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Devilman Crybaby: analisi

Devilman Crybaby

Indice contenuti

Devilman Crybaby è una serie animata creata appositamente per celebrare i cinquanta anni di carriera di una delle personalità che ha maggiormente contribuito allo sviluppo della cultura anime e manga, sia nei confini nazionali che nella sua esportazione in tutto il mondo: Gō Nagai.

Prodotta dalla collaborazione tra Aniplex Inc., Dynamic Planning Inc. (società di proprietà dello stesso Nagai) e Netflix, quest’ultima ne possiede anche licenza per la distribuzione.

Lo staff selezionato è di prim’ordine. La regia è stata affidata a Masaaki Yuasa (The Tatami Galaxy, Ping Pong the Animation), affiancato come a suo solito da Choi Eunyoung nel ruolo di produttore esecutivo, mentre la scrittura della sceneggiatura è stata realizzata da Ichiro Okouchi (Code Geass: Hangyaku no Lelouch), e le musiche da Kensuke Ushio (Koe no Katachi, Ping Pong the animation).

Sinossi

Devilman Crybaby Netflix

Da tempo i demoni che vivevano sulla Terra, terrorizzando gli esseri umani con la loro feroce sete di sangue, sono scomparsi. Imprigionati in coltri di ghiaccio insieme al loro terribile condottiero, il possente Zenon. Un giorno però qualcosa inizia a risvegliarli.

Akira Fudo viene informato dal suo migliore amico Ryo Asuka che i demoni rinasceranno e tenteranno di impadronirsi di nuovo del mondo degli umani. Poiché gli umani non hanno alcuna possibilità contro il potere soprannaturale dei demoni, Ryo suggerisce ad Akira di fondersi con uno di questi, diventando Devilman.

Con il potere di un demone e il cuore di un umano il nostro eroe riuscirà a resistere al controllo di Zenon e lottare contro i demoni. Basato sul celebre manga di Gō Nagai.

-estratto da animeclick.it

Commento critico

Devilman Crybaby è fortemente ispirato al manga originale di Nagai scritto nel lontano 1972. Anzi, è talmente vicino ad esso che si può tranquillamente considerare una sua rivisitazione in chiave moderna.

Difatti l’intento della coppia Yuasa/Okōchi è quello di “svecchiare” un’opera che porta quasi cinquanta anni sulle sue spalle, cercando di rispettare la versione originale senza però sopire la loro vena creativa. Il risultato è eccellente, probabilmente dovuto anche alla supervisione durante tutto il processo di realizzazione dell’autore originale, Gō Nagai.

Una fedele trasposizione

È rinomato come la serie animata originale di Devilman, trasmessa in contemporanea con la pubblicazione del manga, non fu propriamente fedele all’opera di Nagai.

Il mondo dell’animazione era ancora giovane, e soprattutto era indirizzato esclusivamente ad un pubblico molto giovane. Per questo la scrittura dell’anime fu affidata a Masaki Tsuji (Astro Boy, Tiger Man, Doraemon), che tenendo a mente il suddetto target di riferimento, decise di stravolgere completamente l’opera di Nagai, tanto da essere considerata un’opera a se stante.

In essa non solo vennero escluse le molte scene del manga originale, come ad esempio quelle di nudo, quelle spinte sessualmente o quelle cruente, ma venne addirittura modificato l’aspetto dello stesso protagonista Devilman con dei tratti più umani e meno demoniaci.

Un vero peccato tenendo conto come Nagai per la sua realizzazione si ispirò alle illustrazioni dell’Inferno Dantesco disegnate da Gustave Doré. Tuttavia, essendo negli anni ’70, la scelta del maestro Tsuji risulta essere più che comprensibile.

Per la direzione artistica di Devilman Crybaby, Yuasa decide di alterare il character design degli umani, troppo legato agli anni ’70, sostituendolo invece con uno molto simile a quello usato poco tempo prima per il suo film Yoake tsugeru Lu no uta. Decide inoltre di fondere il suo caratteristico stile surreale al tratto originale di Nagai per la realizzazione dei demoni e dello stesso Devilman.

L’effetto è notevole, soprattutto nella resa della “cerimonia” del sabbath. Inoltre Yuasa lascia intatto l’aspetto cruento dell’opera originale, tanto che l’anime è pieno di scene violente e sanguinolente. Da notare anche come il regista abbia mantenuto il numero di scene di nudo all’interno del suo anime. Tuttavia l’utilizzo che Yuasa ne fa diverge concettualmente dal manga di Nagai.

In quest’ultimo le scene spinte venivano utilizzate principalmente per dare forma alla natura depravata e immorale dei demoni; mentre in Devilman Crybaby vengono usate da Yuasa per marcare in modo netto la lussuria ed il desiderio sessuale che porta l’essere umano a diventare immorale, come i suddetti demoni. Questa scelta di Yuasa non è puramente artistica, ma si tratta di un omaggio all’artista Nagai; ma questo lo tratterò più avanti.

La sceneggiatura scritta da Okouchi si discosta in molti punti dalla trama originale di Nagai. Innanzitutto il setting. Devilman Crybaby è ambientato ai giorni nostri e non negli anni ’70, quindi tutta la tecnologia, come ad esempio gli smartphone, sono ben visibili ed integrati nella trama.

Oltre a questo Okōchi stravolge lo svolgimento-la cronologia degli eventi, mantenendo però intatti i momenti clou della trama originale, come ad esempio il Sabbath, il combattimento con Siren, la caccia alla strega Miki, ed ovviamente anche il finale.

Tuttavia Okōchi non si limita a questo, introduce infatti elementi totalmente nuovi, come il team di atletica ed i personaggi legati ad esso (Miko e Koda), oppure la parte con i genitori di Akira Fudō. Da non dimenticare inoltre la totale rivisitazione di Asuka Ryo, un personaggio un po’ troppo legato agli anni ’70, con la sua dimora spettrale in cima ad un dirupo ed uno scienziato pazzo come padre.

Tuttavia, ciò che la coppia Yuasa/Okōchi ha voluto mantenere praticamente immutato, è il messaggio e lo spirito dell’opera originale.

Una maschera occidentale

Come ho già accennato nel finale del precedente paragrafo, Devilman Crybaby segue concettualmente l’opera da cui è tratto. Per comprendere l’anime diretto da Yuasa bisogna quindi comprendere le motivazioni che spinsero Gō Nagai a realizzare una delle opere più emblematiche di un’intera generazione.

Tutto ebbe origine con il manga Harenchi Gakuen (in Italia: La scuola senza pudore). Una delle prime opere scritte da Nagai, considerato il primo manga di genere ecchi mai scritto. Questo manga alzò un polverone di polemiche talmente grande, nei suoi quattro anni di serializzazione (dal ’68 al ’72), da obbligare la Shueisha ad interromperne la pubblicazione.

L’Associazione Genitori e Insegnanti giapponese (PTA) condannò Harenchi Gakuen come manga immorale, in quanto le numerose scene violente e di nudo, unite ad una forte satira sociale, rappresentava un pericolo per le menti dei giovani giapponesi.

Nagai non digerì di buon grado l’interruzione della sua opera, difatti incanalò tutto il suo disprezzo verso i suoi detrattori in un unico sentimento di rivalsa, che prese forma nella creazione di Devilman.

Per non essere nuovamente censurato, Nagai usò un espediente molto semplice, camuffare tutto dietro un velo di occidentalità, in modo volutamente grossolano tra l’altro. Difatti, fa sorridere pensare a come sia palese la provocazione dell’autore, ambientare l’intera storia in Giappone ponendo come protagonista una famiglia cristiana (minoranza religiosa), piena di cliché come la casa dall’architettura occidentale o il quadro dell’ Ultima Cena in sala da pranzo.

Grazie all’uso della cultura del Vecchio Continente, Nagai è riuscito nel suo intento di fare satira sulla società giapponese, e, allo stesso tempo, riempire il suo manga di scene spinte e di nudo, velate dietro la scusa dei demoni ispirati all’Inferno dantesco.

Ovviamente Yuasa non ha fatto altro che enfatizzare tutto ciò in Devilman Crybaby, riportando le scene spinte e di nudo quasi esclusivamente sugli esseri umani, omaggiando così Nagai.

Il terrore dell’ignoto

In Devilman viene riproposto il solito cliché dell’eterna lotta tra le forze del bene e quelle del male, in questo caso tra esseri umani e demoni. Tuttavia ad inficiare questo stereotipo è l’inserimento di una terza fazione: i devilmen. Cosa rappresentano però queste fazioni? Che senso ha la loro lotta all’interno di questa opera?

Come ho già accennato nei paragrafi precedenti, Yuasa ed Okōchi hanno cercato di mantenere invariato il messaggio che Nagai ha voluto trasmettere ai suoi lettori.

Difatti, tutte le modifiche che sono state apportate, e anche tutti gli elementi originali introdotti appositamente nell’anime, sono stati concepiti con l’unico scopo di esaltare e, allo stesso tempo, rendere più chiaro il messaggio originario di Nagai.

Ma andiamo con ordine. Illustriamo prima i concetti fondamentali di Devilman:

  • Umanità – Fazione che rappresenta tutto ciò che ha portato gli esseri umani a differenziarsi dalle altre specie animali. Parliamo quindi prevalentemente di razionalità e di come questa abbia portato la nostra specie a raggrupparsi in innumerevoli società e civiltà differenti nel corso del tempo, nelle quali venivano stabilite etiche e morali più o meno differenti tra loro per la sopravvivenza della specie.
  • Demoni – Vengono descritti perfettamente da Nagai con una sola frase: “… Debolezza significa morte. Solo il più forte sopravvive”. Questo può essere tradotto con una parola sola: istinto. Cosa sono quindi i demoni? Sono degli esseri che agiscono per istinto, senza freni inibitori posti dalla moralità o dall’etica, guidati esclusivamente dalle loro sensazioni e da i loro sentimenti.
  • Devilmen – Sono coloro che derivano dalla fusione tra elementi delle due precedenti fazioni. In essi, razionalità e istinto sono perfettamente bilanciati, portandoli quindi ad avere e ad agire seguendo una propria morale, non quella della società.
  • Fusione – I demoni hanno la capacità di fondersi con altri essere viventi, con l’unico scopo di diventare più forti. Le fusioni con le altre specie animali avvengono senza problemi, dato che gli animali non posseggono razionalità. La fusione con gli umani avviene in modo differente. I demoni hanno bisogno che gli esseri umani perdano completamente la loro razionalità prima di potersi fondere con loro. Inoltre, in base alla forza d’animo dell’essere umano scelto, la fusione può avere due esiti differenti. Se l’essere umano scelto ha un’anima debole, la fusione porta ad un risultato identico a quello che avviene con le altre specie animali; se invece l’essere umano ha una forza d’animo più forte di quella del demone, il risultato sarà un devilman.
  • Sabbath – Cerimonia, messa, rito, festa organizzata dagli umani, nella quale si cerca tramite l’uso di alcol, droghe, luci e musica di perdere la razionalità in modo da poter avvicinarsi al mondo demoniaco e quindi poter facilitare la fusione con i demoni.

Il messaggio che Nagai vuole trasmettere con la sua opera è molto chiaro. L’umanità ha mostrato più di una volta il suo lato debole a causa di società che basavano la loro etica su valori sbagliati e che questo spesso e volentieri portava intere comunità a comportarsi in maniera a dir poco inumana.

L’evento storico scelto da Nagai, che poi è andato a rivisitare nella sua opera, è quello della caccia alle streghe, che ironicamente cominciò a svilupparsi durante l’Umanesimo, fino ad arrivare a metà del XVIII secolo.

In questo lungo periodo, vennero uccise innumerevoli donne senza alcun motivo razionale. Bastava avessero i capelli rossi o che facessero le prostitute, oppure possedessero un gatto nero per essere condannate al rogo; questo è quanto la società occidentale dell’epoca riteneva giusto per salvaguardare la propria sopravvivenza.

Ma come si può descrivere tutto questo con una sola frase? Semplice, paura del diverso. La società imposta i valori, i modelli comportamentali, come vestirsi, etc. Pensare o agire in modo differente da ciò porta inevitabilmente le persone ad entrare nel panico e nel terrore. Questo perché non ragionano più con la propria testa, ma pensano e fanno tutto ciò che è socialmente giusto ed accettato.

In Devilman, è proprio su questo che si basa il piano di Satana, ovvero sfruttare la debolezza della società umana per portarla all’autodistruzione. Se l’umanità durante la caccia alle streghe è riuscita ad eliminare migliaia di persone spinta dalla sola superstizione/religione, immaginate di cosa sarebbe capace se qualsiasi persona, in qualsiasi momento e senza una causa precisa, si potesse trasformare in un mostro. Il caos più totale. L’estinzione.

Il piano di Satana sarebbe stato perfetto se non avesse commesso un errore così “umano”. Mi sto riferendo ai sentimenti che egli prova verso il suo unico amico, Akira Fudō. Il Principe delle Tenebre che cade a causa di un essere umano. Lui, un tempo cherubino, che si ribellò a Dio e fu espulso dai Cieli proprio a causa della sua invidia verso l’umanità.

Nel finale dell’opera, Satana comprende il paradosso della sua esistenza e quanto insulsa sia stata la sua battaglia finora. Per questo non prova nemmeno a fuggire su un altro pianeta come fece in passato, ma inerte, si lascia annientare dall’ira di Dio.

Il messaggio di Nagai è a questo punto ovvio. Valori come libertà, amore, amicizia, etc. sono insiti nell’animo umano e vengono personificati nella sua opera da personaggi come Miki e la sua famiglia. Nonostante ciò, spesso e volentieri l’umanità si aggroviglia da sola ponendosi dei paletti morali che non hanno alcun senso razionale.

Questo è un paradosso perché, come ho scritto in precedenza, l’essere umano si differenzia dalle altre specie animali proprio per la razionalità, ma spesso si riduce a fare cose completamente irrazionali. L’uomo che torna allo stadio animale-primordiale. Inoltre questo dimostra la facilità con la quale i demoni riescono a fondersi con gli esseri umani nella seconda parte dell’opera.

Il senso di Devilman è quindi quello di non sopprimere il nostro istinto, di non imprigionare la voce del nostro cuore tra le sbarre dell’etica sociale, ma di ragionare quindi con la nostra testa e di non seguire ciecamente tutto ciò che ci viene imposto dalla società.

Ovviamente, l’intento originale di Nagai era quello di criticare la bigotteria della società giapponese, la quale interruppe la serializzazione del suo succitato manga Harenchi Gakuen. In sostanza, l’autore voleva esortare il suo popolo ad aprire la mente, a ragionare fuori dagli schemi e infine a considerare manga ed anime come opere d’arte a tutti gli effetti, quindi lasciare agli autori libertà d’espressione (ricordiamo sempre che erano gli anni ’70).

Tuttavia, il finale dell’opera di Nagai è a dir poco negativo. Il manga termina con l’Apocalisse. Sia Devilman che Satana sono destinati alla morte. Questo finale può essere facilmente interpretato come la rassegnazione di Nagai al suo grido rivoluzionario.

O meglio, sicuramente nel mondo ci saranno sempre più menti aperte (devilmen), ma non saranno mai abbastanza per sconfiggere tutta la bigotteria (umana) e gli istinti irrazionali (demoniaci) che affliggono la nostra società.

You’re a Crybaby!

Sino a questo paragrafo ho esaminato quasi esclusivamente il manga di Nagai, tuttavia l’analisi che sto scrivendo è per la serie animata diretta da Yuasa e scritta da Okōchi. Ho seguito questo iter perché, secondo il mio parere, essendo l’anime una rivisitazione in chiave moderna dell’originale, ho ritenuto opportuno descrivere per prima cosa le sue origini e poi andare a risaltare l’operato degli autori dell’anime.

Yuasa non è nuovo alle tematiche anticonformiste trattate in Devilman, basti pensare al suo capolavoro Kaiba. Difatti, lo scopo principale della sua reinterpretazione dell’opera di Nagai, è semplicemente quello di esaltare i suoi concetti.

Emblema di ciò è la scelta del titolo. Affiancare il termine crybaby (piagnucolone) al titolo originale del manga, è quantomeno geniale. Il piagnucolone è ovviamente Akira. La sua forte sensibilità verso il prossimo, resta inalterata anche dopo essere diventato un devilman.

In principio, Akira ama incondizionatamente l’umanità tutta, questo perché la sua visione è filtrata durante la sua infanzia dalla purezza dei valori dei suoi genitori e, durante la sua adolescenza, da quelli di Miki e della sua famiglia.

Difatti, il suo amore verso gli esseri umani termina dopo che questi uccidono Miki, l’ultimo baluardo di quei valori. Con lei, muore anche l’Akira piagnucolone, e nasce l’Akira assetato di vendetta, il cui unico destino è la morte. La vendetta, la rabbia portano solamente al proprio annichilimento. Metafora questa della rassegnazione di Nagai, poc’anzi descritta.

Ovviamente Yuasa non si è fermato al solo titolo.

Per amplificare il forte rapporto di amicizia tra Ryo Asuka (Satana) ed il protagonista Akira Fudō, Yuasa riscrive completamente l’origine del loro primo incontro. Nel manga non viene mai narrato il loro incontro in Islanda (non è mai specificato, ma dato che vengono inquadrate delle pulcinelle di mare, presumo che sia corretto affermarlo), di conseguenza nemmeno la parte nella quale discutono se uccidere o meno il gattino malato destinato a morire di stenti, altra scena volta a rafforzare il significato del termine crybaby nel titolo dell’anime.

Altro elemento introdotto da Yuasa è quello della squadra di atletica. Il motivo per il quale è stato inserito questo elemento è quello di permettere all’autore di aggiungere due personaggi importanti per i temi ai quali essi sono legati. Non solo con lo scopo di rafforzare il messaggio originale di Nagai, ma soprattutto per portare in primo piano tematiche proprie della nostra contemporaneità.

Il primo è Miki Kuroda, anzi, Miko. Questo personaggio rappresenta molto semplicemente la pressione che la società moderna pone su ognuno di noi. Essa ci spinge all’infinita ricerca del successo e dell’approvazione degli altri, ci pone continuamente in competizione con i nostri compagni di scuola, colleghi di lavoro, etc.

Nel caso di Kuroda, la situazione è talmente soffocante (l’essere chiamata Miko e non Miki, solamente per rammentarle quotidianamente che c’è un’omonima più brava di lei nella squadra di atletica), da portarla ad andare ad un sabbath e legarsi ad un demone (una metafora del suicidio).

Tuttavia, Kuroda è una ragazza dall’animo forte e gentile, diventa quindi una devilwoman. Con il corpo del demone riacquista autostima, e grazie a questa comincia ad “aggredire” l’insensatezza della società. Però. l’incontro con Akira e Koda, suoi simili, placa il suo animo.

Riesce quindi ad affrontare quella che secondo lei era la fonte del suo malessere, Miki. Parlando con quest’ultima, realizza come fosse lei stessa a generarlo, fuorviata dalle aspettative degli altri che la costringevano ad una competizione insensata con Miki. Compreso questo, Kuroda torna ad essere se stessa, una persona che crede nell’amicizia tanto da sacrificare la propria vita.

Il personaggio di Koda Moyuru pone allo spettatore la tematica della discriminazione sessuale. Omosessualità (come nel caso di Koda) e le questioni di genere [editato 2022], non sono ancora socialmente accettati.

Nonostante siamo oramai nel 2020, ci sono ancora gruppi d’odio come la Chiesa battista di Westboro, per citare un caso estremo. Koda si sente sempre più emarginato dalla società, proprio perché costretto a dover nascondere la sua identità sessuale, per timore di essere deriso se non peggio.

Il fatto di esser poi diventato un personaggio pubblico non fa che amplificare il suo malessere. Tutto ciò lo porta solamente a covare un odio profondo verso la società. Tant’è che, quando Ryo lo costringe a mostrare la sua vera forma di demone (metafora eccezionale), Koda scarica tutto il suo odio sulle persone presenti allo stadio, per poi, a mente fredda, pentirsene immediatamente. È grazie ad Akira che trova una comunità di persone aperte mentalmente, i devilman, dove può finalmente essere se stesso, ovvero una persona dall’animo generoso.

Un altro evento aggiunto da Yuasa è quello nel quale Miki si reca a casa dell’agente di moda per un set fotografico. Ovvio riferimento alla nostra società fondata sulle apparenze, la glorificazione della bellezza esteriore e ovviamente la ricerca del successo e della bella vita attraverso essa.

Altrettanto ovvio è come Yuasa sembri strizzare l’occhio al movimento Me Too, le varie scene parlano da sé. Da sottolineare infine come la purezza di Miki la porta a rifiutare sempre le avances del malintenzionato, si reca lì solamente quando è sotto il controllo di un demone.

Curiosità:

La scena finale, quella nella quale Devilman e Satana sono distesi su un lembo di terra, circondati da un mare tinto di rosso e avvolti da un cielo stellato di un blu elettrico (immagine qui sotto), sembra essere un chiaro omaggio ad un altra serie animata che ha fatto la storia dell’animazione giapponese recente.

Mi sto riferendo a Neon Genesis Evangelion, più precisamente al finale del lungometraggio The End of Evangelion. Probabilmente, le similitudini concettuali tra le due scene, come ad esempio il fatto che in entrambe i protagonisti sono gli ultimi superstiti al mondo, oppure come il finale di entrambe le opere sia l’apocalisse, quindi un finale non propriamente positivo, hanno portato Yuasa a rappresentare artisticamente la vicinanza concettuale tra questi due pilastri della cultura giapponese.

In conclusione

Dopo eccellenti trasposizioni animate come The Tatami Galaxy e Ping Pong the Animation, Yuasa ne va ad aggiungere un’altra alla sua filmografia.

Devilman Crybaby è una rivisitazione in chiave moderna del manga originale di Nagai, dove il regista oltre a preoccuparsi di mantenere intatto lo spirito dell’opera originale, cerca di dare il suo tocco personale aggiungendo elementi che si fondono alla perfezione con essa.

Una critica che si può muovere all’operato di Yuasa, in realtà è più una una considerazione, è quella sulla sua scelta di restare fin troppo fedele all’opera originale. Essendo una rivisitazione, il regista avrebbe potuto osare qualcosa in più, avrebbe potuto trattare in modo più approfondito alcuni personaggi, in particolar modo quelli inediti, creati appositamente per portare tematiche contemporanee all’interno dell’anime, incentrando quindi su di loro qualche episodio in più.

Devilman Crybaby è un anime che vuole smuovere la coscienza di chi lo guarda. Yuasa cerca in tutti i modi di stimolare lo spettatore: attraverso un comparto visivo accattivante, con le molte scene di nudo, o con scene di pura violenza.

Tutto con l’unico scopo di “destarlo”, e di conseguenza costringerlo a porsi quesiti su cosa sia effettivamente immorale per lui, e cosa invece lo è solamente per la bigotteria della società.

Comments

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  1. Un’analisi meravigliosa che aiuta a cogliere molte direzioni dell’opera. Grazie, ci fossero molti più articoli del genere e meno recensioni vuote! Sono commosso!

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