipico stile degli shonen giapponesi con l’idea di “eroe”, un concetto che tutti possono comprendere. Questo lo rende un prodotto facile da seguire anche se innovativo.

Koike: Non posso dire nulla se non il talento di Horikoshi. Specialmente il senso di design imbevuto nelle illustrazioni è stato affascinante. Credo che con queste fondamenta, i lettori possano essere stati attratti anche dal fascino accattivante dei personaggi. Penso che se non fosse stato per Horikoshi e se non ci fossero state le suddette basi, la serie non sarebbe mai stata in grado di creare tanto clamore.

Monji: Nonostante tutto ciò lo sappia per sentito dire, sembra che il pubblico d’oltremare ritenga le illustrazioni di Horikoshi fantastiche. Esse contengono elementi cartooneschi e, in generale, il suo stile è davvero molto bello. Mi ha lasciato stordito saperlo da un senpai che ha intrattenuto delle chiacchierate con alcune persone in Occidente. Forse tutto ciò ha aiutato la serie a brillare.

Koike: Quando mi fu mostrato il design, fu la prima e l’unica volta che, come editore, mi sentii rapito dall’opera nonostante non conoscessi ancora nulla di essa. Il design e i fogli con le bozze dei personaggi… ho subito percepito come i personaggi fossero affascinanti ancora prima di aver letto la storia. Vedendo il design di Shigaraki rimasi sconcertato: “Cos’è questo?!”. Penso che lo stesso eccitamento abbia animato anche i lettori.

Quali sono i punti focali su cui concentrarsi durante la lettura di My Hero Academia?

Monji: Non voglio che i lettori leggano l’opera in maniera troppo seriosa. Sarebbe molto meglio se la leggessero in maniera più spensierata, prendendola con leggerezza. Ma se devo necessariamente evidenziare un punto essenziale, direi di concentrarsi sul design. Bisogna pensare: “Tutto questo è stato disegnato in una settimana!” (ride). Così come per le mosse dei personaggi, realizzate così bene seppur disegnate con metodi intricati, così come per gli script: il tutto è realizzato in una settimana. Francamente penso che tutto ciò sia ridicolmente fantastico. C’è qualcosa d’incantevole nel design ed anche i minimi dettagli sono elaborati in maniera eccellente. Horikoshi continua nel suo intento pur sapendo quanto può risultare difficile realizzarlo qualche volte. Il tutto, compresso in una settimana, diviene eccezionale!

Koike: Penso ci siano più attrattive all’interno dell’opera. Se i lettori sono in grado di trovare diversi aspetti e le chiavi di lettura che ritengono migliori, dalla prospettiva di un creatore il tutto è soddisfacente. Nella mia opinione il tutto risiede nella stranezza dei personaggi. Sebbene possa dirsi lo stesso anche per il flusso di conversazioni, il design e la trama: il tutto è cristallizzazione del gusto di Horikoshi. Ci sono sapori che il lettore non può gustare in nessun altro manga. Penso che questo criterio essenziale si possa applicare non solo a My Hero Academia, ma a tutti i manga. Siccome My Hero Academia ha gusti che altre opere non possono presentare, farne esperienza significa conoscere il vero fascino dell’autore – Kohei Horikoshi.

Secondo il vostro punto di vista, che tipo di esistenza dovrebbero fare gli editori di Horikoshi? E a cosa dovrebbero aspirare?

Koike: Ad essere sincero, non saprei rispondere senza l’aiuto di Horikoshi ed, oltretutto, penso che il tutto varii a seconda del tempismo. Questo ci si aspettava da me, da Monji e da Yoritomi – il terzo editor in carica. Comunque sia, penso che noi tre potremmo condividere una cosa. Siccome Horikoshi è un autore dal talento unico, la prima cosa da fare è divenire suo fan. Ecco perché vogliamo lavorare con lui, perché lo supportiamo. “Voglio dare il massimo per questa seria”, questo è il tipo di editore che possiamo diventare, oppure, meglio, ciò che inevitabilmente siamo diventati. Penso che questo avvantaggi anche Horikoshi.

Monji: Se guardi la situazione dall’esterno, senza ombra di dubbio, la parola “talento” sembrerà travolgente. Horikoshi non ha moltissima confidenza riguardo a questo soggetto, sembra che stia pensando che sia divenuto famoso in una maniera strana. Credo sia importante parlare direttamente ad Horikoshi dicendogli in modo chiaro che “oggettivamente parlando, il lavoro è visivamente straordinario e sorprendente”. Nonostante la serie sia esplosa e con lei le vendite e sebbene l’opera continua a diventare sempre più famosa, Horikoshi continua a pensare che qualcosa non vada bene. Fatto sta che la serie è semplicemente esaltante. Non do’ il meglio di me stesso soltanto per fargli aumentare la motivazione. Come detto precedentemente da Koike, siamo diventati tutti suoi fan.

Koike: Penso che ciò sia quello che accomuna tutti i grandi autori.

Che valore ha My Hero Academia per voi?

Koike: Se devo esagerare, direi che “questa serie è un sogno divenuto realtà”. Benché non sia direttamente in carica attualmente, mi sento davvero orgoglioso come editore sapendo quanto sia divenuto popolare l’anime, oppure sapendo delle milioni di copie vendute per il primo volume. Osservando la serie, sono ancora onorato nel vedere come essa si espanderà dopo il decollo. È stato davvero un sogno. Nonostante credo sia duro sia per Horikoshi che per la persona in carica attualmente vedere la serie da dietro il sipario, io mi ritengo incredibilmente orgoglioso.

Monji: Sono stato editore di opere popolare così come di opere che una volta finite erano ancora sconosciute; ho moltissimi ricordi e sentimenti legati ad ognuna di esse. Per me, ogni collaborazione è preziosa. Comunque sia, semplicemente perché My Hero Academia è la serie a cui ho lavorato più a lungo, iniziare a star vicino alla serie da quando ha iniziato ad incassare e vederla crescere, è stata un’esperienza meravigliosa. Sono stato anche molto felice nel vedere come Horikoshi si sia rallegrato. My Hero Academia, improvvisamente, ha iniziato a fare successo e da lì in poi la serie ha iniziato a crescere esponenzialmente prima che potessi accorgermene. È la prima serie in cui tutto mi è sembrato impressionante come una stella nascente; è semplicemente stupendo.

Koike: Tolta la modestia di Horikoshi, la serie ha avuto un impatto tanto impressionante da divenire fonte d’ispirazione per i giovani artisti della nuova generazione. Come editor, quando rifletto sul futuro del magazine, penso che non ci sia nulla di più vitale che un manga divenuto fonte di ispirazione ancora in pubblicazione. Questo perché farà nascere la nuova generazione di mangaka. Sebbene lo stesso discorso valga per serie del calibro di “One Piece“, “Bleach” e “Naruto“, penso che gran parte del testimone sarà rappresentato da My Hero Academia. Horikoshi potrebbe pensare che non ci sia nulla di encomiabile, oppure che io metta fin troppa premura in queste parole, per questo non riesco a dirglielo faccia a faccia (ride).

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