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Millennium Actress: analisi

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Millennium Actress (千年女優 Sennen Joyū) è il secondo lungometraggio partorito dal genio di Satoshi Kon (今 敏 Kon Satoshi, 12 Ottobre 1963 – 24 Agosto 2010) rilasciato nell’ormai lontano 2002.

Dopo il successo di pubblico e critica di Perfect Blue, e il conseguente clamore mediatico generato da esso, Kon ha seguito il detto nostrano: “squadra che vince, non si cambia”, confermando in toto lo staff per la sua seconda opera. Troviamo infatti ancora una volta Sadayuki Murai (Boogiepop wa WarawanaiDurarara!!Natsume Yuujinchou) ad assistere il regista per la sceneggiatura, e lo studio Madhouse (TrigunBlack LagoonDeath Note, e moltissimi altri) per la realizzazione tecnica del film.

SINOSSI

Genya Tachibana, direttore di uno studio televisivo, è intenzionato a realizzare un documentario sulla ex-stella cinematografica Chiyoko Fujiwara, ormai settantenne, raggiungendola alla sua abitazione situata in un luogo isolato dal mondo. La bellissima Chiyoko ha difatti scelto di ritirarsi nell’anonimato senza un vero e proprio motivo dopo una lunga e prolifica carriera. Giunti a casa dell’anziana donna, Genya, che aveva già lavorato in passato con Chiyoko, si fa trasportare dal racconto della donna che mischia vita privata ad aneddoti relativi al proprio lavoro, fino a confondere sempre più le esperienze personali con le trame di tutti i suoi film.

-estratto da animeclick.it

COMMENTO CRITICO

Essendo la seconda opera di Satoshi Kon, risulta d’obbligo iniziare questa analisi confrontando Millennium Actress con il suo primo lavoro, Perfect Blue.

➡️ Leggi anche: Perfect Blue

La prima grande differenza è il soggetto. La sceneggiatura di Perfect Blue è fortemente ispirata al romanzo omonimo di Yoshikazu Takeuchi, tanto da portare il regista a lasciare invariato anche il titolo del film, e a creare quindi una trasposizione sicuramente fedele al testo originale, ma allo stesso tempo rendendola sua, personale. Per Millennium Acress, al contrario, Kon sceglie un soggetto originale, ispirandosi vagamente alle attrici Setsuko Hara e Hideko Takamine per la creazione della protagonista, Chiyoko.

Evidente è anche la diversità di genere tra i due lungometraggi. Perfect Blue è un thriller psicologico; al contrario Millennium Actress può essere considerato un film drammatico, sicuramente lontano dalle tinte buie del film giallo.

Kon sembra quindi distaccarsi in maniera netta dalla sua opera precedente. Ma è solo una parvenza. Il regista, oltre a mantenere il suo ineguagliabile stile, con Millennium Actress vuole continuare e ampliare concettualmente quanto esposto nel suo primo film.

Vivere per un’ossessione

Il tema centrale di Millennium Actress è indubbiamente l’ossessione e l’ostinazione della protagonista, Chiyoko. Kon torna a trattare lo stesso argomento già preso in esamina nel suo primo lungometraggio, ma questa volta lo fa da un punto di vista totalmente differente.

La protagonista di Perfect Blue, Mima, vive nel terrore di essere giudicata, come anche la sua nemesi, Rumi, che si trasforma in una psicopatica omicida in quanto prigioniera del suo passato da idol. Kon tratta nel suo primo film l’aspetto negativo dell’ossessione, uno stato mentale che porta una persona a essere incatenata nella propria mente.

In Millennium Actress le carte vengono capovolte. Chiyoko, quando è ancora un’adolescente, in piena seconda guerra sino-giapponese, incontra la persona che le segnerà per sempre la sua vita. La protagonista si innamora perdutamente di quel pittore dall’animo così nobile, intento a combattere l’orrore della guerra.

Questo amore governerà l’intera vita di Chiyoko. Un sentimento tanto puro quanto intenso, fondamento della sua lunghissima carriera. Chiyoko infatti sceglie di diventare un’attrice con l’unico scopo di diventare famosa, in modo che i suoi film potessero raggiungere il suo amato, ovunque egli si trovasse. L’ardore di questo amore rendeva la protagonista raggiante in ogni sua interpretazione, come se brillasse di luce propria e, come viene più volte ripetuto nel film, grazie a questa diventò la più grande diva che il Giappone abbia mai avuto.

Tuttavia anche il comportamento di Chiyoko può essere considerato come un’ossessione. Bramare un amore, praticamente impossibile, per tutta la sua esistenza, rende Chiyoko non molto lontana da Mima o Rumi in Perfect Blue. La differenza sta nella positività del sentimento della protagonista di Millennium Actress. Chiyoko è sì ostinata, ha sicuramente sacrificato la sua vita per questa sua ossessione, ma grazie ad essa è riuscita a superare innumerevoli ostacoli, ad eccellere nella sua professione, e a renderla “millenaria”.

Sul letto di morte, le ultime parole di Chiyoko sigillano quanto appena sostenuto. La protagonista prima di esalare il suo ultimo respiro recita :

Mi chiedo solo se lui [il pittore]… o forse non ha più nessuna importanza, perché dopo tutto… Perché dopo tutto, è il fatto di inseguirlo ciò che amo davvero.

Chiyoko si è resa conto che la sua ragione di vita non risiedeva nel pittore, ma nel viaggio infinito al suo inseguimento. Chiyoko ha vissuto per un’ossessione.

Kon vuole quindi dimostrare in Millennium Actress come la mania, l’ossessività non debba essere considerata unicamente una caratteristica negativa. Dopo il feroce attacco sferrato in Perfect Blue contro questa tipologia di comportamento, il regista vuole ampliare il suo pensiero, e con esso anche quello dei suoi spettatori.

Un tenero ammiratore

Altro ribaltamento di fronte. Kon dopo aver “massacrato” in Perfect Blue la figura del fan, dell’ammiratore per dirla in termini nostrani, decide di mostrarla in Millennium Actress sotto una luce diversa, attraverso il personaggio di Genya.

Nel suo primo lungometraggio il regista mostra come, in casi estremi (oramai neppure così tanto), il fanatismo verso un film, un’attrice, una idol, una ragazza, possa sfociare nella depravazione e nella violenza. Ovviamente mi sto riferendo al personaggio di Mimaniac, che basta solamente il nome per capire la sua viltà.

Anche in Millennium Actress troviamo un ammiratore, Genya, che stravede per la protagonista, ma è di un’altra specie, completamente agli antipodi rispetto a Mimaniac. Tralasciando i vari problemi psichici di quest’ultimo, le differenze si trovano tutte nel modo di rapportarsi verso il soggetto per il quale si prova ammirazione.

Genya è, innanzitutto, una persona rispettosa. Nonostante abbia lavorato per anni al fianco della protagonista, non ha mai fatto un gesto o detto una parola fuori posto. A differenza di Mimaniac, il pensiero malsano che la persona desiderata appartenga a lui non sfiora mai la mente di Genya, nemmeno lontanamente. Al contrario, vede Chiyoko come se fosse una divinità, un’entità superiore e inarrivabile, è proprio questo il motivo che porta Genya ad ammirarla soltanto a debita distanza. Nonostante il ritiro della diva dai set cinematografici, i film girati da lei restano indelebili nella mente di Genya, tanto da portarlo a realizzare un documentario per celebrare la carriera di Chiyoko, nonostante si trovino oramai in un’epoca nella quale quasi tutti l’hanno dimenticata.

Infine, è oltremodo toccante vedere l’affetto e la delicatezza che Genya riserva per l’attrice che gli ha regalato così tante emozioni. Nonostante Chiyoko non sia più giovane e affascinante come un tempo, il rispetto del suo ammiratore non è cambiato di una virgola. Le dice di non aver problemi a fermare la registrazione se si dovesse sentire stanca, la tiene dolcemente quando sviene esausta e la protegge dalle travi del soffitto cadute a causa del terremoto, esattamente come fece diversi anni prima sul set del suo ultimo film.

Timore divino

Kon introduce una nuova tematica in Millennium Actress : il destino. Il regista va a ricoprire il lato religioso, trascendente, del tutto assente nel suo primo lungometraggio.

L’amore che Chiyoko prova per il poeta è un qualcosa di etereo, intangibile, che si erige su un flebile ricordo. Per questo motivo la protagonista ha bisogno di materializzare i suoi sentimenti, la sua speranza e il proprio destino in un oggetto : la chiave lasciatale in dono. Ricolma di significato, questa piccola chiave diventa per Chiyoko un portafortuna che tiene sempre con sé, o meglio, un vero e proprio talismano che la protegge da tutto e tutti, che allontana tutte quelle persone o tutti quei pensieri che le dicono di abbandonare quella crociata già persa in partenza.

L’esempio più fulgido è l’anziana tessitrice che appare a Chiyoko sul set di uno dei suoi tanti film. Ovviamente lo stile registico di Kon, dove il confine tra realtà e finzione è impercettibile, spinge lo spettatore ad interpretare questa particolare scena. Partendo infatti dall’aspetto dell’anziana tessitrice, è facile intuire come questa sia la raffigurazione della Kurozuka, anche conosciuta come Onibaba, uno yokai (spirito, spettro) della tradizione nipponica. Descritta come una anziana e raggrinzita signora dai lunghi capelli bianchi, viene solitamente raffigurata mentre fila seduta. Nonostante ciò le similitudini finiscono qui. La Kurozuka, infatti, uccide chiunque essa avvicini, mentre lo spirito che appare nel film offre a Chiyoko il tè della longevità, in modo da allungare la sua pena d’amore. Il senso di tutto ciò viene spiegato dallo stesso spettro quando afferma :

Ti odio più di quanto io possa sopportare, e ti amo più di quanto io possa sopportare.

Una frase che illustra come l’anziana signora sia soltanto la personificazione della coscienza di Chiyoko. La protagonista infatti odia sé stessa per tutto il dolore che si sta infliggendo nel perseguire un amore impossibile, tanto che inizialmente accetta la bevanda offertale dallo yokai pensando di bere un letale veleno, metafora della sua volontà di uccidersi in modo da liberarsi da tutto quel dolore. Allo stesso tempo però, Chiyoko è fermata dal compiere l’estremo gesto dal suo amor proprio, quest’ultimo alimentato da quel sentimento così puro che la protagonista prova per il pittore. Quel sentimento conflittuale d’amore-odio presente in ognuno di noi, e nel caso di Chiyoko personificato in una Kurozuka.

Kon in Millennium Actress vuole rappresentare quello stato mentale in cui si ha la sensazione che tutto sembri andare storto, come se fossero presenti delle forze, delle entità trascendenti che vogliono trascinarti nell’oblio. Un’illusione originata dalla mente di Chiyoko, esattamente come le allucinazioni di Mima in Perfect Blue.

IN CONCLUSIONE

L’idea alla base di Millennium Actress proviene dalla volontà di Satoshi Kon nell’ampliare concettualmente il suo primo lungometraggio. Ciò che colpisce maggiormente è il modo con il quale il regista lo ha realizzato, innovando il suo stile, ma allo stesso tempo restando fedele a sé stesso.

In Millennium Actress la realtà si mescola con la memoria del passato e con le storie dei film girati dalla protagonista. Lo spettatore, guardando il film, non può che avere difficoltà nel separare eventi reali, ricordi e scene cinematografiche. Questa confusione però è esattamente ciò che fa provare empatia per Genya, e di conseguenza a trasformare lo spettatore in un ammiratore di Chiyoko, esattamente come l’intervistatore.

Lo stile registico che Kon aveva utilizzato in Perfect Blue per creare un senso di disagio nello spettatore, viene sfruttato in Millennium Actress per farlo commuovere. Cosa aggiungere … Satoshi Kon è stato, e sarà per sempre, un pilastro dell’arte registica nipponica, e non solo.

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